domenica 5 ottobre 2014

"Bibliopride": le biblioteche italiane chiudono. E anche le librerie, per motivi diversi

A Urbino, città universitaria, due in una settimana [SGA].
Bibliotecari in rivolta: «Senza personale e acquisti chiudiamo»

Spending Review. BiblioPride 2014, i bibliotecari in piazza. Un mese di iniziative promosse dall'Aib. L'austerity è un inferno che produce l'inimmaginabile: «Lo Stato ha tagliato le gambe, è impossibile rialzarsi. Bisogna creare rete, mettere insieme le poche risorse»

Roberto Ciccarelli, il Manifesto ROMA, 4.10.2014
Dopo Napoli e Firenze ieri l’Associazione Ita­liana Biblio­te­che (Aib) ha inau­gu­rato il terzo «biblio­pride» nazio­nale da Lecce. La mani­fe­sta­zione dell’«orgoglio delle biblio­te­che» si svol­gerà per tutto il mese d’ottobre in Puglia e in molte altre regioni del paese: Abruzzo, Basi­li­cata, Cam­pa­nia, Cala­bria, Emi­lia Roma­gna, Friuli Vene­zia Giu­lia, Lazio, Ligu­ria (per l’elenco com­pleto delle ini­zia­tive: www​.aib​.it). 

«Il Biblio­Pride è diven­tato un appun­ta­mento di valenza cul­tu­rale e civile – afferma Enrica Manenti, pre­si­dente dell’Aib – Delle 65 mila biblio­te­che pub­bli­che in Europa, quasi 6 mila si tro­vano nel nostro paese». Que­sti spazi ver­sano in un pre­sente da incubo e il Biblio­Pride vuole essere anche un’occasione per attrarre l’attenzione su que­sta crisi. Ros­sana Rummo, diret­trice gene­rale per le biblio­te­che del mini­stero dei beni cul­tu­rali (Mibact), ha lan­ciato un grido d’allarme: i gravi tagli alla cul­tura hanno creato un’emergenza nazio­nale can­cel­lando i con­corsi neces­sari per assu­mere nuovo per­so­nale. Non si assu­mono biblio­te­cari dalla metà degli anni Ottanta. Oggi il 50% degli addetti ha un’età media supe­riore ai 60 anni. Con il blocco del turn-over impo­sto dalla spen­ding review degli ultimi governi, com­preso quello attuale gui­dato da Mat­teo Renzi, i biblio­te­cari andranno in pen­sione ma al loro posto non sarà pos­si­bile nem­meno assu­mere gio­vani – o meno gio­vani – con un con­tratto a ter­mine. Favo­rendo così un inse­ri­mento progressivo. 
Tempo qual­che anno e le 6 mila biblio­te­che ver­ranno deser­ti­fi­cate. E i libri reste­ranno soli. Senza per­so­nale e quindi senza let­tori. A que­sto si aggiunge il taglio dei fondi per l’acquisizione di nuovi libri. Tra dieci anni l’accesso alle biblio­te­che e, in gene­rale, alla memo­ria e alla ricerca sarà reso impos­si­bile per la deli­be­rata scelta da parte dello Stato ita­liano di fare a meno della cul­tura pub­blica. «La verità è che l’Italia è un paese imbal­lato sotto molti aspetti, primo quello della dif­fu­sione della cul­tura – afferma Rummo — Lo Stato ha tagliato le gambe, quindi è impos­si­bile rial­zarsi. Di fronte a ciò biso­gna creare rete, met­tere insieme le poche risorse che si hanno. Il Sud è l’espressione più evi­dente della man­canza di atten­zione isti­tu­zio­nale alle biblioteche». 
Per que­ste ragioni il mese dell’orgoglio delle biblio­te­che è stato inter­pre­tato come una riven­di­ca­zione del ruolo, e dell’identità, del biblio­te­ca­rio: «Rap­pre­senta l’insofferenza del bibli­te­ca­rio verso un suo ruolo in par­tenza stig­ma­tiz­zato – aggiunge Manenti dell’Aib — Scen­dere in piazza signi­fica par­lare col cit­ta­dino vis a vis, chie­der­gli mag­giore respon­sa­bi­lità, per­ché sono i cit­ta­dini gli inter­lo­cu­tori finali delle biblio­te­che. Per­ché il pro­blema delle biblio­te­che e dei biblio­te­cari in Ita­lia è un pro­blema col­let­tivo, che riguarda tutti noi. Nes­suno escluso». Un altro aspetto della spen­ding review per­ma­nente che sta facendo a pezzi la cul­tura in Ita­lia è l’abolizione delle province. 
Prima evo­cata da una cam­pa­gna popu­li­sta con­tro la «casta» e le sue favo­lose «pre­bende», poi rea­liz­zata a spiz­zi­chi e boc­coni dal governo Monti e Letta, oggi que­sto evento «epo­cale» ha mol­ti­pli­cato le cari­che della stessa «casta» (sin­daci e altre figure delle nuove «città metro­po­li­tane») e mol­ti­pli­cato il caos nelle biblio­te­che. Ancora oggi non si sa che fine faranno le biblio­te­che pro­vin­ciali. E ignota resta la sorte dei biblio­te­cari che ci lavorano. 
Altro capi­tolo di que­sto libro infer­nale: la «digi­ta­liz­za­zione». Paro­lone in cima a tutti i desi­de­rata degli ultimi governi. Nelle biblio­te­che rischia di scom­pa­rire per carenza di fondi: «Chie­diamo che almeno non si smetta di far fun­zio­nare ciò che va bene, come il nostro invi­dia­bile sistema nazio­nale di biblio­te­che e l’Snd, un cata­logo, gra­tuito per gli utenti, che non ha rivali nel resto del mondo, nato da col­la­bo­ra­zione e con­di­vi­sione». Per Manenti «senza per­so­nale e senza acqui­sti, tanto var­rebbe chiudere».

