Dirk Kaesler: Max Weber, Eine Biographie, Beck 2014. 1007 S.: mit 77 Abbildungen
domenica 4 maggio 2014
150 anni di Max Weber
L'intervento di Rusconi evidenzia il nesso tra liberalismo e bonapartismo. Anche se adesso a Rusconi tutto ciò piace, mentre prima no. Rusconi, tra l'altro, è diventato un fan di Renzi. E' la triste parabola della sinistra italiana [SGA].
Dirk Kaesler: Max Weber, Eine Biographie, Beck 2014. 1007 S.: mit 77 Abbildungen
Dirk Kaesler: Max Weber, Eine Biographie, Beck 2014. 1007 S.: mit 77 Abbildungen
Risvolto
Max Weber ist einer der einflussreichsten Denker des 20. Jahrhunderts,
doch er war nicht unser Zeitgenosse. Dirk Kaesler zeigt in seiner lang
erwarteten, glänzend erzählten Biographie Max Weber im Koordinatensystem
seiner eigenen Epoche – zwischen der Gründung des Deutschen
Kaiserreichs und seinem Untergang.
Nur wenige Denker werden so
häufig als Interpret unserer Gegenwart in Anspruch genommen wie Max
Weber. Etwa, wenn es um die Frage geht, ob Politiker "Charisma" haben
oder nicht, wenn behauptet wird, dass Politik das "Bohren harter
Bretter" sei oder wenn erörtert wird, ob der Protestantismus "Schuld" am
Kapitalismus trage. Doch es war nicht unsere Welt, die Weber zu seinen
Theorien inspirierte. Dirk Kaesler rekonstruiert die Entstehung von
Webers Werk im Kontext der damaligen Ideen und Kontroversen, zeichnet
seine wissenschaftlichen und politischen Aktivitäten nach und
entschlüsselt eindrucksvoll den Menschen Max Weber. Dabei wird deutlich,
wie sehr sowohl das wissenschaftliche Werk als auch das lebenslange
politische Engagement dieses Mannes untrennbar mit seinen diversen
Familiensystemen verbunden waren und nur aus diesen verstanden werden
können. Leben wie Werk Max Webers sind vorgeprägt von Vorfahren,
Großeltern, Eltern und Geschwistern, deutschen Städten und ihren
Bürgern. Seine bedeutenden wissenschaftlichen Leistungen sind zugleich
das Werk seines eigenen Lebens wie auch das jener vielen Menschen, die
dieses Leben begleitet und mitbestimmt haben.
Weber, l’infanzia liberale del leader carismaticoNasceva 150 anni fa il sociologo tedesco che definì alcuni concetti della politica ancora oggi cruciali L’attualità della sua concezione religiosa
di Gian Enrico Rusconi La Stampa 4.5.14
«La politica come professione», «il
capo carismatico», «l’etica della convinzione e l’etica della
responsabilità» , «L’etica protestante e lo spirito del capitalismo»,
«la razionalità come essenza dell’Occidente» . A chi non capita oggi, in
una dotta conversazione anche tra amici, di usare queste espressioni,
sicuro di trovare approvazione? E’ l’eredità intellettuale di uno dei
«classici» della scienza politica, della sociologia, della storia del
secolo passato – Max Weber.
Di lui si ricorda in questi giorni il
centocinquantesimo della nascita. Il rito degli anniversari si presta a
due operazioni. O è un ripasso di citazioni. O offre l’occasione di
rivisitare qualche punto critico per verificarne la forza analitica,
ancora oggi.
Cominciamo dalla politica. Weber coltiva un realismo
politico che non lascia spazio a quella enfasi sulla «società civile»,
sui concetti di «cittadinanza» e di «partecipazione democratica» che è
caratteristica del nostro tempo. La democrazia per lui è sostanzialmente
un meccanismo di governo di interessi che richiedono una guida, un
leader (ovvero con il termine tedesco storico, che alle nostre orecchie
suona sinistro, un Führer). Il leader naturalmente deve essere espresso
da meccanismi elettivi: «Un Parlamento forte e partiti parlamentari
responsabili devono fungere da luoghi di selezione e di prova dei capi
delle moltitudini come reggitori dello Stato». Ma il capo è tale
soltanto se possiede il «carisma», se possiede doti di attrazione,
consenso e «seduzione di massa». Si deve proprio a Weber l’utilizzo
definitivamente positivo di questo concetto in politica, anche se ha
ambigue componenti di tipo «demagogico».
