sabato 22 novembre 2014

I saggi di Sade su Leggi, libertà e ateismo


François de Sade: Dialogo tra un prete e un moribondo e altri testi, Castelvecchi

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Nato a Parigi nel 1740, il Marchese de Sade fu scrittore, filosofo, poeta, drammaturgo, autore di varie opere tra cui Le 120 giornate di Sodoma, ovvero la scuola di libertinaggio (appena ristampato nella Bur), o Justine o le disavventure della virtù. Aristocratico perverso e giacobino votato all’utopia rivoluzionaria, pornografo e illuminista radicale, libertino condannato all’oblio dai contemporanei e filosofo riabilitato, con esiti imprevedibili, da tanti pensatori del Novecento: chi fu davvero il Divin Marchese? Mentre quello «erotico» è un personaggio molto noto, l’altro Sade, autore di testi di carattere filosofico, politico e letterario, è ancora da esplorare. Cosa che la Francia sta facendo per il bicentenario della morte, con pubblicazioni e mostre.
Da mercoledì prossimo Castelvecchi manda in libreria il volume Dialogo tra un prete e un moribondo e altri testi, curato da Paola Dècina Lombardi (di cui pubblichiamo parte dell’introduzione qui sotto), con un saggio di Maurice Heine, che propone tre aspetti dell’azione intellettuale di Sade: l’aristocratico illuminista, il citoyen rivoluzionario e il recluso che trova una compensazione nell’identità di scrittore. Al Dialogo tra un prete e un moribondo, geniale professione di ateismo radicale, seguono due testi pressoché sconosciuti in Italia: il discorso Idea sulla modalità della sanzione delle leggi, esempio del suo impegno politico, e il saggio Idea sul romanzo, riflessione sul ruolo dello scrittore. Il volume contiene il testamento redatto nel 1806, in cui il marchese chiedeva di essere sepolto nel bosco della sua terra «senza nessun tipo di cerimonia, nel primo ceduo folto», ricoperto di ghiande, in modo che «le tracce della mia tomba spariscano dalla faccia della terra, come spero che la mia memoria si cancelli dalla mente degli uomini, tranne comunque da quella dell’esiguo numero di coloro che hanno voluto amarmi fino all’ultimo momento e di cui porto un dolcissimo ricordo nella tomba». Il volume si chiude con i documenti legali del manicomio di Charenton, dove lo scrittore fu rinchiuso dal 1803 fino alla morte, nel 1814. (ne pubblichiamo un breve stralcio in fondo a questa pagina).
In libreria stanno anche arrivando due volumetti di Elliot: Florville e Courval, uno dei racconti sadiani più geniali e perversi sui capricci della casualità; e il saggio di Apollinaire Sade con introduzione di Giuseppe Scaraffia.


Uno, nessuno centomila Sade Pornografo libertino o illuminista radicale?
I testi meno noti su leggi, libertà e ateismo offrono un quadro inedito del “Divin Marchese”di Paola Dècena Lombardi La Stampa TuttoLibri 22.11.14Sade, chi era veramente? Un abietto, aristocratico Lucifero, che da astuto giacobino d’occasione ha cavalcato gli sconvolgimenti della Rivoluzione francese per accreditarsi poi come un filosofo-scrittore, più per aspirazione e prestiti che per originale realizzazione? O è stato la vittima sacrificale di un’epoca di passaggio di cui ha condiviso privilegi e lussuria, utopia rivoluzionaria e disillusione? Celebre più per la dismisura dell’erotismo che pervade quasi tutti i suoi romanzi e per l’ateismo che erige a sistema, assai meno per l’esperienza di vita e per gli altri scritti: per chi si accosta alla lettura di Sade, a due secoli dalla morte, l’interrogativo resta. Chi era veramente l’uomo accusato di «libertinismo estremo», che tra brevi arresti e detenzione ha passato più di trent’anni recluso, prima tra il forte di Vincennes e la Bastiglia, poi tra l’Ospizio per carcerati e malati di mente di Charenton? 

