sabato 31 marzo 2012

Crisi e società capitalistica secondo Reinhart Koselleck

Reinhart Koselleck: Crisi. Per un lessico della modernità

La "crisi" è il nostro presente, segnato da una pesante recessione economica. L'"epoca di crisi" non è però definita unicamente dall'andamento dei mercati azionari. Vi è anche, e soprattutto, un radicato senso di incertezza rispetto al futuro, che impone decisioni urgenti.

Questo breve testo costituisce uno strumento per comprendere i significati e gli usi del concetto di "crisi". Nell'analisi di Koselleck si coglie infatti come il concetto - sin dal suo apparire nella Grecia classica - abbia assunto significati diversi. Crisi è un termine medico, che indica la fase acuta di una malattia; è un concetto del linguaggio politico, che evoca una decisione e che delinea un'immagine del tempo; è poi un'espressione centrale del linguaggio economico, con cui si rappresenta il rapido mutamento dei contesti sociali. 
"Crisi" è però in primo luogo parola d'ordine dell'epoca moderna. Koselleck ne illustra le ragioni.

l'autore
Reinhart Koselleck (1923-2006). Storico e studioso di storia della storiografia ha dato vita a un filone di ricerca multidisciplinare sulle condizioni di possibilità dell'idea di storia e sulle modificazioni che le vicende di lungo periodo imprimono ai concetti fondamentali della politica moderna. Tra le sue pubblicazioni: Critica illuminista e crisi della società borghese (Il Mulino, 1984), Il futuro passato (Marietti, 1986), Il Vocabolario della modernità (Il Mulino 2009). Insieme a Otto Brunner e Werner Conze è autore dei Geschichtliche Grundbegriffe (1972-1993), da cui è tratto questo saggio sulla Crisi. 

SAGGI
«Crisi. Per un lessico della modernità» di Reinhart Koselleck Finalmente tradotta una delle parole chiave che il filosofo tedesco aveva inserito in un lessico. Un progetto ambizioso che prova a interpretare le tensioni e i conflitti che caratterizzano la società capitalista

APERTURA - Sandro Chignola  il manifesto 2012.03.31 - 11

Zizek a ruota libera annuncia un nuovo libro su Hegel ma si adagia nel mainstream benecomunista

Lo Psico comunista

"Tutti i nostri problemi, dalla crisi all´ambiente, sono problemi del vivere insieme: io questo senso parlo di comunismo" "Su Occupy Wall Street sono cauto, anche se ha avuto il merito di essere il primo movimento che non cavalca un solo tema" Il filosofo sloveno racconta, in una lunga intervista di cui pubblichiamo un estratto, le sue posizioni politiche

di Wolfram Eilenberger Svenja Flasspölher Repubblica 31.3.12

Gli intellettuali e la passione per la catastrofe
di Slavoj Zizek Repubblica 31.3.12

Marina Montesano legge il libro di Headrick sull'Occidente



Per secoli gli europei e i loro discendenti americani hanno dominato il mondo. Vietnam, Iraq e Afghanistan dimostrano però che bombe e aerei non bastano. La tesi di Daniel R. Headrick
Marina Montesano Europa 31 marzo 2012

Ogni movimento appare ai suoi protagonisti e al "manifesto" come l'inizio di una nuova storia. Salvo rifluire presto

G. Roggero e A. Curcio: Occupy! I movimenti nella crisi globale, Ombre Corte

Gli anni Novanta del secolo scorso si aprivano con la retorica della fine della storia, per nutrire l'apologia dell'unico mondo possibile. Il primo decennio del nuovo millennio si chiude con la crisi, ormai permanente, di quello stesso mondo. È in questo quadro che possiamo cogliere la straordinaria importanza di un movimento emerso nel cuore del capitalismo finanziario: Occupy Wall Street, il cui esempio sarebbe immediatamente stato seguito da molte città negli Stati Uniti, a cominciare da Oakland. Dalla composizione sociale alle nuove forme di organizzazione, dalle pratiche di lotta all'uso dei nuovi media, dalla crisi della rappresentanza all'occupazione degli spazi metropolitani, Occupy ha dei tratti fortemente comuni con gli altri movimenti nella crisi, dalle insorgenze del Nord Africa alle acampadas spagnole. È un movimento che non pone domande, ma che agisce su un piano immediatamente costituente: proprio per questo motivo la sua comprensione sfugge a media e istituzioni della rappresentanza politica. I testi raccolti nel presente volume - documenti prodotti dalle occupazioni e materiali di inchiesta, interventi nelle piazze occupate e narrazioni, articoli di analisi e interviste - costituiscono allora contributi unici e indispensabili per comprendere dall'interno il movimento Occupy, le possibili prospettive, i nodi irrisolti. Ci aiutano quindi a interrogare gli elementi comuni e le differenze con le lotte in Italia degli ultimi anni, nel profilarsi di un movimento globale dentro la crisi strutturale del capitalismo.