Biblioteche, un censimento
Per le biblio­te­che il mini­stero dei Beni cul­tu­rali aveva a dispo­si­zione poco più di 122 milioni di euro nel 2013, 13 milioni di meno rispetto al 2012. La pre­vi­sione di spesa per il 2014 è più alta rispetto al 2013, ma rimane comun­que solo 0,19% del bilan­cio dello Stato.
I dati per la spesa per le biblio­te­che degli enti locali sono accor­pati con quelli dei musei e que­sto ovvia­mente non è utile per fare una valu­ta­zione pre­cisa. Per for­nire comun­que un’idea rela­tiva all’impegno di spesa 2011 si può par­lare per le ammi­ni­stra­zioni comu­nali di circa 785 milioni per le spese cor­renti e 177 milioni di spesa in conto capi­tale per biblio­te­che e musei.
Se si esa­mina la spesa per le biblio­te­che anche solo a livello macro si può vedere come la gran parte dei fondi dispo­ni­bili sia desti­nato alla spesa cor­rente per sedi e per­so­nale, ma nono­stante ciò abbiamo per­so­nale insuf­fi­ciente, mal distri­buito e sedi con con­si­stenti pro­blemi di manu­ten­zione e funzionalità.
Negli ultimi anni i tagli gene­rali hanno pra­ti­ca­mente annul­lato le pos­si­bi­lità di inve­sti­mento a par­tire dall’aggiornamento pro­fes­sio­nale fino ad arri­vare a intac­care la spesa cor­rente, il core busi­ness per le biblio­te­che, cioè gli acqui­sti di libri, rivi­ste, ban­che dati, risorse digi­tali ecc. ecc. Pos­siamo cal­co­lare che dal 2012 al 2013 si è avuto un calo di spesa per acqui­sto libri (e altre fonti infor­ma­tive) di circa il 22%.
Pren­dendo in esame i dati dispo­ni­bili sulle biblio­te­che di Ente locale (dati 2012) rile­viamo una spesa media per gli acqui­sti di 7.850 euro che cor­ri­sponde a circa 54 milioni di euro, meno di in euro per ogni cit­ta­dino ita­liano. Ancora un dato orien­ta­tivo ci dice che nel 2012 le biblio­te­che pub­bli­che hanno avuto quasi 100 milioni di visite fina­liz­zate a usu­fruire dei diversi ser­vizi. Il costo quindi per visita è di euro 1,79 circa, poco più di un caffé.
La media ita­liana su base geo­gra­fica come sem­pre è poco signi­fi­ca­tiva: il nord pre­senta per­for­mance di par­ti­co­lare inte­resse anche per la mas­sic­cia pre­senza di reti, effi­caci stru­menti di coo­pe­ra­zione. Il cen­tro pre­senta cri­ti­cità ma anche punti di forza, il sud con­ti­nen­tale si trova in posi­zione arre­trata, a parte alcune ecce­zioni in Puglia, la Sar­de­gna ha risul­tati incoraggianti.

La miopia di una riforma che svilisce le biblioteche
di Tullio Gregory Corriere 29.11.14
Con la riforma del ministero dei Beni e delle Attività culturali il processo di liquidazione del patrimonio archivistico e librario affidato alle cure dello Stato giunge al suo esito estremo: le biblioteche storiche (e gli archivi) sono in gran parte private del ruolo dirigenziale, la loro direzione affidata a impiegati senza preparazione specialistica e vengono ridotte al rango di uffici periferici del ministero, variamente accorpate ad altri uffici, secondo le Regioni. 
Le biblioteche di Roma e Firenze sotto la direzione delle rispettive Biblioteche nazionali, altre ricondotte in un non ben identificato «polo museale»: la Braidense di Milano è assorbita nell’annunciata Grande Brera, l’Estense di Modena accorpata alla Galleria. 
Si dimentica che per dirigere biblioteche cariche di storia con vastissimi patrimoni librari — come la Braidense, la Laurenziana, l’Angelica e la Casanatense, l’Estense — si debbono avere alti livelli di specializzazione in storia del libro, della cultura, con ottima conoscenza delle lingue classiche e moderne. La Laurenziana, cuore dell’Umanesimo europeo, non può essere affidata a un bravo burocrate ministeriale. 
Invece, mentre per un manipolo di venti musei, elevati di rango, si prevede giustamente un concorso internazionale per la scelta del direttore, per le biblioteche statali ogni selezione concorsuale, ogni preparazione professionale appare superflua: ovviamente i riformatori del ministero non sanno cosa sia una biblioteca, ignorano che senza le nostre biblioteche e gli archivi sarebbe impossibile capire le opere esposte nei più prestigiosi musei. 
Ma tant’è: le biblioteche e gli archivi non staccano biglietti d’ingresso a pagamento, quindi non appartengono al «sistema cultura» intesa dal ministero come strumento di introiti per lo Stato. 

Nella prospettiva ragionieristica e aziendalistica ministeriale costituiscono una spesa inutile. Anzi un peso: viene in mente Gioachino Belli, «li libbri nun so’ robba da cristiani». 

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