domenica 15 giugno 2014

Tradotto "Il governo dei viventi" di Michel Foucault


Del governo dei viventi. Corso al Collège de France (1979-1980)Michel Foucault: Del governo dei viventi, Feltrinelli

Risvolto
Del governo dei viventi costituisce un passaggio cruciale nella storia dei regimi di verità che Michel Foucault sviluppa nell'insieme dei corsi al Collège de France. Dopo aver esplorato il campo giuridico e giudiziario e quello politico si rivolge qui alle pratiche e alle tecniche del sé, al campo dell'etica. Si domanda: "come accade che, nella cultura occidentale cristiana, il governo degli uomini richiede a coloro che sono diretti, oltre ad atti di obbedienza e di sottomissione, anche atti di verità che hanno di particolare il fatto che al soggetto non solo si richiede di dire il vero, ma di dire il vero riguardo a se stesso, alle sue colpe, ai suoi desideri, allo stato della sua anima ecc.?". La questione lo conduce da una rilettura dell'Edipo re di Sofocle all'analisi degli "atti di verità" del cristianesimo primitivo, attraverso le pratiche del battesimo, della penitenza e della direzione di coscienza. Foucault si interessa agli atti tramite i quali il credente è chiamato a manifestare la verità a proposito di sé, in quanto essere indefinitamente fallibile. Dall'espressione in pubblico della propria condizione di peccatore, nel rituale della penitenza, alla verbalizzazione minuziosa dei propri pensieri più intimi, nell'esame di coscienza, si vede disegnarsi l'organizzazione di un'economia pastorale centrata sulla confessione. 

Leggi anche qui per l'edizione francese


Foucault Anarcheologia del potere
di Sebastiano Maffettone
 il Sole24ore domenica 15.6.14

L'uscita di un'opera di Michel Foucault rappresenta sempre un evento culturale di rilievo. Lo si può dire anche per questo volume intitolato Del governo dei viventi, pubblicato ora in italiano da Feltrinelli dopo l'edizione francese del 2012 curata da Michel Senellart, autore anche di un'utile Nota finale. Il corso in questione segue quello più famoso sulla biopolitica, in cui Foucault chiariva come il biologico influenzi il politico e viceversa. Negli anni precedenti, lo stesso Foucault aveva proposta la centrale nozione filosofico-politica di governamentalità, come contrapposta alla sovranità hobbesiana, e letto il liberalismo come tecnica o regime di governo. All'interno di questo quadro categoriale, il corso del 1979-1980 presenta un'idea centrale, che è poi quella del titolo del volume, sul «governo dei viventi». Dopo aver chiarito nel primo capitolo la natura di questo concetto, il corso è diviso in due parti. 
La prima parte ripercorre la vicenda dell'Edipo Re di Sofocle, e la seconda – in maniera più sorprendente – discute temi della tradizione patristica cristiana. Il trait d'union tra le due parti riguarda ovviamente il governo dei viventi in termini di "aleturgia". Con questo inconsueto termine, Foucault intende riferirsi al fatto che non è possibile «dirigere gli uomini senza fare delle operazioni nell'ordine del vero». Queste operazioni poi, pur essendo necessarie, sono sempre "eccedenti" rispetto a quanto serve per governare in modo efficace. In questo modo, Foucault vuole mettere da parte ogni interpretazione strumentale del rapporto tra potere e verità. Un "atto di verità" ritualizza il potere ma non ne costituisce uno strumento. Da ciò si ricava che un "regime di verità" è quello che obbliga gli individui ad aderire ad atti di verità. Un esempio storicamente rilevante è costituito dalla perenne lotta della ragion di stato contro il magico, a cominciare da stregoni e indovini.
Questa lotta è fatta propria anche dalla tradizione ecclesiale, che Foucault rilegge non solo attraverso Cassiano, Agostino e Tertulliano ma con l'ausilio di sofisticata letteratura secondaria. Se la filosofia in generale è, per il nostro, un modo permanente per riflettere sul rapporto con la verità, nel corso del 1979-1980 questa riflessione si applica più esplicitamente alla questione della governabilità. Coevo alla scrittura della parte finale della Storia della sessualità, il discorso sul governo dei viventi propone una lettura diversa da quella nicciana, attribuita di solito anche a Foucault stesso, del nesso potere-sapere. Quest'ultimo viene ricompreso in un atteggiamento piuttosto che in una visione teoretica, atteggiamento che, con qualche auto-ironia, Foucault battezza di «anarcheologia». Si denuncia in questo modo l'assoluta non-necessità di ogni potere. La dove al fascino indubbio del movimento decostruttivo si accompagna, come di consueto, l'impossibilità di ogni speranza normativa.