gli autori
F. Barchiesi, B. Buczynski. J. Butler, G. Caffentzis, P. Carpigano, N. Chomsky, A. Davis, M. Davis, S.Z. Eisenstein, S. Federici, H. Gautney, M. Haiven, M. Hardt, D. Harvey, N. Klein, G. Lasagni, L. Loofbourow, C.T. Mohanty, A. Negri, Occupy Student Debt, F. Fox Piven, M. Premo, J. Read, A. Ross, N. Saval, G.Ch. Spivak, S. Zizek

MOVIMENTI GLOBALI
Uscito dalle penne di scrittori, pubblicitari, studiosi e attivisti che hanno partecipato all'occupazione di Zuccotti Park, il volume pubblicato da Feltrinelli è la prima riflessione su un movimento che ha portato il conflitto nel cuore di Wall Street

APERTURA - Mauro Trotta  il manifesto 2012.03.31 - 10
SAGGI
Da New York a Madrid. I testi di «Occupy» per ombre corte

TAGLIO MEDIO - Benedetto Vecchi  il manifesto 2012.03.31 - 10

Misteri italiani


PERSICHETTI PAOLO) a pag. 22

Colonialismo in tempo reale

Nuovi insediamenti Il piano d’Israele nelle mappe segrete
Messe a punto dall’Amministrazione civile dello Stato ebraico delineano l’esproprio del 10% della West Bank palestinese per ampliare gli abitati esistenti o realizzarne di nuovi
di U. D. G. l’Unità 31.3.12

I conflitti politici in Cina e il retaggio della Rivoluzione culturale

Niall Ferguson on China's Great Leap Backward
Beijing purges one of its own—the Cultural Revolution isn’t over
Niall Ferguson thedailybeast Mar 19, 2012 1:00 AM EDT 

Ancora Debrays

"Libero" di oggi



Editoria

I dolori del giovane Web
I giornali on line faticano, ma l’inventiva viene premiata. Ecco perché
il Foglio 31 marzo 2012 - ore 06:59 

La passione dei libri a "La storia in piazza"

MANGUEL ALBERTO, LA REPUBBLICA del 30/3/2012 a pag. 46

La sci-fi come specchio dell'orrore capitalistico

Philip K. Dick: Lo stravagante mondo di Mr Fergesson, a cura di Carlo Pagetti, trad. di Maurizio Nati, Fanucci, pp. 247, e 17).

California, fine anni Cinquanta: una sorta di terra promessa già alle prese con il mito postbellico dello sviluppo economico e della crescita urbana, dove la questione razziale è ancora aperta. Jim Fergesson e Al Miller sono, o credono di essere, amici. Il primo è un meccanico avanti con l’età, amareggiato dalla vita, che da anni affitta al secondo un lotto di terra adiacente alla sua officina, in cui Miller vende auto usate, relitti rabberciati alla meglio. Un lavoro misero e frustrante che però gli basta, dal momento che è un uomo privo di ambizioni. Ma un giorno Fergesson decide di chiudere bottega e di andare in pensione, utilizzando i soldi ricavati dalla vendita per inseguire un sogno di grandezza. è un brutto colpo per Miller, perennemente incapace di scuotersi dalla sua apatia esistenziale e lacerato da conflitti interiori; e così il suo fragile castello crolla. Uno prova a salire, l’altro a non sprofondare del tutto, ma il nuovo miraggio americano non permette approssimazioni e non lascia spazio ai perdenti. Come Humpty Dumpty, il goffo personaggio di Alice in Wonderland

che cade e finisce in pezzi, entrambi pagheranno sulla propria pelle, sia pure in modo diverso, la colpa della loro precaria fragilità.

