Maurizio Migliori: Il Disordine ordinato. La filosofia dialettica di Platone, 2 voll., 1500 pgg., Morcelliana
Risvolto
Questa
ampia e innovativa ricostruzione della filosofia di Platone nasce da
due convinzioni di fondo. La prima, di metodo, è che una chiave
interpretativa trova la sua legittimità se riesce a integrare in un
quadro non dogmatico, ma logico e unitario, i tanti pezzi del puzzle
costituito dai testi platonici. La seconda, di contenuto, è che occorre
prendere sul serio l’indicazione, più volte data da Platone, che un
filosofo scrive nella forma del “gioco serio”, in modo da spingere il
lettore, attraverso provocazioni e sollecitazioni, a pensare. Così il
filosofo ateniese ha applicato alla scrittura la sensibilità maieutica
di Socrate: scopo di un maestro è aiutare l’allievo a “fare filosofia”,
non a impararla. Il risultato è una meravigliosa serie di dialoghi che
manifestano in crescendo il “sistema” dell’autore come un filosofare in
atto, attraverso materiali di riflessione e problemi tesi ad attivare il
lettore e quasi a costringerlo a “cercare le risposte”.
Emerge una
filosofia dominata dalla dialettica intero-parti, una sorta di “teoria
dei sistemi” di natura metafisica, sorretta però da un’acuta sensibilità
per i limiti dell’essere umano e per i problemi concreti che bisogna
affrontare: un paradigma, quello platonico, articolabile ai vari livelli
della realtà, dalla dimensione empirica fino alle Idee e ai Principi.
Quest’opera
in due tomi, frutto di una lunga ricerca, scava in profondità i
maggiori temi che Platone ha affidato ai dialoghi scritti, rinviando il
riferimento ulteriore alle Dottrine non scritte, che pure costituiscono
un orizzonte conosciuto e ineliminabile, nel tentativo di uscire dal
blocco analitico cui è giunta l’ermeneutica platonica. In questo senso
il suo orizzonte è un “disordine ordinato”: cercare la logica di un
sistema, senza accontentarsi di ridurre la filosofia di un genio, in
presenza di tutti i suoi scritti e di una molteplicità di testimonianze
indirette, a un “rebus avvolto in un mistero”.
MAURIZIO MIGLIORI è
ordinario di Storia della filosofia antica all’Università di Macerata.
Membro del Direttivo e Vicepresidente della Società Italiana di Storia
della Filosofia Antica (SISFA) dal 2009 al 2013, rappresentante
dell’Europa nell’Executive Committee della International Plato Society
(IPS) dal 2001 al 2007, presenta qui la sintesi di una vita dedicata a
Platone. Ha pubblicato volumi sui principali dialoghi dialettici (Parmenide, Sofista, Politico e Filebo) e saggi in riviste italiane e straniere.
Vince la sfida dei «logoi»
I
testi platonici sono pieni di contraddizioni, aporie, problemi
irrisolti. Ma sono in linea con l'arte del maestro Socrate: non proporre
tesi, ma un metodo per pensare
di Maria Bettetini il Sole24ore domenica 1.6.14
Platone
al centro di un mistero, Platone sconfitto. Nessuno ha ancora scritto
gialli con Platone protagonista, come invece ne esistono per Aristotele e
altri filosofi, ma non stiamo parlando di un thriller. Stiamo leggendo
un'opera in due volumi, millecinquecento pagine, scorrevole non proprio
come un romanzo giallo, ma molto vicina a una lettura appassionante. È
una nuova introduzione al pensiero di Platone, dove Maurizio Migliori
raccoglie il portato di decenni di lavoro sulle pagine platoniche, e
insieme rilancia un programma di lavoro per almeno altrettanti decenni.
Non quindi uno studio sulle possibili interpretazioni di Platone, ma una
lettura attenta e ripetuta dei Dialoghi e delle Lettere, e un invito a
un rinnovato studio di ogni opera. A prima vista, si potrebbe pensare a
un testo introduttivo più lungo degli altri, che non trascura né etica
né politica, né i discorsi sull'anima né la definizione di dialettica.