 

Michel Foucault, l’immanenza della libertà
Michel Foucault. A trenta anni dalla scomparsa, l’opera del filosofo francese costituisce ancora un laboratorio teorico da esplorare. In Italia pubblicate da Feltrinelli le lezioni al Collège de France su «Il governo dei viventi»
Roberto Ciccarelli, 25.6.2014 il Manifesto

Nel tren­ten­nale dalla scom­parsa di Michel Fou­cault, la tra­du­zione in ita­liano del corso al Col­lège de France Del governo dei viventi (Fel­tri­nelli, pp 384, euro 35, a cura di Pie­raldo Rovatti e Debo­rah Borca) è l’occasione per rac­con­tare gli ultimi cin­que anni di ricerca del filo­sofo fran­cese. Dal 1980 al 1984 Fou­cault rivo­lu­ziona ancora una volta il suo pen­siero. Que­sta svolta è stata con­si­de­rata come un riflusso del cri­tico del potere verso tema­ti­che nar­ci­si­sti­che. Il pas­sag­gio dall’analisi del sistema car­ce­ra­rio di Sor­ve­gliare e punire alla genea­lo­gia delle pra­ti­che di sé nell’antica Gre­cia o negli stoici di epoca romana a molti era sem­brato la subli­ma­zione della sin­go­la­rità di un filo­sofo dichia­ra­ta­mente omo­ses­suale o la cele­bra­zione di un dan­dy­smo tra­sgres­sivo.
Nulla di più fuor­viante, come lo stesso Fou­cault ha pre­ci­sato a lungo e tem­pe­sti­va­mente. Le ricer­che sulla poli­tica e il sistema car­ce­ra­rio che lo ave­vano reso cele­bre come intel­let­tuale mili­tante con la pub­bli­ca­zione di Sor­ve­gliare e Punire nel 1975 erano uno degli assi etico-politici di un per­corso che dal 1976, con la pub­bli­ca­zione del primo volume sulla sto­ria della ses­sua­lità (La volontà di sapere), si sarebbe svi­lup­pato in seguito anche su un’asse etico-sessuale.
 