Nuove frontiere  

Oltre le romantiche visioni del futuro: da Philip Dick a Van Cauwelaert, da Hill a Scalzi l'immane scontro fra la mente e lo spirito e la tirannia dei media e dei consumi 

RUGGERO BIANCHI La Stampa  31/03/2012

Tendenze estetiche

Germania Le nuove tendenze alla vigilia del festival che si svolgerà a Monaco a maggio
La street art non è più politica
Divertimento e virtuosismo estetico: così cambia il graffitismo urbano a Berlino. E' lontana la stagione del muro. Ma anche la militanza della Primavera araba
Riccardo Motti Corriere La Lettura 

Una riflessione sui colori nell'arte

 Argomenti di classificazione Int. a GERARD GEORGES LEMAIRE di  CLAUDIO MAGRISCORRIERE DELLA SERA del 30/3/2012 a pag. 45

venerdì 30 marzo 2012

L'ultima di Lo Piparo: Gramsci liberale a propria insaputa

Lo Piparo ritratta in sostanza tutti gli argomenti "obiettivi" che aveva utilizzato in precedenza per sostenere le proprie tesi. Ma soprattutto, confonde la consapevolezza dialettica e storico-critica del pensiero di Gramsci (e del miglior materialismo storico) con una abiura. Quanto mai opportune risultano le iniziative come quella segnalata in fondo [SGA].

La Stampa di oggi



Il centenario di Alan Turing

Da oggi a Venezia il convegno «Matematica e cultura» Le ricerche del grande matematico inglese, di cui quest'anno ricorre il centenario della nascita, furono determinanti per decifrare il sistema di criptazione dei messaggi tedeschi
ARTICOLO - Michele Emmer il manifesto 2012.03.30 - 11

INCONTRI
ARTICOLO il manifesto 2012.03.30 - 11

Una lettera di Augusto Del Noce a Franco Fortini


DEL NOCE AUGUSTO, AVVENIRE del 29/3/2012 a pag. 26

GALLI ANDREA, AVVENIRE del 29/3/2012 a pag. 26

Roberto Esposito sul nuovo libro di Vito Mancuso

Vito Mancuso: Obbedienza e libertà. Critica e rinnovamento della coscienza cristiana,  Fazi

Il nuovo libro di Vito Mancuso propone un “discorso sul metodo” in presa diretta, fondato non più sul principio di autorità, ma sul più esigente principio di autenticità. Nella luce del delicato rapporto con il potere ecclesiastico, i grandi temi della riflessione umana vengono declinati in modo inedito, coinvolgente, talora entusiasmante e sempre con la consueta chiarezza.

La verità e il potere a partire dalla teologia politica del Grande Inquisitore, la religione contaminata da politica e laicità, l’identità umana tra anima e coscienza, il destino finale o come nulla o come eternità, il dialogo tra le grandi religioni mondiali e una bellissima meditazione sul motto episcopale del cardinal Martini.
La posta in gioco è particolarmente alta: una fede all’altezza dei tempi, una concezione dinamico-evolutiva della verità. Vero e proprio manifesto della teologia di Vito Mancuso, Obbedienza e libertà lancia un messaggio forte e chiaro: da un lato la Chiesa deve liberarsi della superata visione del mondo insita nella sua dottrina, dall’altro il mondo laico deve tornare a interrogarsi sui grandi orizzonti della ricerca spirituale, perché la spiritualità, scrive Mancuso, «è una particolare gestione della libertà».




Il nuovo libro di Vito Mancuso
La teologia della libertà



Il nuovo libro di Vito Mancuso sulla necessità del confronto all´interno della Chiesa

Un´idea non misurata alla prova dell´azione concreta, si ripiega su se stessa e poi si spegne
L´autore si impegna in un corpo a corpo con l´antagonista moderno del cristianesimo, vale a dire Nietzsche 

di Roberto Esposito  Repubblica 30.3.12


Kultur e universalismo: una confutazione del "Clash of Civilizations"

Gianfranco Ravasi Avvenire 29 marzo 2012

I cattolici si interrogano sul "nuovo ateismo"

Ancora sul libro di Luciano Gallino e sull'offensiva delle classi dominanti

dal "Riformista" di oggi


Ancora un ricordo di Fosco Maraini

Firenze, Palazzo Medici Riccardi
«L'incanto delle Donne del Mare.Le Ama di Hèkura nell'opera di Fosco Maraini»
a cura del Museo delle Culture di Lugano e del Gabinetto Vieusseux (per informazioni www.provincia.fi.it, tel. 0552760489)

Così Fosco Maraini si innamorò degli ultimi pagani di Stenio Solinas - il Giornale 30 marzo 2012

LE CELEBRAZIONI
di Redazione - il Giornale 30 marzo 2012

Insospettabili ammiratori

VOLANTINI BR
ARTICOLO - Alessandro Robecchi il manifesto 2012.03.30 - 01

80 anni nella vita di Tullio De Mauro e nella nostra storia

Tullio De Mauro: Parole di giorni un po' meno lontani, il Mulino, pp. 196, euro 15

