martedì 15 ottobre 2013

Arriva negli Oscar il Machiavelli di Lucio Villari


Lucio Villari: Machiavelli, Oscar Mondadori pagg. 184 euro 12

Risvolto
Machiavelli o Niccolò Machiavelli è stato testimone e partecipe di avvenimenti e di sentimenti che segnano la nascita del mondo moderno: il tempo delle idee razionali e laiche dell'Umanesimo, delle arti e del "libertinismo" del Rinascimento e di irrisolte contraddizioni religiose e ideologiche. Teorico di un sistema politico di governo fondato sulle "equalità" sociali e su magistrature stabili, e con il sogno di una Italia unita e di uno Stato-Principe promotore e difensore del "vivere civile", Machiavelli è stato osservatore attento e appassionato della "crisi italiana" tra il Quattrocento e il Cinquecento e anche protagonista perdente e profeta disarmato di una Italia dilaniata dai conflitti interni, divisa e terra di conquista. Lucio Villari affronta i momenti fondamentali del pensiero di Machiavelli, le scritture letterarie, la vicenda umana. Una narrazione nel drammatico scenario del Cinquecento fiorentino, italiano, europeo. 



Machiavelli senza il machiavellismo

Negli Oscar Mondadori la biografia scritta da Lucio Villari


di Adriano Prosperi Repubblica 14.10.13


Quella dei centenari è una religione laica, ha scritto una volta Carlo Dionisotti. Come tutte le religioni, deve attualizzare il passato, risvegliare devozioni dormienti o dimenticate. Quella che va sotto il nome di Machiavelli è la devozione o meglio la dedizione allo studio di una cosa che sarebbe bene indicare con le parole stesse di Machiavelli: «L’arte dello Stato». Un’arte, cioè un mestiere che si imparava. Prima di scrivere ilPrincipe lui l’aveva studiata per almeno quindici anni.
Sulla definizione artigianale fiorentina prevalse il nome aristotelico di Politica: eppure oggi sarebbe bene restaurare il nome creato da Machiavelli, specialmente in Italia dove quella che si chiama “politica” è tutto fuorché un’arte e gli “ordini” o ordinamenti fondamentali dello Stato che stavano tanto a cuore a Machiavelli ballano un pauroso trescone. Ma proprio perché davanti alla politica corrente si volta la faccia disgustati, incombe il rischio di rivolgersi a Machiavelli come a un maestro non di un immorale “machiavellismo”, ma di buoni e financo religiosi pensieri e di savie benché inascoltate massime. È meglio allora che si provi almeno a conoscerlo come uomo, per la vita che ebbe, per i sentimenti che provò, per il contesto che fu il suo.
«Diteci, per favore chi era Robespierre », chiedeva Marc Bloch a chi polemizzava pro o contro il grande giacobino. Chi era l’uomo Machiavelli? Alla domanda ha risposto con fresca e piacevole narrazione Lucio Villari nel libro che ci viene ora riproposto negli Oscar Mondadori: Machiavelli, un italiano del Rinascimento. Dalle sue pagine quello che balza fuori è il profilo di un uomo di straordinaria intelligenza, di vivacissima passionalità e umanità, un amante della poesia e dell’amore: un uomo nato povero che dovette imparare presto a stentare, sperimentò il carcere, la tortura e l’esilio, ma di sé e dei suoi guai, desideri, amori, avventure, parlò con l’autoironia e la straordinaria eleganza di testimonianze epistolari indimenticabili, scolpite nella lingua più bella di una grande stagione letteraria. Lucio Villari ha evitato d’istinto il machiavellismo e si è dedicato al profilo dell’uomo cercando di capirne la cifra umana. La figura simbolica che presiede alla sua narrazione è quella dell’occasione: la si rappresentava come una donna dalla capigliatura mozza sulla nuca e un ciuffo sporgente sulla fronte, a suggerire che bisognava coglierla frontalmente non quando era passata. Assomigliava alla Fortuna e come lei si muoveva su ruote, incostante e velocissima. Sono le occasioni che ritmano questa vita di un uomo nato di piccola fortuna e della fortuna diffidente, ma pronto a cogliere gli appigli che la vita gli offre: le donne e l’amore in modo speciale. Ma anche la poesia, il teatro. Di poeta fu la prima e una delle pochissime opere pubblicate in vita, i Decennali (1504). Machiavelli è l’uomo che nella lettera all’Alamanni del 1517 si lamenta perché l’Ariosto in un poema «bello tutto et in molti luoghi mirabile», non gli ha trovato nemmeno un cantuccio tra i tanti poeti che nomina e lo ha «lasciato indietro come un cazo». Padre affettuoso, marito non proprio esemplare ma tenero e grato alla sua Marietta, Niccolò non rifiutava anzi cercava altre donne: fedele al proverbio di Boccaccio, che è «meglio fare e pentirsi che non fare e pentirsi», fu capace di innamorarsi fino all’ultimo, e non per questo si pentì: ma proprio in ultimo, prima di confessarsi, raccontò quel sogno che ha fatto penare il biografo piagnone in un’Italia che non ha mai rinunciato da allora in poi a speculare su quel che accade ai morenti refrattari ai conforti della religione e a fare pettegolezzi su chi alla vita volta le spalle.
Il riso e la serietà del riso sono parte essenziale di questo ritratto dell’uomo che si definiva nel 1525 «istorico, comico e tragico» e che, con intarsio elegante e leggero ma fortemente suggestivo, Lucio Villari mostra essere davvero un intreccio fra l’apparire e l’essere: apparire «huomini gravi, tutti volti a cose grandi» ed essere invece «leggieri, inconstanti, lascivi, volti a cose vane». E quel lascivo significava allora (e forse ancora) in Toscana non dedito ai piaceri della carne, ma cedevole agli impulsi della realtà della vita, che è fatta di occasioni. Come scrive Lucio Villari l’occasionalità era anche, per Machiavelli, disposizione ad accogliere l’ispirazione, la fantasia, a leggere la storia e la cronaca attraverso il filtro della satira, dell’umorismo: attraverso, insomma, la percezione dell’accaduto come momento di vita reale, non di ricomposizione di ombre in un teatro di fantasia o in un trattato di filosofia politica.

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