domenica 12 ottobre 2014

Il centenario di de Sade: morale libertina contro morale austera agli albori dello sviluppo capitalistico


Senza de Sade, i libertini, ecc. ecc., niente rottura della visione morale del mondo con i suoi vincoli , niente desiderio, niente lusso, niente fantasmagoria della merce... [SGA].


Lo scrittore più scandaloso nacque come filosofo ultrarazionalista. Un negatore delle leggi e dei peccati

Daniele Abbiati - il Giornale Dom, 12/10/2014

Il Musée d'Orsay a luci rosse: lo spot non è adatto ai minori
Un video vietato ai minori di 18 anni inaugura la mostra al Musée d'Orsay: "Un'orgia in onore di de Sade"
Rachele Nenzi - il Giornale Lun, 13/10/2014


De Sade, provocazioni artistiche
Mostre. Al Musée d'Orsay va in scena il Divin Marchese e il video che lancia la rassegna fa scandaloRuth Migliara, il Manifesto 11.11.2014
«Si dirà forse che le mie idee sono un po’ troppo forti. Ma che importa? — scri­veva de Sade — Non abbiamo con­qui­stato il diritto di dire tutto?».
A que­sta cita­zione del Divin Mar­chese, come lo chiamò più tardi André Bre­ton, sem­bra essersi ispi­rata anche la dire­zione del Musée d’Orsay nel con­ce­pire la mostra Sade. Attac­care il sole che, in occa­sione dei due­cento anni dalla morte di Dona­tien Alphonse Fra­nçois de Sade, ne cele­bra e ana­lizza l’impatto sulle arti figu­ra­tive fino al 25 gen­naio 2015. Il Musée d’Orsay, sotto la guida del suo pre­si­dente Guy Coge­val, non è nuovo a que­ste pro­vo­ca­zioni: di recente, ha espo­sto una ghi­gliot­tina fran­cese ori­gi­nale nell’ambito di una espo­si­zione sul cri­mine e sulle pene.
A sug­gel­lare la carica dirom­pente dell’iniziativa sul Mar­chese, è stata la dif­fu­sione del video promo di 53 secondi, com­mis­sio­nato dal Musée a David Frey­mond e Flo­rent Michel. I due arti­sti hanno scelto di rap­pre­sen­tare un’orgia di corpi nudi e tesi che, nel finale del fil­mato, si com­pon­gono a for­mare le let­tere del nome «Sade». Al di là della nudità e dei gesti che richia­mano l’atto ses­suale, non c’è in realtà nulla di vol­gare e il tutto è rea­liz­zato all’insegna di un’estetica dei corpi che non è nuova alla sto­ria dell’arte e che, in fondo, si appella mede­simo gusto ana­to­mico che guidò Miche­lan­gelo negli affre­schi della Cap­pella Sistina.
Detto ciò, il video ha destato grande scan­dalo in tutta la Fran­cia, seguita ad eco dalla stampa inter­na­zio­nale e dal web, dove ha avuto ampia e velo­cis­sima dif­fu­sione. D’altronde, il sito stesso del Musée d’Orsay dichiara che «il carat­tere vio­lento di alcune opere e docu­menti della mostra può urtare la sen­si­bi­lità dei visitatori».
Che altro aspet­tarsi da un evento dedi­cato al per­so­nag­gio, dal cui nome lo psi­chia­tra Krafft-Ebing coniò il ter­mine «sadi­smo»? Secondo Annie Le Brun, esperta del tema (che, per l’occasione, è com­mis­sa­rio ospite del museo), la ras­se­gna vuole son­dare l’impatto rivo­lu­zio­na­rio che i testi dello scrit­tore ebbero nell’arte figu­ra­tiva suc­ces­siva. Attra­verso i capo­la­vori di autori tra cui Goya, Géri­cault, Ingres, Rodin e Picasso sono affron­tati alcuni temi cari al Mar­chese, tra cui la sin­go­la­rità e la fero­cia del desi­de­rio come prin­ci­pio d’eccesso, il biz­zarro e il mostruoso. Si va per­ciò da un’opera di Goya in cui sono raf­fi­gu­rati can­ni­bali in atto di macel­lare le loro vit­time, al ratto delle Sabine di Pablo Picasso, pas­sando per il ritratto in cui Cézanne raf­fi­gura un’inquietante donna strangolata.  Thi­rion, “Jeune homme nu debout“t