«L’esame orale della maturità fu minuzioso e lungo. Alla fine mi chiesero che cosa avevo in mente di fare poi. Dissi che volevo insegnare nelle scuole, fare il professore. Mi pareva il mestiere più bello del mondo.»
Nel dicembre del 1942 un bambino di dieci anni si trasferisce con la famiglia da Napoli a Roma. La capitale vive i giorni più drammatici della guerra, ma per quel bambino è l’inizio di una nuova vita e la scoperta di una città meravigliosa, nella quale procede a grandi passi verso l’età adulta. Una singola parola, un dialogo, un discorso sono lo spunto per rievocare una stagione intera della propria vita e della nostra storia. È un racconto fatto di intimità familiare, con il ricordo tenero e ammirato del fratello Mauro; di scelte politiche, dall’adesione infantile al fascismo alla scoperta delle ragioni della parte democratica; di incontri decisivi, nel campo degli studi come in quello dell’amore.

MEMORIA «Parole di giorni un po' meno lontani»
L'adolescenza di un intellettuale. Oggi alla Sapienza un convegno per gli ottant'anni del linguista

ARTICOLO - Valeria Della Valle  il manifesto 2012.03.30 - 11


Argomenti di classificazione Int. a DE MAURO TULLIO di NUCCI MATTEO, IL MESSAGGERO del 29/3/2012 a pag. 23

Dentro la sconfitta di una generazione


Tommaso De Lorenzis, Mauro Favale: L'aspra stagione, Einaudi 


Mauro Favale e Tommaso De Lorenzis con piombo quotidiano raccontano la storia di Carlo Rivolta, il ragazzo romano che ha iniziato ad occuparsi di giornalismo quando era ancora molto giovane e che con i suoi articoli ha contribuito ad innovare il modo con cui si fa informazione. Carlo Rivolta nacque a Roma il 20 ottobre del 1949 e lavorò per numerosi quotidiani, tra cui "La Repubblica". Spogliando il giornalismo dall'ideologia e proponendo articoli che sembravano gli scatti fotografici di un'epoca, raccontò la società e lo scenario politico degli anni Settanta e Ottanta utilizzando un linguaggio che apparteneva al mondo degli studenti e della emergente classe media. Fu lui, forse più di tutti, uno dei cronisti dei movimenti politici giovanili degli anni Settanta e, in particolar modo, del movimento del Settantasette. Esplorò quel tragico fenomeno sociale, che fu anche per lui fatale, del traffico di eroina e della tossicodipendenza in Italia. Vagando per le più sordide strade della città assieme ai tossicodipendenti che cercavano di procurarsi le dosi mortali, documentò con estremo realismo la piaga sociale che caratterizzò quegli anni e di cui si avevano ancora poche informazioni. Finito lui stesso nel tunnel della dipendenza, morì a 32 anni in seguito ad un incidente causato da una crisi d'astinenza. Il volume alterna narrazione, articoli originali e testimonianze di Paolo Mieli, Lucia Annunziata, Enrico Deaglio, Eugenio Scalfari, Luciana Castellina e altri grandi giornalisti italiani che hanno avuto modo di conoscere e apprezzare Rivolta e il suo lavoro. Favale e De Lorenzis, con Piombo quotidiano. Storie di Carlo rivolta, raccontano la vita del giovane cronista, uno dei simboli di un periodo cruciale della storia italiana.


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Un cronista di ieri che non poté vedere l'oggi, ma ne sentí il fetore in avvicinamento. Ossimoro vivente e ambulante, smarrito e attentissimo, inflessibile e piegato nel morale, Carlo Rivolta raccontò lo sbandamento dei tardi anni '70, il grande e cupo impazzimento prima della risacca, tra sequestro Moro, inchiesta «7 Aprile» e storie di crimine organizzato.

Nei suoi articoli, voci gridano prima di cadere nel silenzio, pallottole spaccano cuori, l'eroina invade le strade ed entra persino in fabbrica, tempio violato dell'integerrima classe operaia.
Trent'anni piú tardi, De Lorenzis e Favale, segugi a caccia di un segugio, fiutano l'usta in giro per Roma, intervistano, incollano ritagli e scrivono una storia centrifuga, frullata in un rotor da luna park, dove nessuna complessità è sacrificata alla reticenza, nessun dolore viene taciuto.
Un libro scritto col coraggio della verità.