Ma il lettore rimane spiazzato da quanto si diceva all'inizio: il
mistero e la sconfitta del filosofo ateniese dalle spalle larghe (o
forse dalla fronte ampia, o grande e grosso, platýs).
Afferma infatti
Migliori che è ben strana l'assenza di un quadro unitario nelle
interpretazioni platoniche, essendo in possesso molto probabilmente
della sua intera produzione scritta. Ne fa fede anche l'opposta via
percorsa dai suoi seguaci, le soluzioni di Aristotele da una parte,
neoplatoniche dall'altra, del problema del rapporto tra principio e
principiato, tra Bene e molteplicità, risolto con l'eliminazione del
Demiurgo oppure riducendo la polarità a una unità dell'ineffabile primo
principio.
Perché i testi platonici sono pieni di contraddizioni, di
prese di posizioni opposte, di aporie ovvero problemi irrisolti? La
risposta secondo Migliori è in quella che definisce la sconfitta del
filosofo. Le opere infatti avrebbero dovuto essere solo un invito alla
filosofia, non l'esposizione di un sistema o anche solo di alcune
soluzioni ai grandi problemi filosofici. Fedele alla linea di pensiero e
di condotta del suo maestro Socrate, Platone non avrebbe abbandonato la
maieutica, l'arte del far nascere il pensiero nella mente di chi
ascolta, nel suo caso di chi legge. Lungi dall'imporre le proprie
vedute, il gioco sarebbe stato quello di mettere per scritto alcuni
possibili percorsi mentali, affidando ai diversi personaggi i ruoli del
maestro (Socrate) e quello dell'allievo più o meno recalcitrante. Nessun
mistero quindi, ma solo una sconfitta, quella di essere stato da subito
letto come un propositore di tesi e non di metodo. Molto si è dibattuto
dagli anni Ottanta intorno alle dottrine non scritte di Platone, che,
secondo testimonianze anche aristoteliche (Migliori le raccoglie in una
cospicua appendice), avrebbero spostato il pensiero del filosofo
dall'aporia del dibattito aperto alle certezze di un primo principio,
Uno e Bene, contrapposto alla molteplicità del disordine della materia
priva di forma. In questo libro Migliori, da sempre allievo di Giovanni
Reale, quindi acceso simpatizzante del valore protologico delle dottrine
non scritte, sposta l'attenzione più sul metodo che sul contenuto. Con
un rispetto del testo da lui stesso definito "religioso", riconosce
negli scritti il "gioco" descritto nel Fedro, che per necessità rimanda
ad altro, a una filosofia che può sorgere solo nel confronto dialettico e
non può essere messa su carta (su papiro o pergamena che sia). Le
pagine del Fedro hanno sempre costituito una bella sfida per gli storici
della filosofia: il primo autore di pagine filosofiche scritte in bello
stile, senza la cripticità di un Eraclito detto l'oscuro, o di un
Parmenide non in prosa, questi primi scritti adatti al pubblico degli
incolti, essoterici quindi, non sarebbero una cosa seria.
Gli scritti
servirebbero solo a riportare alla memoria ciò che già si è appreso
attraverso il dialogo dialettico con il maestro, non a ricostruirlo in
contumacia, per così dire. Sarebbero come le pallide piantine che
crescono in poco tempo bagnando direttamente i semi (chi non ha fatto
crescere così lenticchie e fagioli alle scuole elementari?): danno
l'idea di un prato o una piantagione, ma muoiono in fretta, non
diventano mai adulte. Ad Atene si chiamavano "giardini di Adone", si
preparavano nel caldo estivo per ricordare la morte prematura del
bellissimo fanciullo. Sono giardini per finta, così come le parole
scritte sono logoi "per gioco", come si legge nel Fedro: «Il gioco
davvero bello, in confronto all'altro che non ha valore, è quello invece
di giocare con i logoi, narrando racconti (mythoi) sulla giustizia e
altri argomenti». Fare, e non subire, la filosofia.
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