giovedì 3 aprile 2014

L'ossessione anticomunista del Manifesto e la Fantastoria alla Paolo Mieli


Giovanni Catelli: Camus deve morire, Nutrimenti

Risvolto
È il gennaio del 1960 quando l'auto su cui è a bordo Albert Camus, in viaggio verso Parigi, sbanda in pieno rettilineo e si schianta contro un albero a un centinaio di chilometri dalla capitale. Insieme a Camus, muore anche il suo editore e amico Michel Gallimard, che era alla guida.
Dopo più di quarant'anni, dai diari del traduttore e poeta ceco Jan Zábrana emerge un appunto che getta nuova luce su quello che all'epoca venne archiviato come un incidente. Sulla morte di Camus si allunga l'ombra del Kgb, che avrebbe fatto manomettere l'auto su ordine dell'allora ministro degli esteri sovietico Šepilov. Camus, infatti, si era battuto contro l'intervento dell'Urss in Ungheria nel 1956, e in numerosi articoli e discorsi pubblici aveva attaccato personalmente il potente uomo politico russo. Senza contare il suo sostegno alla candidatura al Nobel per Boris Pasternak, scrittore osteggiato e inviso in patria.A cento anni dalla nascita di Albert Camus, questo volume riapre il mistero della morte dello scrittore francese, muovendosi tra sospetti e testimonianze a caccia di una possibile risposta. Allo stesso tempo, restituisce il clima di un intero periodo storico, grazie a dettagli e aneddoti spesso inediti su figure come Zábrana e Pasternak, che vissero, pagando di persona, l'atmosfera opprimente della guerra fredda.

L’epopea di un dissidente
Saggi. «Camus deve morire» di Giovanni Catelli
di Sara Borriello il manifesto 3.4.14

Il nome di Albert Camus è asso­ciato a opere come lo «Stra­niero» o «La Peste», agli studi sul mito di Sisifo. Opere let­te­ra­rie, cer­ta­mente, ma Albert Camus era tanto altro. Gio­vanni Catelli ricorda e sot­to­li­nea pro­prio que­sto aspetto «plu­rale» nel libro Camus deve morire (Nutri­menti, pp. 159, euro 13). Un intel­let­tuale che voleva la giu­sti­zia sociale, che rin­ne­gava ogni forma di sopruso: ecco il ritratto che fuo­rie­sce da que­ste pagine. Lo scopo di Catelli è sve­lare il mistero che da anni grava sulla morte di que­sto scrit­tore, scom­parso a soli qua­ran­ta­sei anni in un inci­dente stra­dale. Una morte piut­to­sto banale, anche a detta dello stesso Camus poco tempo prima del fatto. Per alcuni fu solo una fata­lità, per altri la cosa fu orche­strata a dovere per togliere di mezzo un uomo sco­modo, che par­lava troppo senza curarsi di chi stava al potere. Catelli sostiene con molta con­vin­zione que­sta seconda ipotesi.
Camus era uno scrit­tore «ribelle». Aderì in un primo momento al par­tito comu­ni­sta, per poi diven­tare, secondo l’autore, un anar­chico. L’evento che più di tutti gli altri potrebbe aver cau­sato la sua morte è l’opposizione che, attra­verso i suoi scritti, portò avanti con­tro le poli­ti­che del governo sovie­tico. La que­stione calda che viene ana­liz­zata è quella dell’invasione sovie­tica dell’Ungheria nel 1956. Camus, così come altri intel­let­tuali del suo spes­sore, rispose all’appello degli scrit­tori unghe­resi, che chie­sero soli­da­rietà agli intel­let­tuali «euro­pei». La let­tera che lo scrit­tore pub­blicò in rispo­sta fu una denun­cia rivolta con­tro la Rus­sia e, in par­ti­co­lare, con­tro il mini­stro degli esteri Dmi­trij She­pi­lov. Que­sto fu, secondo Catelli, una atto di sfida con­tro l’Unione sovie­tica. Attorno a un tale evento ruota la tesi secondo cui la morte di Camus sarebbe stata pro­get­tata dal Kgb, con lo stesso mini­stro She­pi­lov come mandatario.
Ma que­sta tesi è da leg­gere come un pre­te­sto per un obiet­tivo, a suo modo, più ambi­zioso: la rivi­si­ta­zione della figura sto­rica di Camus in quanto intel­let­tuale dis­si­dente. Tutto ciò spesso viene tra­la­sciato, dando rilievo solo al Camus scrit­tore vin­ci­tore di Pre­mio Nobel. I cri­tici ten­dono a per­dere di vista la voca­zione sociale e poli­tica, entrambi pre­senti nell’opera di Camus. Il merito di Catelli sta nell’avere ripor­tato alla luce una figura che rischiava di scom­pa­rire die­tro tomi di ana­lisi let­te­ra­ria, di averle ridato luce e colore, spes­sore, vita. Un altro aspetto rile­vante è la forma che Catelli sce­glie di dare a una mate­ria così tra­sver­sale come la rico­stru­zione di una per­so­na­lità storica.
Il libro è veloce, leg­gero, asso­lu­ta­mente acces­si­bile e chiaro, senza nes­suna con­ces­sione alle reto­ri­che dell’Accademia. Catelli è sin­te­tico, ma mai troppo gior­na­li­stico, nel senso che la sua scrit­tura somi­glia più a un romanzo, una sto­ria di fan­ta­sia più che a un dos­sier su un omi­ci­dio. Il lato posi­tivo è che ciò resti­tui­sce al let­tore la dimen­sione di suspense e imme­de­si­ma­zione che può donare un romanzo; il lato nega­tivo, invece, è che la tra­gi­cità di que­sta figura sto­rica ine­vi­ta­bil­mente si smussa e cade un po’ nel domi­nio dell’irreale.
Tut­ta­via un rischio del genere andava corso per rag­giun­gere il risul­tato finale e per distin­guere quest’opera dalle solite bio­gra­fie, che hanno come unico scopo quello di for­nire una rico­stru­zione sto­rica. Catelli cerca di andare oltre e, per buone parte del libro, ci rie­sce, rega­lando al let­tore il tra­sporto let­te­ra­rio unito alla verità sto­rica di un grande personaggio.