 MIGUEL GOTORLA REPUBBLICA del 29/3/2012 a pag. 47



LUGLI MASSIMO, LA REPUBBLICA del 29/3/2012 a pag. 47

Ricordo di Elsa Morante

 RAFFAELE LA CAPRIACORRIERE DELLA SERA del 29/3/2012 a pag. 43

Un bellissimo sito per noi nostalgici di quei viali grigi e malinconici delle città del socialismo reale


Viaggi Pianificati - Escursioni nel socialismo reale europeo e sovietico
Il libro-blog di Luca Del Grosso... a puntate

24/03/2012
Buongiorno Prof. Azzarà,
Mi sono imbattuto nel suo interessante blog "Materialismo Storico" mentre lavoravo sul mio
un libro/blog sui viaggi di italiani nei Paesi dell'Est prima della caduta dell'Urss.
 
Sono un libraio, appassionato di storia contemporanea, e cercavo recensioni di libri sulla storia dell'Urss un po' fuori dal coro.
Le poche righe del suo post "Urss: la storia a senso unico..." sono illuminanti. In effetti, alcune grandi firme hanno per così dire bloccato il dibattito su questioni tutt'altro che chiarite. Mi è capitato di scrivere ad un importante quotidiano, a proposito di un libro da poco uscito sul totalitarismo, contestando punto per punto tesi e letture ormai passate in consolidato più per l'importanza e la preparazione personale degli scrittori che per gli effettivi riscontri storici. Purtroppo io non sono professore, magari. Faccio quel che posso per mantenermi lucido ed indipendente. Quindi non amo le versioni pre-confezionate.
 Il mio blog è una soluzione a metà tra il diario di viaggio e un testo di storia non convenzionale, come lo hanno definito alcuni lettori in questi mesi.
E' diventato un libro, più che altro per le pressioni degli amici che preferivano leggerlo su supporto cartaceo per portarlo con sé.
 Glielo segnalo perché è stato recensito due giorni fa dal sito italiano della Rossiskaya Gazeta, "Russia Oggi", a cui è piaciuto molto. L'anno scorso Radio Popolare di Milano ha avuto buone parole per l'idea.
E' divertente e lo vorrei condividere con più persone possibili. Il blog riporta il testo integrale del libro, conclusioni escluse (che richiamano molto da vicino il senso del suo post a cui accennavo prima), nonché foto, video e altre curiosità.
 Con simpatia, La saluto e spero di poter riuscire a seguire il Suo bel blog come ho fatto fino ad oggi.
Buon lavoro.

Luca Del Grosso, Milano

Il luogocomunismo è l'happy hour più la socializzazione dell'IPad: si mobilita la vecchia guardia bertinottiana

Dagli anni Novanta ad oggi, sempre lo stesso progetto [SGA].

UN NUOVO SOGGETTO POLITICO
ARTICOLO - Marco Revelli il manifesto 2012.03.30 - 01

giovedì 29 marzo 2012

Renato Barilli su postmodernismo e New Realism

Si può calcolare lo spessore della realtà?

A proposito della «querelle» tra pensiero debole e nuovo realismo
in cui è stato coinvolto Umberto Eco: per risolvere la questione una via eccellente sarebbe rilanciare il vecchio Kant con il «volano» di McLuhan

di Renato Barilli  l’Unità 29.3.12 da Segnalazioni

Èin atto da qualche tempo nel settore filosofico del nostro Paese una tenzone che vede l’un contro l’altro armato due «opposti estremismi», destinati, come succede in questi casi, ad elidersi reciprocamente e a far auspicare una soluzione intermedia che apparirebbe come la più saggia, e si legherebbe oltretutto a prestigiosi contesti storici che entrambi gli schieramenti sembrano aver dimenticato.

