mercoledì 5 marzo 2014

Ancora Kupchan

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Cronache di un declino manifesto 
Saggi. «Nessuno controlla il mondo» di Charles A. Kupchan per il Saggiatore. La crisi dell’Occidente è l’altra faccia di un mondo che vede l’ascesa dell’Asia e dell’America latina 

Sara Borriello, il manifesto 5.3.2014 


Su che bina­rio sta pro­ce­dendo il mondo? Quale sarà lo sce­na­rio tra venti o trent’anni? Nel nostro pre­sente euro­peo e occi­den­tale non si fa che par­lare di crisi e di crollo dell’economia. E tutto si ferma qui. 

Char­les A. Kup­chan, pro­fes­sore alla Geor­ge­town Uni­ver­sity ed edi­to­ria­li­sta del New York Times, cerca una rispo­sta a que­sto que­sito nel suo libro Nes­suno con­trolla il mondo (Il Sag­gia­tore, pp. 285, euro 19,50). Quando in tele­vi­sione si parla di crisi, il rife­ri­mento è ai paesi occi­den­tali, come Europa e Ame­rica del nord; tutto il resto del mondo viene tagliato fuori senza troppe ceri­mo­nie. Kup­chan riper­corre, attra­verso un rapido excur­sus sto­rico, come si è arri­vati all’affermazione della «men­ta­lità occi­den­ta­li­sta» che quando parla di « mondo» fa rife­ri­mento solo a una pic­cola parte di esso. 

Ci sono par­ti­co­lari fat­tori che hanno per­messo a que­sto modello di pre­do­mi­nare per un lungo periodo di tempo. Prima l’Europa e poi l’America si sono impo­ste, spesso con la vio­lenza, sulla scena inter­na­zio­nale in nome della supre­ma­zia modello sociale e eco­no­mico occi­den­tale. Per l’autore, invece, i motivi che hanno por­tato a que­sta situa­zione sono del tutto con­tin­genti e vanno cer­cati nelle crepe del potere e nella vita­lità poli­tica delle classi medie: fat­tore, quest’ultimo, non pre­sente in altre realtà, come Cina e India. 

Il pre­sente vede invece l’Occidente in crisi e altri paesi in forte cre­scita eco­no­mica, dopo anni di pre­senza secon­da­ria sul pano­rama inter­na­zio­nale. C’è chi ha affer­mato che tutto que­sto accade per un’adozione del modello occi­den­tale da parte dei paesi asia­tici, in un’estrema difesa della vali­dità del nostro pen­siero. Kup­chan dimo­stra, dati alla mano, che invece non è così e che le con­di­zioni che hanno por­tato alla situa­zione pre­sente nei Brics sono ele­menti in gran parte estra­nei alla nostra cul­tura di occi­den­tali. Nel frat­tempo, l’ Europa vede il ritorno del nazio­na­li­smo, men­tre gli Stati Uniti si per­dono nei pro­pri con­flitti interni: crepe visi­bili del blocco occi­den­tale, che se non vegnono affron­tate e «risolte» por­te­ranno, secondo Kup­chan, a un irre­ver­si­bile tra­monto eco­no­mico e poli­tico dell’Europa e degli Stati Uniti. 

Il pre­gio mag­giore del volume sta nel pre­sen­tare, in maniera con­cisa e chiara, le tappe storico-sociali che hanno con­dotto il mondo alla con­di­zione attuale. L’analisi che lo sor­regge è la sin­tesi di impor­tanti studi sto­rici sui nazio­na­li­smi, come quelli di Bene­dict Ander­son e di Adda Boze­man, che riper­cor­rono il pro­cesso di for­ma­zione e di pre­do­mi­nio euro-americano. 

La parte più azzar­data del sag­gio è invece quella sulle «pre­vi­sioni» per il futuro, non tanto per quanto riguarda il fronte dei paesi emer­genti, quanto pro­prio per l’eccessiva man­canza di fidu­cia in isti­tu­zioni che, per quanto pos­sano susci­tare il mal­con­tento nazio­nale, hanno ancora una presa forte e sono ben lon­tane dallo scom­pa­rire, come l’Ue e il modello bipar­ti­san ame­ri­cano. A parte que­ste sup­po­si­zioni un po’ azzar­date di Kup­chan, la sua pro­po­sta di gover­na­bi­lità del mondo sulla base di nuovi pre­sup­po­sti è inte­res­sante. Le parole chiave sono «unità», «aper­tura», «col­la­bo­ra­zione» e «sol­vi­bi­lità». Il recu­pero della sol­vi­bi­lità eco­no­mica è il punto fon­da­men­tale, a livello pra­tico, per una ripresa dell’Occidente. Per l’autore, biso­gna creare nuovi equi­li­bri tra i mezzi e gli scopi, met­tendo fine alla ten­denza a spen­dere più di quanto si pro­duce, feno­meno che crea defi­cit com­mer­ciali e spesso bolle spe­cu­la­tive. In secondo luogo, biso­gne­rebbe col­ti­vare i con­cetti di fles­si­bi­lità e aper­tura: la pre­tesa occi­den­tale di appli­care e imporre a tutti i costi il pro­prio modello a paesi dalla diversa cul­tura non solo è una for­za­tura, ma dimo­stra la cieca fede nei con­fronti di un modo di pen­sare che ha pro­dotto que­sta crisi. Gli occi­den­tali devono, quindi, essere aperti ad altre strade, senza fos­si­liz­zarsi sulla pro­pria e senza chiu­dere gli occhi a solu­zioni alternative.

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