martedì 16 settembre 2014

E' stato Caino o è stato Togliatti?


IMRE NAGY, UN UNGHERESE COMUNISTA OPERA
Romano Pietrosanti: Imre Nagy, un ungherese comunista. Vita e martirio di un leader dell’ottobre 1956, Le Monnier, pagine 462, e 28

Risvolto
Questa è la prima biografia di Imre Nagy, il primo ministro della rivoluzione ungherese dell'ottobre 1956, pubblicata in Italia. La sua vita viene attentamente seguita a partire dalla sua nascita nel 1896 nell'Ungheria meridionale e dalla sua adesione e conversione al comunismo nel 1917, fede che non abbandonerà più per tutta la sua vita insieme alla forte coscienza nazionale ungherese. Nagy visse l'attivismo nel partito, l'esilio a Mosca, il ritorno in patria nel dopoguerra e gli incarichi governativi, fino a salire a capo del governo nel giugno 1953. Il suo nuovo corso riformista fu contrastato ed interrotto nella primavera 1955. Così Nagy si ritrovò all'opposizione. L'esplosione rivoluzionaria del 23 ottobre 1956 lo riportò al governo, ma si concluse tragicamente con l'invasione sovietica in forze del 4 novembre 1956, la sua incarcerazione e la sua esecuzione il 16 giugno 1958. La sua riabilitazione il 16 giugno 1989 ha segnato la nascita della nuova Ungheria. Il libro dà conto degli importanti rapporti tra Nagy e il PCI, guidato da Togliatti.



E Togliatti approvò il supplizio di Nagy
di Dino Messina Corriere La Lettura 14.9.14


L’intensa, documentata biografia scritta da Romano Pietrosanti, Imre Nagy, un ungherese comunista. Vita e martirio di un leader dell’ottobre 1956 (prefazione di Federigo Argentieri, Le Monnier, pagine 462, e 28) si conclude con un lungo capitolo dedicato alle responsabilità che il segretario del Pci Palmiro Togliatti ebbe non soltanto nell’intervento sovietico per reprimere la rivolta libertaria, ma anche nella condanna a morte, un paio di anni dopo, del legittimo capo del governo di Budapest. Centrale in questo capitolo non è tanto e solo la posizione dei 101 intellettuali comunisti che si distaccarono dalla linea del più grande Partito comunista dell’Occidente, quanto una lettera inviata da Togliatti al Comitato centrale del Pcus il 30 ottobre 1956, quando i sovietici avevano provvisoriamente deciso il ritiro delle loro truppe da Budapest. Nella missiva il leader italiano metteva in guardia i Cremlino sul doppio pericolo di quella che lui definiva «la rivolta controrivoluzionaria». Da una parte la possibile spaccatura del Pci, in cui una consistente minoranza voleva affidare la segreteria al segretario della Cgil Giuseppe Di Vittorio, che aveva condannato l’invasione. Dall’altra la possibilità che la «direzione reazionaria» presa dai fatti di Ungheria potesse «lesionare l’unità» dello stesso Pcus. Secondo Pietrosanti, quella lettera, che viene citata in sole tre parole nella importante biografia di Togliatti di Aldo Agosti, fu determinante nel far prevalere la fazione staliniana che faceva capo a Molotov, favorevole al nuovo e definitivo intervento. Togliatti ebbe anche una responsabilità nella condanna a morte di Nagy, come dimostra il resoconto che János Kádár, capo del nuovo governo filosovietico, fece dell’incontro con Togliatti avvenuto a Mosca il 10 novembre 1957, in preparazione di un vertice dei partiti comunisti. Togliatti avrebbe chiesto a Kádár una sola cortesia, di rinviare l’esecuzione a dopo le elezioni italiane del 25 maggio 1958. L’unico leader a pronunciarsi contro la condanna, eseguita il 16 giugno, fu il polacco Gomulka.

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