La querelle nasce in seno alla scuola del «pensiero debole» di Gianni Vattimo, da cui un suo allievo di ieri, Maurizio Ferraris, a un tratto si è chiamato fuori aderendo a un preteso «nuovo realismo» cui sarebbe approdato l’Umberto Eco nazionale, il quale accetta quel neofita, ma con qualche imbarazzo e replica avanzando molti «distinguo» e concludendo, come avviene nell’ultimo Alfabeta 2, con la formula di un realismo negativo.
VECCHIE SOLUZIONI IDEALISTE
Il capo d’accusa mosso dall’ex-allievo Ferraris a Vattimo è che nelle sue riflessioni resterebbero solo in campo delle «interpretazioni» da cui la realtà risulta intaccata, logorata, ridotta alla condizione di un gruviera pieno di buchi. In definitiva Vattimo non nega una versione del genere, anzi, in sostanza la conferma in un saggio recente, Della realtà (Garzanti), confermando anche la sua adesione a una linea di pensiero negativo, da Nietzsche a Heidegger. Ma questa è una strada che rassomiglia molto a vecchie e scontate soluzioni idealiste, il mondo non esiste in sé, siamo noi a farlo esistere con i nostri atti di coscienza. Contro questa soluzione già tante volte apparsa sul filo dei secoli, e altrettante volte contestata, ci sta bene l’ennesima protesta inalberata da Ferraris, che ora la affida a un Manifesto del nuovo realismo (Laterza), però a sua volta ha il torto di cadere nel cosiddetto realismo ingenuo, di chi dimentica che comunque siamo noi a vedere, a toccare, a fare congetture su questa ipotetica realtà. In definitiva, l’uno e l’altro sembrano dimenticare il grande padre Kant, usualmente posto all’inizio della nostra età contemporanea (attenzione, non la si chiami moderna, visto che questa etichetta deve restare assegnata al precedente pensiero razionalista-empirista).
Kant aveva posto in campo la perfetta e non superabile formula del giudizio sintetico a priori, un match alla pari, dove noi essere umani mettiamo in gioco la nostra sensibilità e le nostre categorie mentali con cui andiamo a plasmare l’altrimenti amorfa materia d’esperienza, la quale però deve esserci, fornire un ineliminabile supporto ai nostri interventi. Naturalmente molta acqua è passata sotto i ponti, e del resto la geniale soluzione kantiana soffriva di tanti limiti storici. Infatti egli conferiva al soggetto umano il vecchio apparato di forme e categorie risalenti alla geometria euclidea, al pensiero classico, e non teneva in alcun conto l’asse del mutare dei tempi e delle situazioni materiali e sociali.
Da qui l’ampia produzione dei «filosofi della crisi» di fine Ottocento, i pragmatisti, con Peirce e Dewey in testa, Bergson e Husserl e tanti altri, a loro volta in piena sintonia con le rivoluzioni di Freud e di Einstein. Di tutto questo, in reazione agli anni cupi della dittatura fascista, era stato buon erede presso di noi Antonio Banfi, pronto in definitiva a formulare una sorta di «pensiero debole» dell’epoca, cioè a mettere in moto le categorie, troppo rigide in Kant, proclamando che ogni tempo deve allontanare le ipotesi ormai invecchiate e rifarsi un guardaroba ben commisurato sui fatti da valutare. Da lui è venuto il fronte che nel dopoguerra ha provveduto a reintegrare l’Italia in un quadro di pensiero internazionale, partecipando alla nostra ricostruzione e aprendo anche il dialogo col marxismo. Mi riferisco a Enzo Paci, Giulio Preti, Luciano Anceschi...
Bei tempi, quelli, in cui lo stesso Eco, allora funzionario della Bompiani e in procinto di varare una enciclopedia della filosofia, poi non realizzata, mi scriveva che ci saremmo ispirati a Husserl e non a Heidegger, allora sospetto di un forse ingiusto fiancheggiamento del nazismo. Poi, Vattimo ha promosso un suo eccessivo sdoganamento, ereditando anche gli eccessi di nichilismo e terrorismo concettuale che ora gli vengono imputati dall’allievo ribelle.
Eco allora si collocava assai bene in quel quadro, ponendosi anche alla testa della neoavanguardia sul fronte letterario, e producendo quello che forse resta il suo miglior apporto saggistico, l’Opera aperta.
Dopo, ha provveduto anche lui ad assottigliare lo spessore della realtà attraverso l’impresa semiotica, in cui i segni, anzi, le loro due facce, significanti e significati, giocano di specchi e rimandi tra loro, mancando di andare ad ancorarsi, al termine della trafila, sulla realtà.
Nel suo articolo sopra menzionato Eco dimentica del tutto il grande sfondo del miglior pensiero del primo Novecento, come se fossimo nati solo ieri, o ieri altro, e nel tentativo di salvare capra e cavoli si rifugia in una formula compromissoria, proponendo un «realismo negativo», che in definitiva è un modo di avvicinarsi o rendere omaggio al compagno dei vecchi tempi, Vattimo, in fondo entrambi sono venuti fuori dal pensiero di uno spiritualista come Luigi Pareyson.
E dire che oggi ci sarebbe una via eccellente per rilanciare il vecchio Kant, si pensi alla formula centrale del McLuhan-pensiero, ricordata tante volte l’anno scorso per celebrarne il centenario dalla nascita, «il medium è il messaggio», al centro di tutto c’è il nesso, la connessione, che stringe in un nodo stretto, inscindibile, il soggetto e l’oggetto, senza che l’uno possa pretendere di cancellare l’altro. 