«L’incidente stradale di Camus provocato da Kgb e 007 francesi» 
Lo slavista Catelli ribadisce la sua tesi e porta nuovi indizi, come la testimonianza del celebre avvocato Vergès: «A Parigi in quegli anni comandavano i sovietici»
7 ott 2014 Libero SIMONE PALIAGA 

Una macchina, la mattina del 4 gennaio del 1960, sbanda e finisce contro uno dei platani che costeggiano la strada che da Thoissey, nella Francia centrale, porta verso Parigi. A bordo si trovano il premio Nobel per la letteratura Albert Camus, l’editore Michel Gallimard con sua moglie Janine e la figlia Anne. Lo scrittore morirà al momento dell’impatto mentre, Gallimard spirerà all’ospedale qualche giorno dopo. La consorte testimonierà di aver sentito, poco prima dell’incidente, uno scossone così violento da farle supporre un blocco della ruota o la rottura di un semiasse. E così l’accaduto venne archiviato dalla magistratura.  
Nel 2011, però, lo slavista e poeta Giovanni Catelli, ottimo conoscitore della cultura ceca, incontra Maria Zabranova, moglie dello scrittore e traduttore Jan Zábrana. Viene così a sapere che le edizioni francese e italiana delle memorie del marito non riportano le pagine in cui l’autore ceco ipotizza che l’incidente a Camus sia stato provocato dal Kgb sovietico per vendicarsi delle prese di posizione del Nobel contro l’invasione dell’Ungheria del 1956. 
Nel 2013, poi, Catelli per le edizioni Nutrimenti dà alle stampe Camus deve morire e la polemica si sparge a macchia d’olio. La notizia rimbalza sulla stampa europea: il settimanale francese Le Point intervista numerosi biografi di Camus che si dimostrano scettici riguardo alla ricostruzione proposta dallo studioso italiano. La vicenda è ripresa poi dall’inglese Observer e da lì dilaga ovunque ( Libero compreso). Adesso però emerge un’importante conferma all’ipotesi di Catelli. 
«Alla fine della presentazione milanese del mio libro condotta da Antonella Fiori», ci racconta lo slavista, «l’avvocato Giuliano Spazzali mi ha riportato quanto gli aveva confidato verso la fine degli anni Sessanta nel corso di ripetuti colloqui, Jacques Vergès», celebre avvocato transalpino noto per aver difeso i militanti antifrancesi algerini all’epoca della Guerra di Algeria, l’ufficiale delle SS Klaus Barbie (soprannominato «il Boia di Lione»), il primo ministro iracheno Tarik Aziz e molti altri. «Anche per Vergès», continua Catelli, «secondo Spazzali, Camus sarebbe stato eliminato dal Kgb con il tacito accordo dei servizi segreti francesi. Durante le loro conversazioni l’avvocato francese era ritornato più volte sulla questione. Ed è plausibile che fosse a conoscenza di testimonianze dirette visti gli ambienti che frequentava». 
Tuttavia l’incredulità domina ancora in Francia. Oltralpe «l’opinione pubblica è abbastanza conservatrice», ribatte lo studioso italiano, «sia perché è sciovinista, e non vuole che qualcuno che non è francese parli di 
Lo scrittore francese Albert Cam us (1913-1960), prem io Nobel per la letteratura nel 1957 cose francesi, sia a seguito di preclusioni ideologiche. Todd, per esempio, uno dei più recenti biografi di Camus, non nasconde il suo atteggiamento filosovietico e pensa che la mia ricostruzione intenda screditare l’Urss». Ma non tutti sono così. Michel Onfray s’è detto convinto invece che i sovietici progettassero di eliminare Camus, ma che non lo avrebbero sicuramente fatto organizzando un incidente automobilistico. «E io mi chiedo come, allora?», insiste Catelli. 
Che ci sia dolo o meno nell’occultare l’accaduto è difficile dirlo. Le memorie di Zábrana nella versione francese e in quella italiana, che deriva da quella d’Oltralpe, sono ridotte a un centinaio di pagine quando l’originale sfiora le mille. Era quindi inevitabile da parte del curatore Patrik Ourednik selezionare le parti più interessanti per il pubblico occidentale. «È sorprendente però», assicura Catelli, «che abbia escluso proprio quelle righe dove Zábrana riportava l’ipotesi dell’assassinio di Camus per mano dei servizi segreti sovietici. Ho incontrato Ourednik più volte. E nei miei confronti è stato sempre gelido, poco aperto al confronto fino a ritenere le righe escluse poco interessanti». 
Ma perché l’intelligence francese avrebbe avallato l’assassinio di un suo cittadino e per lo più di un Nobel? «La Francia è stata a lungo sotto l’influenza dell’Urss. Ne parla anche il libro La France sous influence », ribadisce Catelli. «De Gaulle è stato blandito per abbandonare la Nato su pressioni di Mosca, ad esempio. L’infiltrazione sovietica a Parigi era notevole in quegli anni, anche grazie al Partito comunista francese che allora era molto forte. Ed è vero che sarebbe stato difficile portare a termine una simile operazione senza un aiuto interno. E poi Camus era mal visto da molti: dai nazionalisti francesi per l’appoggio alla causa algerina, ma anche dai nazionalisti algerini perché contrario all’indipendenza dell’ex colonia».

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