L’opera di de Sade, nato a Parigi nel 1740 da una nobile e pre­sti­giosa fami­glia fran­cese, esula l’ambito cir­co­scritto dell’erotismo in quanto tale. La ses­sua­lità è il luogo della socia­lità per eccel­lenza: il momento in cui si rea­lizza il rap­porto con l’altro, che è l’essenza stessa del nostro vivere sociale. L’erotismo non è solo momento pro­crea­tivo e di ricerca del pia­cere, ma è essen­zial­mente obbligo dell’alterità e, in que­sto, un fatto sociale, pro­ba­bil­mente quello fon­dante, dello stare insieme. De Sade, attra­verso una rifles­sione su temi come omo­ses­sua­lità, per­ver­sità e pedo­fi­lia, che ancor oggi sono al cen­tro di acceso dibat­tito, defi­ni­sce una nuova etica e ribalta — con il para­dosso — il con­cetto morale comune. Copiosa è la sua pro­du­zione: de Sade fu osses­si­va­mente pro­li­fico, spa­ziando tra rac­conti, romanzi, saggi filo­so­fici e scritti tea­trali. Tra i suoi capo­la­vori trova sicu­ra­mente posto, per quanto incom­piuto, il romanzo Le 120 gior­nate di Sodoma, che la mostra pari­gina cita nel titolo e a cui si dedicò nel corso della reclu­sione presso le pri­gioni della Basti­glia nel 1785. Denun­ciato dai mem­bri della sua stessa fami­glia, de Sade vi fu incar­ce­rato con le accuse di sodo­mia e di omi­ci­dio per avve­le­na­mento di alcune pro­sti­tute. Si dichia­rerà più volte inno­cente, defi­nen­dosi sì un liber­tino, ma non di certo un cri­mi­nale. Di fatto la sua con­dotta pro­vo­ca­to­ria gli causò con­ti­nue accuse, pri­gio­nie e inter­na­menti in mani­co­mio. Il Mar­chese morì per con­ge­stione pol­mo­nare il 2 dicem­bre 1814.
Nelle sue dispo­si­zioni testa­men­ta­rie poi non rispet­tate, dichiarò di voler essere espo­sto per 48 ore nella sua stanza senza essere toc­cato, per poi essere sepolto nudo in una cassa e senza alcun segno di rico­no­sci­mento nella fore­sta di sua pro­prietà. Anche nella morte, il Divin Mar­chese si dimo­strò coe­rente al sistema di pen­siero che informò la sua esi­stenza: egli avrebbe desi­de­rato per sé una dam­na­tio memo­riae che ponesse fine a una per­se­cu­zione assurda e ingiu­sta che pro­se­guì invece fino ai giorni nostri.
In de Sade è totale la con­fu­sione tra la scrit­tura e la per­sona. In un misto di attra­zione e repul­sione, sono nume­rosi gli stu­diosi e gli scrit­tori che si con­fron­tano con la pro­du­zione del Mar­quise. Ben esem­pli­fica l’atteggiamento ambi­va­lente della cri­tica, il titolo del sag­gio, Dob­biamo bru­ciare Sade, che gli dedicò Simone de Beau­voir nel 1951. Al di là di ogni giu­di­zio morale, de Sade rap­pre­senta una radi­cale filo­sofo della libertà. La sua è una con­ce­zione freu­diana ante lit­te­ram lad­dove pone la ses­sua­lità a motore primo dell’azione umana. L’erotismo è solo il punto di par­tenza per una rifles­sione gene­rale sulla vita e la morale di quello che Apol­li­naire definì «lo spi­rito più libero mai esistito».
La mostra del Museo d’Orsay non fa altro che testi­mo­niare l’influenza che que­sto per­so­nag­gio ebbe sull’arte. Sade ha con­ti­nuato a ispi­rare e a essere citato anche in tempi più recenti, e que­sta volta aper­ta­mente. La por­tata del suo ascen­dente è arri­vata fino al cinema di Paso­lini, Luis Buñuel e John Waters. Talora se ne bana­lizza il senso, leg­gendo la sua opera come pura ido­la­tria di per­ver­sione e vio­lenza: per novem­bre è pre­vi­sta l’uscita di un video­gioco, che, rila­sciato in Fran­cia da Ubi­soft, sarà un sequel della serie Assassin’s Creed, ambien­tato però durante la Rivo­lu­zione francese.
Il Mar­chese de Sade, in verità, è stato molto di più e l’interesse e lo scan­dalo che rie­sce a destare ancora oggi rap­pre­sen­tano il segno più evi­dente della por­tata rivo­lu­zio­na­ria del suo pensiero.