Finkielkraut e la critica della modernità di Charles Péguy

Alain Finkielkraut: L' incontemporaneo: Péguy, lettore del mondo moderno, Lindau

Perché Péguy, oggi? Che cosa hanno da dirci le inquietudini di questo scrittore francese, "morto sul campo d'onore" un secolo fa, nella prima battaglia della Marna? Socialista, dreyfusardo, poi convertito al cattolicesimo, tradizionalista, patriota, Péguy appare agli occhi di Finkielkraut come un "profeta disperato" del malessere spirituale moderno. Animo perennemente insoddisfatto, sempre alla ricerca di una verità più grande di quella contemplata dalla scienza e dalle ideologie del suo tempo e comunque non limitata all'orizzonte della storia e del sapere umano, Péguy è stato emarginato dalla cultura di sinistra cui pure appartenne, ma di cui rifiutò dogmi e pregiudizi. Eppure, la sua riflessione sulla modernità - sulle implicazioni dell'affare Dreyfus, sul nazionalismo che avrebbe portato alla prima guerra mondiale, sui cambiamenti sociali prodotti dal progresso tecnologico, sulla scomparsa della tradizione, sul declino della religiosità, sulla miopia degli intellettuali, sulla decomposizione della famiglia - è imprescindibile per chiunque voglia capire la crisi di certezze che caratterizza il nostro tempo. 







"Benecomunisti" o "luogocomunisti"? Il ceto medio riflessivo si radicalizza e vuol fare un nuovo partito

A parte la contraddizione di voler fondare un nuovo partito - come se quelli attualmente in circolazione fossero pochi - muovendo da una demonizzazione della forma-partito (consueto escamotage dei generali senza truppe), la piattaforma esposta in questo "manifesto" è un florilegio di fantasie proudhoniane senza capo né coda. L'ennesima proposta di riduzione del danno, l'ennesima velleitaria speranza di ingentilire la Bestia, l'ennesima illusione lanciata come fumo negli occhi di ceti sociali sempre più disperati. Una sorta di vendolismo senza Vendola, insomma. Questo - ahinoi - è tempo di conflitto e spirito di scissione, non di raffinatezze liberal-radical [SGA].

http://www.soggettopoliticonuovo.it/

Daniela Preziosi il manifesto 29.03.2012

EDITORIALE - Norma Rangeri il manifesto 2012.03.29 - 01

IL CASO

Documento firmato da Rodotà, Gallino, Revelli, Viale e Pepino per un nuovo soggetto politico:

"Oggi il Palazzo non rappresenta il Paese, serve un atto di rottura"

GIUSEPPE SALVAGGIULO la Stampa 28/03/2012

David Abulafia sulla storia degli intrecci di civiltà nel Mediterraneo

 Argomenti di classificazione Int. a DAVID ABULAFIA di  ZAPPA CHIARA, AVVENIRE del 28/3/2012 a pag. 23

Cooperazione versus competizione: il libro di Richard Sennet

Richard Sennet: Insieme. Rituali, piaceri, politiche della collaborazione, Feltrinelli

La collaborazione è una qualità innata dell'uomo, che fin da neonato è in grado di cooperare con la madre. La collaborazione è essenzialmente un'arte, un'abilità sociale, e richiede un suo rituale, che va dal semplice dire grazie alle più sofisticate forme di diplomazia. È necessaria per operare con persone che non ci somigliano, non conosciamo, magari non ci piacciono e possono avere interessi in conflitto con i nostri. È quindi un'abilità fondamentale per affrontare la più urgente delle sfide dell'oggi, ossia vivere con gente differente nel mondo globalizzato. Nonostante ciò è poco considerata nella società occidentale che le preferisce il modello della competizione individualistica o quello della chiusura di tipo tribale. Richard Sennett discute del perché ciò accada e che cosa si possa fare per porvi rimedio, visto che per prosperare le società hanno bisogno di quello scambio da cui si può trarre beneficio reciproco e mutuo soccorso. In un'indagine di ampio respiro, insieme antropologica, sociologica, storica e politica, mostra che cosa si intenda per collaborazione, spaziando dalle gilde medioevali al social networking; quali fattori ne abbiano determinato la crisi, nell'educazione e sul lavoro, con le conseguenti ricadute sul piano psicologico; in che modo la si possa ristabilire, a partire dalla pratica, dall'abilità di fare e riparare le cose, e dalle motivazioni che spingono l'uomo a cooperare con i propri simili, traendone soddisfazione e piacere. 

