lunedì 4 marzo 2013
Tradotta la riscrittura di Alain Badiou della Repubblica di Platone
Risvolto
Zizek
l’ha definito il più grande filosofo vivente e Alain Badiou dà credito a
questo meritevole elogio con La Repubblica di Platone, un rifacimento
del grande scritto analizzato con sguardo contemporaneo. In questa opera
provocatoria il pensatore francese, già autore di Metapolitica e
L’ipotesi comunista, riscrive il famoso dialogo platonico usando
immagini e icone attuali, con un risultato assolutamente originale e
inaspettato. La Repubblica del filosofo greco è un’opera che ha cambiato
il pensiero occidentale e che ha avuto un’enorme influenza nella
pratica politica di tutti i tempi. Città ideali, dialettica come base di
ogni disciplina e giustizia come fulcro della collettività sono le idee
base che Badiou riconsidera e rielabora attualizzandole. Per la prima
volta nel dialogo platonico fa la sua comparsa il concetto di utopia e
rivoluziona il concetto di ciò che è reale e ciò che è ideale. Per
l’insegnante di filosofia dobbiamo cambiare e sono tutti concordi nel
dirlo: tecnici, industriali e opinionisti. La Repubblica di Platone
diventa così lo spunto e il motivo di una modifica radicale nel modo di
considerarci società costituita. Possiamo aspirare al meglio, a essere
di più. Questo secondo Platone e secondo Badiou. Risveglio della storia,
dell’Idea per aspirare a qualcosa di più, a qualcosa di migliore che
assomigli all’eguaglianza. Insegnante alla Sorbonne di Parigi e alla
Vincennes – Saint Denis, scrisse il suo primo romanzo, Almagesta, nel
1964. Filosofo marxista, Badiou in questa rilettura de La Repubblica di
Platone riconsidera il concetto di utopia, rendendo possibile
l’impossibile.
Platone remix come Hollywood comanda
Alain
Badiou riscrive e attualizza la «Repubblica» per coglierne lo spirito
originario «Il mondo d'oggi ne ha bisogno. Sbaglia chi ci vede un
programma neostalinista»
di Stefano Montefiori Corriere La Lettura 3.3.13
«I l mio è
un Platone remix, o meglio un remake come dicono a Hollywood. Ho passato
sei anni immerso di nuovo nella Repubblica perché credo che sia
un'opera attualissima, a condizione di tornare al suo spirito
originario. Il mondo di oggi ha bisogno di Platone», dice Alain Badiou,
76 anni, uno dei più celebri — e discussi — filosofi francesi viventi.
Maoista secondo molti non sufficientemente pentito, nella sua casa di
Montparnasse Badiou sorride di chi sospetta intenzioni totalitarie anche
dietro la sua ultima opera, un riscrittura della Repubblica di Platone.
«In Francia questo libro ha avuto un certo successo ma c'è chi ha
voluto scorgervi il manifesto per una prossima dittatura stalinista, il
che è ovviamente ridicolo. Ma va bene così, il giorno in cui non
susciterò più alcun interesse o inquietudine sarò diventato un filosofo
inutile».
Professor Badiou, come le è venuto in mente di mettersi a
riscrivere «La Repubblica» di Platone, di stravolgere il mito della
caverna per ambientarlo in un cinema?
«Ho un rapporto forte con
Platone sin dalla mia giovinezza filosofica. Ogni volta che lo rileggevo
mi dicevo che questo testo vale più di se stesso, cioè vale più della
sua semplice traduzione. Esistono ottime traduzioni letterarie, ma "il
mio Platone" è quello che fa viaggiare la mente. Ecco si tratta di un
libro di viaggio».
Perché dice che oggi bisogna riabilitare Platone?
«Perché
il XX secolo è stato un secolo antiplatonico, per molte e opposte
ragioni. I sostenitori della filosofia analitica, logica, molto forti in
America, erano risolutamente antiplatonici perché pensavano che non
esistano le idee, ma solo il linguaggio. I filosofi della vita erano
contro Platone perché dicevano che non ci sono due mondi, quello delle
idee e quello della realtà, ma solo uno, il mondo della vita, da cui gli
attacchi di Nietzsche. Anche i marxisti erano antiplatonici: nel
dizionario di filosofia dell'Urss la voce di Platone si riassumeva in
"filosofo dei proprietari di schiavi". Per non parlare degli
esistenzialisti, per i quali soltanto l'esistenza concreta conta. Come
vede, Platone ha davvero bisogno di un difensore».