La natura del potere
Fino a quel momento, Fou­cault aveva ana­liz­zato la ses­sua­lità nella moder­nità occi­den­tale dal XVI al XIX secolo. A par­tire dal 1977, e da que­sto corso nel 1980 in poi, la stu­dia nell’antichità greco-romana e nei primi secoli del cri­stia­ne­simo. Que­sto viag­gio tra epo­che sto­ri­che molto lon­tane ha susci­tato per­ples­sità tra gli sto­rici e gli esperti delle disci­pline che Fou­cault seziona e ricom­pone, seguendo obiet­tivi che non rispet­tano appa­ren­te­mente l’oggettività di una ricerca sto­rica né la linea­rità della sto­ria della filo­so­fia.
Gli affondi genea­lo­gici sulla sto­ria della ses­sua­lità o sull’economia del potere pasto­rale cri­stiano basato sulla con­fes­sione, non ven­gono ope­rati da Fou­cault in qua­lità di sto­rico o di filo­sofo di pro­fes­sione. La sto­ria, anche quella della filo­so­fia, lo inte­ressa nella misura in cui può svi­lup­pare l’analisi a par­tire da un pro­blema che si pone nel pre­sente: la libe­ra­zione del sog­getto e la costi­tu­zione den­tro e con­tro il potere di una sog­get­ti­vità auto­noma.
Negli ultimi cin­que anni della sua vita, Fou­cault ha indi­riz­zato le ener­gie sullo stu­dio delle lotte con­tro gli assog­get­ta­menti etici. A suo avviso, nel XX secolo il prin­ci­pale obiet­tivo di que­ste lotte è stato quello di bat­tersi non solo con­tro le isti­tu­zioni del potere, di classe o delle élite, ma con­tro una forma di potere che fissa il sog­getto in una indi­vi­dua­lità cri­stal­liz­zata impo­nen­dole l’identificazione con una verità, l’unico regime in grado di tra­sfor­mare l’individuo in sog­getto. Per que­sta ragione egli è risa­lito alle ori­gini del cri­stia­ne­simo iden­ti­fi­cando nel potere pasto­rale il modo per assog­get­tare l’individuo alle pra­ti­che del bat­te­simo, della con­fes­sione, della peni­tenza o dell’esame di coscienza.
Que­ste moti­va­zioni sono chiare nel governo dei viventi dove Fou­cault ana­lizza gli «atti di verità» nel cri­stia­ne­simo delle ori­gini dopo quat­tro incon­tri dedi­cati allo stu­dio dell’Edipo Re. Que­sto stu­dio sulla tra­ge­dia greca con­ti­nuerà negli anni suc­ces­sivi svi­sce­rando le ragioni della par­re­sia, intesa come il corag­gio di chi dice il vero al potere. Nel frat­tempo, dal 9 gen­naio al 26 marzo 1980, Fou­cault discute le pra­ti­che attorno alle quali si è strut­tu­rato l’obbligo degli uomini di espri­mere ciò che sono in vista della remis­sione delle colpe e della sal­vezza. Sono que­sti gli ele­menti sui quali si è ini­ziato a costruire il dispo­si­tivo della «sog­get­ti­va­zione» che oggi lavora «da den­tro» il sog­getto tra­sfor­man­dolo in un «fedele» o in un «cit­ta­dino» di una società disci­pli­nata.
Negli anni Set­tanta, in corsi come Biso­gna difen­dere la società, Fou­cault aveva stu­diato que­ste pra­ti­che nella moder­nità. Il sog­getto da lui descritto era però sem­brato il cor­re­lato alie­nato dei dispo­si­tivi che lo gover­na­vano, un’identità impo­sta dallo Stato, dai sistemi nor­ma­tivi della ses­sua­lità tra­mite l’educazione, la giu­sti­zia, il car­cere o dai campi del sapere della medi­cina o della psi­co­lo­gia. In que­sto uni­verso con­ce­tra­zio­na­rio, la sal­vezza poteva essere tro­vata solo nella fol­lia, nel cri­mine, nell’estetica o nella let­te­ra­tura.
Cali­brando invece il bari­cen­tro della ricerca sulle tec­ni­che di esi­stenza dei greci o degli stoici, Fou­cault fa emer­gere un’altra tipo­lo­gia del sog­getto: non più costi­tuito dall’alto, ma attra­verso pra­ti­che rego­late da lui stesso. La sua tesi è che que­sto pro­getto rimandi ad una serie di pra­ti­che di «con­tro­con­dotta» che non solo por­tano il sog­getto a resi­stere, ma a costi­tuirsi diver­sa­mente rispetto alla verità sta­bi­lita dall’autorità poli­tica o reli­giosa. Il cuore di que­sta stra­te­gia è la cono­scenza di sé e la «forza del vero» ricer­cata atti­va­mente dal sog­getto il quale, una volta espe­rita tale cono­scenza, ini­zia ad agire sul governo delle pro­prie con­dotte e di quelle altrui. In altre parole, com­pie un’azione poli­tica di segno diverso rispetto a quelle fatte sotto l’egida dello stato, del mer­cato o del potere i quali impon­gono dall’alto una verità in forza di un regime pre­sta­bi­lito della verità.
Per Fou­cault la lotta in corso non è tanto quella di libe­rare l’individuo dallo Stato e dalle sue isti­tu­zioni, quanto di libe­rare noi stessi dallo Stato e dal tipo di indi­vi­dua­liz­za­zione a cui siamo legati. Gli stru­menti per «creare nuove forme di sog­get­ti­vità» in un mondo come quello neo­li­be­rale, descritto tra il 1978 e il 1979 nei corsi su La nascita della bio­po­li­tica e Sicu­rezza, ter­ri­to­rio e popo­la­zione, sono stati adot­tati sin dall’antica Gre­cia e a Roma, pefe­zio­nati o stra­volti dal cri­stia­ne­simo. E hanno accom­pa­gnato la moder­nità, come il filo­sofo dimo­stra nella fol­go­rante ana­lisi della filo­so­fia cinica e delle pra­ti­che mili­tanti socia­li­ste nel XIX secolo ne Il corag­gio della verità.
 