Intervista 


Il sociologo-star americano, oggi a Milano, rilancia un'idea dimenticata: la collaborazione 

FRANCESCO MANACORDA La Stampa  29/03/2012

Nanni Balestrini su neoavanguardia, contestazione e altro

Argomenti di classificazione Int. a NANNI BALESTRINI di  ANTONIO GNOLILA REPUBBLICA del 28/3/2012 a pag. 52/53

Temperare laicamente l´universalismo dei princìpi con il realismo politico: Caracciolo sul mutato ruolo dell'Occidente

Il marchio della democrazia
di Lucio Caracciolo  Repubblica 29.3.12 da Segnalazioni

La democrazia è un marchio geopolitico. Il marchio dell´America vittoriosa nella guerra fredda, che sull´onda di quel trionfo eleva la sua idea di democrazia a modello di un mondo finalmente globale. Il pianeta unificato nella grande pace capitalistica, segnato dall´espansione della liberaldemocrazia. E perciò dominato dagli Usa in quanto idealtipo della sintesi fra capitalismo e democrazia. L´America mondiale nel mondo americano. Egemonia assoluta, descritta dallo storico Walter Russell Mead come "opzione global only, in cui gli Stati Uniti sarebbero completamente sovrani, senza alcun sistema di controlli e bilanciamenti e nessuna responsabilità per le nostre azioni se non verso noi stessi". (...)
Oggi sappiamo che anche quel Dio ha fallito. Il marchio geopolitico del globalismo americano è scaduto. La sua sconfitta si riverbera nella Grande Crisi scaturita nel ventre della finanza a stelle e strisce. Una cesura storica. Essa investe la credibilità della democrazia occidentale come sistema politico e della sua potenza leader come protagonista geopolitico. (...)
Secondo Amartya Sen l´idea della democrazia universale è "un frutto del XX secolo". Solo nel Novecento l´Occidente capì che "un Paese non deve essere pronto per la democrazia, ma lo deve diventare mediante la democrazia". In parole povere: la democrazia è figlia di se stessa. L´argomento del grande economista e moralista indiano sembra involontariamente adombrare la ragione per cui il XXI secolo difficilmente sarà l´epoca della democrazia universale. Se la democrazia si diffonde per partenogenesi, se per crescere si deve nutrire delle proprie radici, potrà al meglio procedere a macchia d´olio dalle sue terre d´elezione. Ossia dall´Occidente. Sfortuna vuole che vinta la fatidica battaglia contro l´Oriente rosso, l´Occidente residuo si specchi nella Francia di oggi, che ogni tanto s´illude di incarnare l´Occidente di ieri. Comunica grandeur, pratica petitesse.
In attesa che dagli alambicchi di qualche geniale scienziato scaturisca la formula della democrazia universale, o del migliore regime che dovrà superarla, la geopolitica ci invita all´esercizio della prudenza. Noi occidentali abbiamo il diritto di rivendicare la nostra democrazia, così come altri popoli e altre culture possono rifiutarla o declinarla secondo gusti che forse a noi non parranno troppo democratici. Abbiamo anche il dovere, se professarsi democratici ha un senso, di salvarla da noi stessi e dalle nostre velleità di usarne come strumento d´influenza globale.
Se vorremo continuare a sperare in un mondo più democratico, dovremo assorbire l´idea che non sarà mai tutto democratico. Converrà riconoscere che la diffusione dei nostri valori non è una guerra di religione, anche perché la perderemmo. E temperare laicamente l´universalismo dei princìpi con la constatazione che la demografia ci impone: siamo una minoranza dell´umanità, con tendenza al restringimento. Ammesso di poter convertire la maggioranza alla superiorità del nostro marchio, dovremmo crederci un po´ più di quanto ci riesca oggi. Non perché sia scritto in un Libro, ma perché avremo confermato, anche contro alcune esperienze del nostro presente, che la democrazia funziona come fattore di pace, ordine, benessere e libertà. 

di Federico Rampini Repubblica 29.3.12

Cosa si muove nella destra italiana (cioè il Pd)

Accordi di Palazzo e bandiere rosse. I tormenti del Pd dai due volti
La Sofferta e doppia identità di un partito di Antonio Polito Corriere della Sera 29.3.12

Quando i candidati locali contano più dei partiti
di Carlo Galli Repubblica 29.3.12


Le radici di una tendenza che si diffonde
La nuova moda nazionale di Ilvo Diamanti Repubblica 29.3.12

"Libération": riemerge dagli archivi una videointervista a Jorge Luis Borges

Jorge Luis Borges Fantasmi e sogni del maestro "Ho solo paura di non morire"
"Oggi c´è troppa informazione: penso che si stesse meglio nel Medioevo quando c´erano pochi libri che però venivano letti"
Dagli archivi, grazie al sito di "Libération" è riemerso il video di un´intervista allo scrittore della fine degli anni Sessanta

di Fabio Gambaro Repubblica 29.3.12

il video su ina.fr