E’ facile vederne oggi il
potenziale pericoloso (la Führerdemokratie, che alcuni studiosi italiani
traducono con imbarazzo oscillando tra «democrazia autoritaria» o
«democrazia guidata»). Non c’è dubbio alcuno però che Weber, convinto
liberale, non coltivasse alcuna tendenza autoritaria. Pensava ad una
sorta di democrazia presidenziale che, lui vivente, si sarebbe potuto
instaurare in Germania dopo la prima guerra mondiale. La scomparsa
prematura (1920) di Weber gli ha impedito di verificare se la sua
ipotesi avesse contribuito a portare alla crisi la democrazia tedesca,
per l’abuso delle competenze presidenziali della Costituzione
weimariana, aprendo le porte al Führer per antonomasia.
A questa
problematica è dedicato il saggio La politica come professione.
Solidamente inquadrate in un’etica politica (distinta tra convinzione e
responsabilità), ancorate ad una robusta idea di professione/vocazione
(di lontana matrice religiosa) le tesi weberiane sono esenti da ogni
sospetto di tendenze fascistoidi o autoritarie o populiste (come diciamo
noi oggi). Si può obiettare che la lezione weberiana rimane
sostanzialmente di ordine etico, senza che abbia trovato una chiara
formula politico-istituzionale. Ma come negare che di fatto oggi le
democrazie più efficienti sono quelle che hanno esecutivi guidati da
personalità che contano su forti competenze istituzionali e posseggono
capacità decisionali? Che godono di un consenso di massa che utilizza
anche spregiudicatamente il sistema mediatico (ignoto a Weber)? Insomma
in qualche modo sono capi carismatici?
Certo: contro ogni deriva o
tentazione populista vale la raccomandazione che il vero leader sa
contemperare la determinazione all’azione che gli deriva dalle sue
convinzioni con l’etica della responsabilità verso la pluralità degli
interessi che deve governare. Compreso un oculato calcolo delle
conseguenze non previste delle sue decisioni.
Questo ci porta ad
alcune considerazioni sull’altra tesi che fonda il pensiero di Weber: la
razionalità o il razionalismo come tratto caratterizzante, anzi come
«essenza» dell’Occidente. Alcune sue pagine sembrano l’apoteosi del
razionalismo occidentale, che trova la sua realizzazione nello Stato
moderno, dotato di una costituzione razionalmente promulgata, di un
diritto razionalmente costituito, di un’amministrazione di funzionari
specialisti, affiancato dalla scienza della politica e dalla
organizzazione capitalistica dell’economia, che è definita «la potenza
più fatale» dell’Occidente.
Weber naturalmente vede i lati negativi
di questa costruzione. Da un lato la burocratizzazione del sistema che
lo riduce ad una paralizzante «gabbia d’acciaio» e dall’altro la
subordinazione della logica del capitalismo ad una visione e ad una
pratica predatoria, mentre l’economia produttiva reale lascia il posto
alla mera speculazione finanziaria. E’ l’esito che abbiamo sotto i
nostri occhi.
Ma a questo punto dobbiamo allargare il discorso
sull’idea di razionale e di razionalità che percorre il pensiero
weberiano – dalla politica, all’economia, alla religione. La razionalità
infatti convive sempre con il suo opposto, con l’irrazionalità.
L’irrazionale è il polo di rimando del razionale e allo stesso tempo ciò
che, nel suo nucleo profondo, è ad esso irriducibile. Esprime «la
vita», nel cui ambito si genera l’elemento carismatico, profetico,
demoniaco e l’erotico – tutte potenze attive e positive dell’esperienza
vitale.
Il testo che tratta questa problematica è la Considerazione
intermedia (nella Sociologia delle religioni) dove l’esistenza umana è
presentata come un insieme di sfere vitali in conflitto tra di loro,
perché ciascuna segue una sua propria logica specifica. Così è per la
sfera dell’etica religiosa che entra in tensione con la sfera
dell’economia e della politica che è la depositaria del monopolio
dell’uso legittimo della forza. Ma non meno drammatica e radicale è la
tensione tra la sessualità e l’etica della fratellanza, tra la sfera
erotica e quella della religione. L’erotismo in particolare appare come
una forza di rottura irresistibile verso l’irrazionale, «una porta verso
il nucleo più irrazionale e insieme più reale della vita». Ma è nella
sfera religiosa che si consuma il contrasto più radicale. «Con la
crescita del razionalismo della scienza empirica la religione viene
progressivamente cacciata dal regno del razionale nell’irrazionale e
diventa la potenza irrazionale e antirazionale sovrapersonale tout
court».