Uno, nessuno centomila Sade Pornografo libertino o illuminista radicale?
I testi meno noti su leggi, libertà e ateismo offrono un quadro inedito del “Divin Marchese”di Paola Dècena Lombardi La Stampa TuttoLibri 22.11.14
Sade, chi era veramente? Un abietto, aristocratico Lucifero, che da astuto giacobino d’occasione ha cavalcato gli sconvolgimenti della Rivoluzione francese per accreditarsi poi come un filosofo-scrittore, più per aspirazione e prestiti che per originale realizzazione? O è stato la vittima sacrificale di un’epoca di passaggio di cui ha condiviso privilegi e lussuria, utopia rivoluzionaria e disillusione? Celebre più per la dismisura dell’erotismo che pervade quasi tutti i suoi romanzi e per l’ateismo che erige a sistema, assai meno per l’esperienza di vita e per gli altri scritti: per chi si accosta alla lettura di Sade, a due secoli dalla morte, l’interrogativo resta. Chi era veramente l’uomo accusato di «libertinismo estremo», che tra brevi arresti e detenzione ha passato più di trent’anni recluso, prima tra il forte di Vincennes e la Bastiglia, poi tra l’Ospizio per carcerati e malati di mente di Charenton?
All’erotismo di Sade si è rivolto quasi subito l’interesse critico, ma il percorso per una rivalutazione è stato lungo. E al lettore, soprattutto italiano, sfugge in gran parte l’altro Sade, l’autore di testi di carattere filosofico, politico e critico letterario. Il Dialogo tra un prete e un moribondo, che mette in scena un’apologia dell’ateismo in nome dell’uomo secondo natura; La modalità della sanzione delle leggi, in cui Sade propugna la partecipazione popolare diretta nell’elaborazione del processo costituente, e L’idea sui romanzi, che ripercorrendo dalle origini la storia dell’affabulazione fino alla narrazione romanzesca, dalla dissertazione erudita e dalla lettura critica della letteratura contemporanea approda a un’appassionata autodifesa, propongono un piccolo tassello dell’altro Sade. E riferendosi a tre momenti diversi della vita ne rivelano atteggiamenti, stati d’animo e letture che danno la misura della sua cultura illuminista.
Nel primo, il tu con cui il moribondo si rivolge al prete che gli risponde con il voi, rispecchia l’orgoglio dell’aristocratico che «circondato dal lusso e dall’abbondanza, giunto all’età della ragione (ha) creduto che la natura e la fortuna si fossero unite per colmarmi dei loro doni. E un pregiudizio così ridicolo (lo) ha reso altero, dispotico e collerico». La foga con cui il citoyen mette in guardia dal pericolo di una delega che non tenga conto dell’assenso popolare nel sancire le leggi, può far supporre una strategia per rafforzare la sua fede politica, ma anche l’anarchismo che caratterizza tutti i suoi comportamenti.
Scritta in carcere, quando ancora spera nella libertà, L’idea sui romanzi che metterà in prefazione ad Aline e Valcour, è l’ancora di salvezza che dovrebbe convincere a riabilitarlo. Attraverso la rassegna erudita che all’inizio mette a dura prova il lettore ma che poi si stempera nell’interpretazione, c’è la passione dell’uomo di lettere gran lettore e grafomane, che nella scrittura e nella rappresentazione di pièces teatrali troverà l’unica via di salvezza alla sua condizione.
Contro la mitizzazione poetica e morale dei surrealisti, Klossowski e Lacan, Bataille e Foucault, Deleuze, Barthes e Sollers, tra gli altri, con i loro saggi hanno indagato in modo critico aspetti di carattere religioso, filosofico e psichico, letterario dell’opera complessa e della travagliata esperienza di vita di Sade. Ma di fronte all’ambiguità della dismisura dello scrittore e dell’uomo, resta il desiderio di saperne di più. Cosa c’è a monte dell’esperienza? Cos’ha segnato profondamente l’infanzia e l’adolescenza di Sade? Il suo silenzio in proposito, interrotto in brevi frasi o allusioni, sembra riflettere un pudore di chi non voglia coinvolgere i suoi corruttori.
Dalla montatura del caso Sade da parte dei contemporanei e dalle contraddizioni e ambiguità dell’uomo, che emergono sul filo dei testi in cui molti sono i calchi e i prestiti, la figura di Sade appare, almeno a chi scrive, doppiamente vittima: del suo tempo e di se stesso. È inevitabile, infatti, chiedersi perché non abbia cercato mediazioni più proficue mostrando ravvedimento o maggiore prudenza. Perché abbia seguitato a subire una condizione disumana rivendicando «una fermezza d’animo che non ha mai saputo piegarsi e che non si piegherà mai». Per orgoglio aristocratico o per identificazione nel ruolo di filosofo-martire perseguitato? In questo caso, l’idea di Freud che il sadismo comporti necessariamente un elemento masochista, risulterebbe pienamente confermata. E con l’esempio più appropriato.

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