sabato 19 aprile 2014

Gabriel Garcia Márquez



Inge Feltrinelli ricorda il primo incontro con l’autore di Cent’anni di solitudine: “Era schivo, umile, delizioso”

Mario Baudino La Stampa 19/04/2014 




Gabo, una via d’uscita dal maoismo

di Ilaria Maria Sala La Stampa 19.4.14


Alla fine degli anni Settanta, dopo la morte di Mao e la chiusura della pagina più ideologica, militante e irrazionale della storia cinese recente, la letteratura del Paese era in uno stato di grande fermento. Man mano che la censura totale che si era avuta durante l’impero del Grande Timoniere veniva meno, i lettori divoravano tutto quello che veniva tradotto, dapprima col contagocce poi in una valanga che non è ancora terminata. Dieci anni dopo, le librerie cinesi, sui cui scaffali fino a pochi anni prima si poteva trovare poco più che l’opera omnia di Mao Zedong, erano piene da scoppiare: tutto il teatro di Shakespeare, i devastanti adultèri di Anna Karenina e Madame Bovary, e il magico realismo sudamericano. In particolare, Gabriel García Márquez, o Ma Er Ke Si, in cinese, l’autore che più di ogni altro diede agli scrittori che uscivano frastornati dalla Rivoluzione Culturale una via maestra da seguire, quella del «realismo magico» all’interno del quale nascondevano di tutto, dalle velate critiche alle autorità, a un senso di spaesamento personale e politico che poteva essere colorato di un surrealismo immaginifico, allucinatorio, le cui possibilità sembravano infinite.
Ieri la Cina tutta ha reagito con grande commozione alla notizia della scomparsa del premio Nobel colombiano, sia con brevi tributi sui social network come Weibo (un tipo di Twitter cinese) che nei media ufficiali.
L’impatto di Gabriel Garcia Marquez è considerato vitale per quel movimento letterario sviluppatosi proprio negli anni Ottanta chiamato «Xun Gen», o «Ricerca delle Radici», i cui nomi di spicco sono Jia Pingwa, Han Shaogong e, almeno per un periodo, Mo Yan, Premio Nobel per la Letteratura del 2012.
Non a caso, nel discorso di accettazione del Nobel lo scrittore cinese ha citato fra le influenze centrali nello sviluppo della sua scrittura, oltre alle miriadi di storie del suo Shandong natale, proprio «Ma Er Ke Si», e William Faulkner. Aggiungendo che la forza della scrittura di García Márquez è tale che per anni ha dovuto combattere contro di essa, per riuscire a sviluppare la sua voce.
Per i lettori cinesi, Marquez presentava caratteristiche finalmente liberatorie: dopo gli anni maoisti, nel corso dei quali l’uniformità era un valore assoluto, il movimento per la Ricerca delle Radici voleva asserire l’importanza delle diversità locali e regionali. Politicamente, sottolineare le diversità era ancora sospetto, ma in letteratura, grazie all’esempio colombiano, gli esperimenti poterono procedere spediti.
Gabriel Garcia Marquez però non ha sempre avuto una relazione delle più facili con la Cina: quando si recò in visita nel 1990 l’autore rimase talmente offeso dalla quantità incalcolabile di copie piratate dei suoi libri, che promise di non cedere i diritti del suo lavoro a un editore cinese «per almeno 150 anni». Ci sono voluti venti anni per portarlo a più miti consigli, e infatti la prima edizione legittima di «Cento anni di solitudine» è stata pubblicata, con enorme successo, solo nel 2011.

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