Sono frasi forti, un po’ enigmatiche nella loro
perentorietà. Ma offrono uno sguardo enormemente più penetrante dei
dibattiti oggi correnti sulla secolarizzazione o viceversa sul «ritorno
delle religioni», sulla potenza dei nuovi carismi comunicativi delle
personalità religiose. Il Weber studioso del fenomeno religioso si
conferma intellettualmente stimolante come e più dello studioso del
razionalismo capitalistico o della politica. Meriterebbe maggiore
attenzione anche nel discorso pubblico e pubblicistico.
“Protestantesimo e capitalismo. Galeotta fu la Roma cattolica”
Il biografo tedesco: colse il nesso nel suo soggiorno italiano
intervista di Tonia Mastrobuoni La Stampa 4.5.14
È
uscita ora in Germania la sua monumentale biografia su Max Weber, edita
da C.H. Beck: il sociologo dell’Università di Marburg, Dirk Kaesler, è
considerato da decenni tra i massimi conoscitori del padre della
sociologia. E una sua vecchia monografia sul genio prussiano è stata
pubblicata anni fa anche in Italia, dal Mulino. Ma Kaesler, pur
riconoscendone la modernità in alcune, profetiche tesi - la
burocratizzazione di tutto, il predominio del capitalismo d’impresa e
della razionalità occidentale - invita sempre a considerare con grande
cautela la presunta «modernità» di Max Weber. Infine, sull’intuizione
più nota, quella sul presunto nesso tra etica protestante e capitalismo,
lo studioso ha scoperto che l’Italia c’entra moltissimo. Anzi,
paradossalmente, con la più famosa teoria economica sul protestantesimo,
c’entra moltissimo la capitale mondiale del cattolicesimo: Roma.
Quanto è attuale il pensiero di Max Weber, ad esempio la sua analisi sul rapporto tra razionalità e Occidente?
«Io
sono fra coloro che tentano di proteggere Max Weber da un’eccessiva
modernizzazione. Non credo che si possa capire il suo pensiero
slegandolo dalla sua epoca. E’ inutile chiedersi, per fare un esempio,
“cosa avrebbe detto Max Weber sulla crisi in Ucraina”. Tuttavia esistono
tre grandi temi che lo rendono eterno. Primo, il concetto del
“betriebskapitalismus”, del capitalismo d’impresa razionale che è
diventato poi imperante. Il secondo è quello della progressiva
burocratizzazione di tutto. Ma forse è il terzo ad impegnarci di più, al
giorno d’oggi: quello della razionalità occidentale e della posizione
dell’Occidente rispetto al resto del mondo. Weber era convinto che prima
o poi avrebbe prevalso su tutto. Oggi, invece, ci accorgiamo più che
mai che ci sono forti resistenze a questo modello - basti pensare
all’Islam. Però bisogna fare attenzione nell’adottare il pensiero di
Weber senza filtri: va sempre calato nella sua epoca e interpretato con
spirito critico».
Uno dei saggi più famosi ma anche più criticati è
quello sul rapporto tra etica protestante e capitalismo. Quanto
sopravvive oggi di quella tesi?
«Nella mia biografia cerco di
raccontare quanto sono state importanti Roma e l’Italia per Max Weber. E
sono il primo a farlo. Weber cominciò a scrivere quell’opera proprio a
Roma: non è un dettaglio. Vivendo quotidianamente il cattolicesimo,
Weber ha cominciato a riflettere su se stesso e sulla sua confessione,
sul protestantesimo. E’ un nesso importante: l’Italia vissuta da Weber,
la leggerezza degli italiani, la loro voglia di vivere, lo indussero a
riflettere sulla sua identità di prussiano, sul protestantesimo, sulla
sua “pesantezza”».
Molti, però, hanno messo in discussione la causalità tra etica protestante e capitalismo.
«Certo,
ma al di là della critica sui singoli punti, quello dell’etica
protestante e il capitalismo è divenuto un grande filone narrativo della
sociologia moderna. E’ diventato talmente un luogo comune che in molti
Paesi funziona come una profezia che si autoavvera. Quindi non conta più
che Max Weber abbia avuto ragione a scrivere che il calvinismo abbia
predestinato determinati popoli al capitalismo (o viceversa, come
sostiene qualcuno). E’ una tesi che funziona perché la gente ci crede,
negli Stati Uniti la “Weber thesis” funziona perché è nota a tutti,
anche tra milioni di persone che non hanno mai letto una riga di Weber».
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