domenica 5 ottobre 2014

Sofri ha cambiato padrone e scrive ogni giorno mentre Toni Negri rimarrà sempre un "terrorista". Repubblica & Corriere confidenti di Questura


Non occorre essere d'accordo con le posizioni di Toni Negri per denunciare questa vergognosa diffamazione. Allo stesso modo, agitare lo spauracchio del "terrorismo" nell'Italia del 2014 significa essere proprio in malafede [SGA].

Autobiografia
In arrivo le confessioni di Toni Negri, il cattivo maestro condannato per la sua complicità con le Brigate Rosse
di Simonetta Fiori Repubblica 5.10.14

Ponte alle Grazie le annuncia per il prossimo anno come «un libro che riaccenderà il dibattito pubblico mondiale». Addirittura. «Non una confessione come segno di colpa o come sottomissione a un’autorità giudicante », per carità, Negri non ci pensa proprio, «ma il ritorno al suo senso letterario, come già in Agostino, Nievo, Neruda», tanto per fare esempi dimessi. Confessioni di un comunista, il titolo. Nessun timore di un’inopportuna agiografia? «Tutte le autobiografie sono apologetiche», dice Vincenzo Ostuni, direttore editoriale di Ponte alle Grazie. «Quella di Negri è comunque una storia che merita rispetto».


Piombo italiano a bassa intensità
Giovanni Bianconi Domenica 5 Ottobre, 2014 LA LETTURA © RIPRODUZIONE RISERVATA

Fino al 2003 compaiono tracce delle «nuove Brigate rosse», eredi di un simbolo proveniente dal secolo scorso che volevano trascinare nel nuovo, come se niente fosse cambiato. Sparavano e uccidevano in «continuità oggettiva» con le vecchie Br, e inventarono altre sigle per rivendicare attentati «minori» distribuiti sul territorio, nel tentativo di dimostrare che stavano conquistando proseliti. Erano sempre loro, ma fingevano di essere molti di più. Furono resi innocui dagli arresti avvenuti proprio in quell’anno, dopo aver provocato la morte di 4 persone e fatto esplodere alcuni ordigni incendiari.
Da allora il terrorismo italiano ha cambiato volti, caratteristiche e significati. E compare con insistenza crescente una nuova firma, «Federazione anarchica informale» (Fai), che contiene nel nome stesso il senso di una nuova identità della «propaganda armata» prevalente in questo scorcio di XXI secolo; per certi versi antitetica a quella brigatista, figlia dell’ideologia marxista-leninista che sembra non aggregare più. Questa è, per l’appunto, anarchica , quindi allergica a qualsiasi forma gerarchica; e poi informale , senza strutture organizzate e controllabili. Perciò diffusa ed evanescente, sebbene potenzialmente letale; imprevedibile e praticabile da chiunque, e dunque più difficile da contrastare.
Nel grafico gli attentati rivendicati dalla Fai sono contrassegnati dal numero 8, che, come si può notare, compare spesso nella parte destra, dove sono racchiuse le azioni terroristiche dal 2006 in avanti. L’andamento nel corso del tempo è ondivago, da un anno all’altro si sale e si scende di continuo, ma quella sigla è la più frequente. Accanto a un altro numero, il 18, che indica la provenienza sconosciuta degli attentati, rimasti senza firma, o con una firma poco comprensibile. Azioni irriconoscibili, per lo più provenienti — presumibilmente — dalle stesse aree di riferimento, e ugualmente in grado di condizionare le scelte individuali, collettive e di governo.
La rappresentazione grafica della violenza politica degli anni Duemila è una costellazione irregolare che si può riassumere nella formula di un terrorismo a bassa intensità. Una realtà che nulla ha a che vedere con i cupi anni di piombo del secolo passato ma si conferma una pericolosa costante della storia d’Italia; sempre presente — seppure con alti e bassi — e sempre capace di inquinare il clima che accompagna la vita pubblica.

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