All’erotismo di Sade si è rivolto quasi subito l’interesse critico, ma il percorso per una rivalutazione è stato lungo. E al lettore, soprattutto italiano, sfugge in gran parte l’altro Sade, l’autore di testi di carattere filosofico, politico e critico letterario. Il Dialogo tra un prete e un moribondo, che mette in scena un’apologia dell’ateismo in nome dell’uomo secondo natura; La modalità della sanzione delle leggi, in cui Sade propugna la partecipazione popolare diretta nell’elaborazione del processo costituente, e L’idea sui romanzi, che ripercorrendo dalle origini la storia dell’affabulazione fino alla narrazione romanzesca, dalla dissertazione erudita e dalla lettura critica della letteratura contemporanea approda a un’appassionata autodifesa, propongono un piccolo tassello dell’altro Sade. E riferendosi a tre momenti diversi della vita ne rivelano atteggiamenti, stati d’animo e letture che danno la misura della sua cultura illuminista. 
Nel primo, il tu con cui il moribondo si rivolge al prete che gli risponde con il voi, rispecchia l’orgoglio dell’aristocratico che «circondato dal lusso e dall’abbondanza, giunto all’età della ragione (ha) creduto che la natura e la fortuna si fossero unite per colmarmi dei loro doni. E un pregiudizio così ridicolo (lo) ha reso altero, dispotico e collerico». La foga con cui il citoyen mette in guardia dal pericolo di una delega che non tenga conto dell’assenso popolare nel sancire le leggi, può far supporre una strategia per rafforzare la sua fede politica, ma anche l’anarchismo che caratterizza tutti i suoi comportamenti. 
Scritta in carcere, quando ancora spera nella libertà, L’idea sui romanzi che metterà in prefazione ad Aline e Valcour, è l’ancora di salvezza che dovrebbe convincere a riabilitarlo. Attraverso la rassegna erudita che all’inizio mette a dura prova il lettore ma che poi si stempera nell’interpretazione, c’è la passione dell’uomo di lettere gran lettore e grafomane, che nella scrittura e nella rappresentazione di pièces teatrali troverà l’unica via di salvezza alla sua condizione. 
Contro la mitizzazione poetica e morale dei surrealisti, Klossowski e Lacan, Bataille e Foucault, Deleuze, Barthes e Sollers, tra gli altri, con i loro saggi hanno indagato in modo critico aspetti di carattere religioso, filosofico e psichico, letterario dell’opera complessa e della travagliata esperienza di vita di Sade. Ma di fronte all’ambiguità della dismisura dello scrittore e dell’uomo, resta il desiderio di saperne di più. Cosa c’è a monte dell’esperienza? Cos’ha segnato profondamente l’infanzia e l’adolescenza di Sade? Il suo silenzio in proposito, interrotto in brevi frasi o allusioni, sembra riflettere un pudore di chi non voglia coinvolgere i suoi corruttori. 
Dalla montatura del caso Sade da parte dei contemporanei e dalle contraddizioni e ambiguità dell’uomo, che emergono sul filo dei testi in cui molti sono i calchi e i prestiti, la figura di Sade appare, almeno a chi scrive, doppiamente vittima: del suo tempo e di se stesso. È inevitabile, infatti, chiedersi perché non abbia cercato mediazioni più proficue mostrando ravvedimento o maggiore prudenza. Perché abbia seguitato a subire una condizione disumana rivendicando «una fermezza d’animo che non ha mai saputo piegarsi e che non si piegherà mai». Per orgoglio aristocratico o per identificazione nel ruolo di filosofo-martire perseguitato? In questo caso, l’idea di Freud che il sadismo comporti necessariamente un elemento masochista, risulterebbe pienamente confermata. E con l’esempio più appropriato.


«la prima terapia sperimentale alla base della moderna antipsichiatria»?
Quel detenuto s’è conquistato una fama così triste...La Stampa TuttoLibri 22.11.14

Dal carteggio in appendice al volume di Castelvecchi pubblichiamo un brano di Roulhac du Maupas, direttore nell’ospizio di Charenton, che sostituì l’abate Coulmier dopo anni di lamentele del medico capo Royer-Collard, il quale, non condividendone i metodi, si era più volte rivolto al ministro dell’Interno. Autoritario ma paternalista con i reclusi, Coulmier concedeva grande libertà di movimento. Su suggerimento di Sade, cui permise di avere accanto l’amante, autorizzò feste e rappresentazioni teatrali dai suoi testi, con gli stessi reclusi come attori, che sono considerate la prima terapia sperimentale alla base della moderna antipsichiatria:

A.S.E IL MINISTRO DELL’INTERNO
7 settembre 1814
Signore, S. E. non ignora quale trista fama il marchese de Sade si sia conquistato. A seguito della parola data per iscritto al mio predecessore M. de Coulmiers, nel floreale dell’anno X, che avrebbe lavorato «soltanto a distruggere le cattive impressioni che potevano essergli state messe in conto e a meritare la sua stima», ottenne dalla polizia di essere trasferito da Bicêtre a Charenton... Quando ho preso in mano l’Amministrazione della Casa il 1° giugno scorso, ho trovato M. Sade che godeva, di fatto, di una libertà quasi completa poiché, oltre alle uscite quasi al di fuori della Casa, si diverte a passeggiare in ogni parte della Casa e dei giardini che è aperta agli ospiti liberi e questo a tutte le ore in cui gli va di passeggiare. 
M. de Sade in stato di arresto per decreto firmato Napoleone in fondo ai rapporti presentati al Consiglio privato seguita ad essere prigioniero di Stato a Charenton. A 74 anni, affetto quotidianamente dopo i pasti da coliche di stomaco molto violente come lui stesso mi ha detto e Mme Quesnet mi ha confermato, non nego che possa aver bisogno di stare all’aria aperta e di camminare. Ma con tale pretesto deve anche essergli facilitato il contatto con tutti i frequentatori della Casa, il possesso delle penne, dell’inchiostro della carta e la possibilità di scrivere, far copiare e inviare le sue opere all’esterno? Non vedo che un mezzo per prevenire i pericoli da cui è minacciata la Società per la residenza di M. de Sade a Charenton. S.E. voglia ritirarlo da questa casa e consegnarlo a S.E. il Direttore generale di Polizia del Regno affinché ne disponga come giudicherà e trovi un modo di accordare la sicurezza e i pubblici costumi con i riguardi dovuti all’età e alle malattie di M. de Sade...
Ma scongiurandola di liberarci finalmente di M. de Sade, debbo al contempo supplicarla di provvedere affinché la Casa di Charenton non perda una rimanenza di 8.934 franchi delle sue vecchie spese di pensione... 
Roulhac Du Maupas

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