Perché secondo lei oggi Platone è più attuale che mai?
«Sono
convinto che dobbiamo lottare contro il relativismo, la convinzione che
non c'è niente di universale, che esistono solo i gruppi particolari,
le comunità, le nazionalità, che ognuno ha la sua cultura, anzi può
restarci chiuso dentro. Contro il relativismo contemporaneo, Platone è
il maestro dell'idea di universalità, senza la quale l'umanità non
riuscirà a uscire dal caos. Perché non ci sia la guerra di tutti contro
tutti, bisogna che condividiamo un'idea, e questa non è un'idea che sta
in cielo, le idee non sono angeli: le idee sono ciò a partire da cui
possiamo condividere qualcosa».
Per esempio?
«Se Platone
attribuisce molta importanza alla matematica è solo per questo, perché
vede nella matematica un esempio astratto di universale. Se conosci le
regole del gioco, tutti possono giocare. Platone non pensava certo che
fosse una ricetta facile o immediata, questa universalità bisogna
cercarla e costruirla».
E il mito della caverna?
«Il mito della
caverna trasferito nella sala cinematografica mi si è imposto con
evidenza mentre scrivevo: le immagini hanno un potere estremamente
forte, ed è ancora più vero oggi che al tempo di Platone. In fondo il
mito della caverna è un'anticipazione straordinaria. Platone aveva
immaginato una caverna con un fuoco, delle marionette, immagini sul
muro. Era una caverna ancora molto rudimentale... Oggi le persone
possono anche restare a casa loro per entrare nella caverna. Come qui,
per esempio, guardi lì l'ingresso» (Badiou indica la tv).
Perché sostiene di essere tornato al Platone originario?
«Mi
distacco dalle due principali, ed erronee, vulgate del passato. Platone
ha avuto una doppia discendenza. Quella religiosa, che comincia molto
presto, con i neoplatonici come Plotino, che spinge Platone verso la
trascendenza, l'idea di Bene, e l'idea dei due mondi: c'è il mondo
sensibile, corrotto e incline ai vizi, e il mondo celeste che è quello
della salvezza. Poi c'è l'interpretazione contraria, ossia razionalista,
che ha interpretato Platone soprattutto attraverso la matematica, la
scienza, facendone il primo grande razionalista. Platone è stato un po'
seppellito sotto il peso delle interpretazioni».
E la sua di interpretazione, invece?
«Cerco
di riportare Platone alla sua natura di pensatore dialettico, cioè un
filosofo che cerca di tenere insieme la contraddizione tra il carattere
materialista di ogni conoscenza e il carattere universale della verità.
Platone cerca di dire: non cedo né sul fatto che viviamo in un mondo di
esperienza sensibile (parla spesso di dottori, artigiani, piloti di
navi, quindi è falso dire che è perso nelle nuvole, è una diceria), né
sul fatto che è giusto ambire a qualcosa di universale, comune a tutti.
Bisogna tenere le due cose insieme».
Questi due elementi si realizzano nella città ideale.
«Il
tipo di vita che Platone propone come ideale non prevede la proprietà
privata, le decisioni sono prese in comune e così via. Questa visione
politica credo che la si possa definire come il tentativo di organizzare
la società sulla condivisione di valori universali, su quel che c'è di
comune negli uomini (comunismo vuol dire questo). Altrimenti la sola
universalità che ci resta è quella del denaro, come già sta accadendo. O
ci incamminiamo lungo una strada platonica — rinnovata, trasformata,
modernizzata, naturalmente — cioè riorganizziamo la vita sociale sulle
basi di una uguaglianza minima tra gli uomini, o lasciamo che il potere
della manipolazione finanziaria su scala globale abbia l'ultima parola.
Il mio libro quindi è anche Platone contro i finanzieri» (si mette a
ridere).
Lo vede che è comunista...
«Ma no, il mio è un libro
filosofico, non un manifesto politico. E poi Platone è aristocratico e
antidemocratico. Nella mia riscrittura, invece, allargo a tutti quel che
Platone riserva all'élite. Le formule che mi piacciono sono elitismo
per tutti, o aristocrazia popolare».
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