Este­tica dell’esistenza 
Dalla cono­scenza di sé deriva un’ipotesi, sem­pre aperta e da veri­fi­care, di governo di sé e degli altri. Con­ce­pire un’idea «vera» signi­fica col­la­bo­rare a creare una società più giu­sta. Da que­sto lavoro etico sull’esistenza, che com­prende anche l’«estetica dell’esistenza» fonte di malin­tesi, il sog­getto potrà ambire a cam­biare il suo modo di vivere creando regimi nor­ma­tivi o di governo diversi da quelli dov’è nato.
Per fare que­sto biso­gna tra­sfor­mare il discorso sulla verità, riser­vata al cri­stia­ne­simo, allo Stato oppure alla sto­ria della filo­so­fia, in un prin­ci­pio per­ma­nente e attivo di un sog­getto che si tiene lon­tano tanto dalle costi­tu­zioni tra­scen­den­tali, quanto dalle fon­da­zioni morali. Il «vero» non si limita ad un discorso, ma è una ragione di vita che si spe­ri­menta met­ten­dola alla prova tra­mite una veri­fica. Ciò che Fou­cault ha messo a dispo­si­zione è un’etica dell’immanenza, della cri­tica e della stra­te­gia in una vita che sta­bi­li­sce la piena appar­te­nenza a se stessa e alla sua sto­ria.
L’oggetto di que­sto pen­siero dell’immanenza è la poli­tica della verità. La ses­sua­lità rap­pre­senta uno degli ambiti, non l’unico, dove si svolge que­sta lotta. Il sog­getto, di cui Fou­cault vuole fare la sto­ria, è il risul­tato, ma anche la con­di­zione di una ten­sione poli­tica con­ti­nua. Nelle lezioni del governo dei viventi, que­sta ten­sione viene intesa come ale­tur­gia. Rispetto all’uso che di que­sto con­cetto (alé­theia) ne ha fatto Hei­deg­ger, Fou­cault abban­dona gli aspetti meta­fi­sici legati alla rap­pre­sen­ta­zione (la verità come «sve­la­tezza»), pre­fe­rendo l’aspetto del resto noto allo stesso Hei­deg­ger: la verità viene espe­rita nella vita del sog­getto, quello che sostiene Pla­tone nel mito della caverna. Fou­cault fa un passo in avanti e defi­ni­sce tale verità in quanto ale­tur­gia «l’insieme delle con­dotte, ver­bali e non, attra­verso le quali emerge ciò che è posto come vero in oppo­si­zione al falso, al nasco­sto, all’indicibile, all’imprevedibile, all’oblìo».
 

Le regole della coscienza
Su que­sta base egli affronta il cri­stia­ne­simo dal punto di vista degli atti di con­fes­sione e non degli atti di fede ai quali di solito si pre­sta più atten­zione. Per Fou­cault sono il pro­dotto di due regimi di verità distinti, stret­ta­mente col­le­gati ma che rispon­dono ad una mor­fo­lo­gia dif­fe­rente: l’exo­mo­lo­gesi, mani­fe­sta­zione dram­ma­tica di se stessi attra­verso la quale il pec­ca­tore chiede di essere riam­messo nel corpo della chiesa nel rito della peni­tenza cano­nica; l’exa­go­reu­sis, la pra­tica dell’esame di coscienza nel qua­dro della dire­zione mona­stica.
Il discorso si con­cen­tra su quest’ultima pra­tica orien­tata verso la per­ma­nente ver­ba­liz­za­zione dei moti più segreti della coscienza che le regole mona­sti­che ripren­dono dal vec­chio pre­cetto del­fico «cono­sci te stesso» tra­sfor­man­dolo nella con­fes­sione dei pen­sieri alla guida spi­ri­tuale. Per Fou­cault è l’inizio dell’ermeneutica del sé, una pra­tica nata da un’ingiunzione etica che il sog­getto pone a se stesso e che costi­tui­sce l’origine della sog­get­ti­vità moderna.

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