domenica 12 ottobre 2014

Morales verso il terzo mandato


Il miracolo di Morales III Il socialismo (virtuoso) vive e trionfa in Bolivia
Il discepolo di Chávez otterrà oggi il suo terzo mandato
di Rocco Cotroneo Corriere 12.10.14


RIO DE JANEIRO Quando il bolivia- no Evo Morales apparve sulla scena latinoamericana una decina di anni fa, l’ennesimo leader popolare a promettere una revolución venne accolto da ironia e scetticismo. Indio aymara, un mantello colorato al posto della giacca, difendeva la coca, si appellava agli spiriti degli Incas e parlava di socialismo. Sarebbe stato un disastro, se non il fondatore di un «narcostato», riferivano i diplomatici Usa a Washington. A nove anni dalla sua prima vittoria, Morales verrà oggi confermato per la terza volta alla presidenza della Bolivia e l’unico dubbio è se riuscirà a superare il 64% dei consensi del 2009.
Il suo avversario più prossimo è staccato di 40 punti nei sondag- gi: chance zero, insomma. Se è socialismo il suo, è l’unico che funziona al mondo. Per ora. Il sarcasmo degli esordi è costretto ad adeguarsi ai numeri.
Il modello Evo ha garantito alla Bolivia una crescita economica media del 6% all’anno e una drastica riduzione di un terzo della povertà. I programmi sociali funzionano e — caso più unico che raro — anche le nazionalizzazioni dei settori chiave dell’economia, i cui proventi finanziano donne, studenti e poveri. Inflazione e disoccupazione sono basse e il reddito medio è più che raddoppiato. Per gli economisti non c’è nessuna magia: Morales ha approfittato del boom delle materie prime che la Bolivia esporta (gas, petrolio, soia), tenendo in ordine i conti pubblici. Mai una spesa oltre budget, controllo ferreo su moneta e salari, a costo di scontri anche pesanti con il mondo che lo ha partorito come leader, quello sindacale. Lo riconosce anche il Fmi.
La Bolivia è un Paese virtuoso.
Quanto alla coca — la cui coltivazione per usi legali e tradizionali Morales ha difeso e realizzato — il bilancio è controve r s o . N o n c ’è s t a t o a l c u n boom delle produzioni illecite, il governo tiene sotto controllo i campi, ma la Bolivia resta suo malgrado un Paese esportatore di pasta base per produrre cocaina. Discepolo di Hugo Chávez, m a i r i n n e g a to , M o r a l e s h a mantenuto intatta la retorica anti-Usa e l’imperialismo dei Paesi ricchi torna spesso nei suoi discorsi. Ma ha avuto l’accortezza di non seguire le ricette economiche populiste che hanno devastato il Venezuela (come stanno facendo con successo Ecuador e Nicaragua, altri due Paesi dell’ex asse chavista). Gli viene però imputato lo stesso ardore autoritario nell’occupazione dello Stato. Per l’opposizione il sistema giudiziario non è indipendente, i media sono sotto controllo ed esisterebbero un centinaio di prigionieri politici. Il governo nega tutto.
L’altro successo di Morales è aver disinnescato la forte opposizione nelle province ricche dell’est, attorno a Santa Cruz, che anni fa furono a un passo dal chiedere la secessione. C’è riuscito con politiche pro business, soprattutto in agricoltura, ed è stato aiutato dal boom delle materie prime di quella regione. Con la riconferma di oggi, Morales governerà la Bolivia fino al 2020, 15 anni filati di potere. Al Congresso giace una proposta per rendere illimitata la rielezione, ma per passare il partito di governo deve raggiungere oggi i due terzi dei seggi. Frantumata e debole, l’opposizione grida al «golpe costituzionale». Il populismo intelligente di Morales, che gli ha conquistato tanto appoggio anche nella classe media urbana, è davanti ad un’altra prova.

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