domenica 6 aprile 2014

Canale Mussolini. La deportazione degli ebrei dell'Agro Pontino

Non ha dato prova di serio ravvedimento
Emilio Drudi: Non ha dato prova di serio ravvedimento. Gli ebrei perseguitati nella provincia del duce, Giuntina, pag. 206, 15 €

Risvolto

Tra il 1938 e i giorni della liberazione, alla fine di maggio del 1944, sono una quarantina gli ebrei schedati a Littoria e nella sua provincia in base alle leggi razziali. La loro storia non è mai stata raccontata. Quando si fa riferimento all’area pontina in quegli anni, prevalgono sempre temi come il prosciugamento della palude, l’appoderamento, la nascita delle città nuove. Vicende, oltre tutto, raccontate spesso prestando orecchio alla propaganda e alle nostalgie del regime. Poco emerge del fatto che in realtà l’Agro Pontino si è rivelato un laboratorio per creare il “nuovo italiano fascista”: l’italiano “rurale, procreatore e soldato” funzionale al nuovo ordine vagheggiato da Mussolini. Un “ordine” nel quale non c’era posto per gli ebrei. È stato automatico, così, cancellare immediatamente questi ebrei pontini dalla vita civile e sociale della “provincia del duce”. Anche quando magari erano arrivati da lontano, appena pochi anni prima, proprio attirati dal “mito” della bonifica e di Littoria. Sparsi in diversi centri, le leggi razziali li hanno isolati e ne hanno travolto l’esistenza, facendoli diventare di colpo “diversi” e relegandoli in un ghetto dove le mura e i cancelli erano i divieti e le discriminazioni, le proibizioni e le prepotenze continue. Unico barlume di speranza, in questo contesto tenebroso, qualche gesto di solidarietà individuale, dettato da amicizia e frequentazioni abituali, specie nei paesi dove la presenza degli ebrei era più antica. Il libro racconta lo sconvolgimento a cui, a partire dal 1938, sono stati condannati questi 40 tra uomini, donne e ragazzi, nel loro vivere quotidiano e poi, dopo l’8 settembre 1943, quando è cominciata la “caccia all’ebreo” da parte dei tedeschi e dei fascisti di Salò, i mesi passati alla macchia, ogni giorno con il terrore di essere scoperti, arrestati, destinati a morire nei campi di sterminio. Se nessuno di loro è stato assassinato è soltanto grazie all’aiuto di pochi amici fidati e a una serie di circostanze fortunate. Di ognuno viene seguita l’avventura personale anno dopo anno, con l’obiettivo però di fondere insieme le varie vicende e arrivare a un racconto corale. Capace magari di superare la realtà locale per diventare una storia tout court della persecuzione degli ebrei in Italia.



La provincia del duce dove si scatenò la caccia all’ebreo
Un volume di Emilio Drudi ricostruisce la terribile storia delle persecuzioni nell’Agro Pontino

di Vittorio Emiliani l’Unità 4.4.14


EMILIO DRUDI, DA CRONISTA SEMPRE ATTENTO ALLA STORIA, ESCE CON UN NUOVO INTERESSANTE VOLUME DEDICATO ALLE VICENDE DEGLI EBREI DOPO LE INFAMI LEGGI RAZZIALI. Due anni fa aveva raccontato, sempre per la Giuntina, la cronaca romanzesca, in quel caso a lieto fine, di una quarantina di israeliti slavi fuggiti da Asolo e approdati sulla riviera romagnola, a Bellaria. Dove l’albergatore Enzo Giorgetti li salverà, assieme al brigadiere OsmanCarugno, in 377 giorni di peripezie (Giorgetti è stato il primo italiano ad essere ricordato nel Giardino dei Giusti fra le Nazioni, dopo di lui il coraggioso Carugno). «Un cammino lungo un anno » conclusosi felicemente. 
Stavolta Drudi, per anni a capo delle pagine di Latina del Messaggero, ricostruisce le storie degli italiani ebrei perseguitati nella provincia del duce, cioè a Littoria, nel libro Non ha dato prova di ravvedimento (Giuntina, pag. 206, 15 €).Sono italiani ebrei che si chiamano Milano, Spagnoletto, Minerbi, Sermoneta, Veneziani, Piperno, Sonnino, Di Veroli, Fano, Alatri. Nuclei famigliari tornati dalla ghettizzazione forzata aRoma(dovuta alla odiosa bolla di Paolo IV Carafa) nei centri del Lazio periferico dei quali hanno portato per secoli il nome. Oppure immigrati nell’Agro Pontino dov’è in corso di bonifica quali funzionari, tecnici dell’Opera Nazionale Combattenti, commercianti, insegnanti, o professionisti. 
Di essi, città per città, borgo per borgo, Drudi ricostruisce le schede biografiche intessendo di continuo - e questo è uno dei meriti maggiori del suo scrupoloso lavoro - le loro vite con la cronaca drammatica di quegli anni infami e col contrastato contesto socio-economico pontino generato dalle bonifiche. 
DEPORTATI NEI LAGER 
Nel settembre del 1939 i carabinieri di Sezze descrivono gli ebrei del paese quali persone modello, del tutto innocue per il regime, «di buona condotta morale e civile», qualcuno militante nelle organizzazione giovanili o professionali del Fascio (abbandonate a malincuore l’anno prima). Si possono dunque cancellare dal casellario dei sovversivi? «No. Pur non avendo dato luogo a rimarchi, non hanno dato prova di serio ravvedimento». Come ci si può «ravvedere » dal fatto di essere di madre ebrea? In quella frase burocratica assurda c’è la tragedia di massa degli ebrei pontini. Alcuni di loro finiranno ad Auschwitz o a Bergen Belsen. Altri saranno salvati dalla generosità e dal coraggio di contadini, pastori, parroci. Ma ciò che più colpisce nella minuziosa narrazione di Emilio Drudi è la maniacalità, in piena guerra mondiale, dei censimenti, dei controlli operati dagli uffici di Demorazza e dai carabinieri sui singoli, sui nuclei famigliari «non ariani», sulle loro attività e proprietà, con un impegno burocratico degno di miglior causa. Comportamento che ribadisce il delirio, la demenzialità del regime instaurato da Benito Mussolini antisemita assai prima delle leggi razziali. Quelle schedature sciagurate serviranno ai nazisti per cercare, catturare, deportare senza pietà. 
La «provincia del duce», osserva bene Drudi, ha per il regime il valore di un «laboratorio politico», essa rientra in una strategia di esaltazione mediatica che non deve conoscere ombre. Già la bonifica stenta. Ci sono stati abbandoni nei poderi meno fertili. Non pochi assegnatari, assillati dai debiti, si sono arruolati volontari per l’Africa o la Spagna. Poi ci sono i focolai di sovversivismo alimentati dai confinati antifascisti a Ponza e nelle altre isole e dai loro parenti (su questi argomenti si è soffermato con acutezza Annibale Folchi), un quadro ben lontano dall’idillio talora affiorante in Canale Mussolini di Pennacchi. Inoltre Littoria è alle porte di Roma. Le notizie corrono. Quella terribile della razzia nel ghetto romano nel tragico 16 ottobre 1943 arriva subito a Sezze dove vive la famiglia di Cesare Di Veroli. Gli ebrei, tutti schedati, non sanno che fare: andare a Roma può essere mortale, così come tentare di passare le linee. Il racconto della famiglia Di Veroli è drammaticamente incalzante. Ed è soltanto una delle tante vicende - alcune finite tragicamente, altre no - che racconta Emilio Drudi in questo utilissimo libro, da diffondere, ci auguriamo, fra i più giovani.

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