martedì 9 dicembre 2014

La critica sociale di Luc Boltanski


Luc Boltanski: Della critica. Compendio di sociologia dell'emancipazione, Rosenberg&Sellier

Risvolto

Che cos’è la critica sociale? Quali i suoi rapporti con una sociologia descrittiva che, in continuità con la tradizione weberiana, garantisca una determinata obiettività alle sue ricerche e ai suoi risultati? Queste le domande da cui prende le mosse la riflessione di Luc Boltanski che presenta qui, nella forma del «compendio» (il testo nasce dalle «Lezioni adorniane» tenute dall’autore a Francoforte nel 2008), una teoria complessa e articolata che utilizza in larga misura gli strumenti della pragmatica linguistica. Dalla prospettiva di una sociologia critica – quella delineata da Pierre Bourdieu, di cui Boltanski fu discepolo e collaboratore – l’autore passa così a una sociologia pragmatica della critica. Al lavoro scientifico «dall’alto», che percepisce gli attori sociali come supporti passivi di un dominio da essi continuamente riprodotto, si sostituisce lo studio delle esperienze di critica «dal basso» veicolate dagli attori stessi, cioè dalle persone comuni, nei loro diversi motivi di sofferenza e scontento a partire da concrete situazioni della vita vissuta. In questo quadro Boltanski inserisce una teoria delle istituzioni e la ripresa della tematica dell’emancipazione, con un’attenzione costante alle pratiche e ai movimenti che mettono in questione la realtà della realtà, l’ordine stabilito delle cose, aprendolo a nuove possibilità.


Metodologie di resistenza al potere 

Saggi. «Della critica» del sociologo francese Luc Boltanski per Rosenberg&Sellier. Un insieme di testi che mettono in primo piano la presa di distanza dalla scuola di Pierre Bourdieu, in nome di un misurato pragmatismoMarco Gatto, il Manifesto 9.12.2014 
Potreb­bero essere rubri­cate alla voce «auto­co­scienza disci­pli­nare» di un ipo­te­tico dizio­na­rio di socio­lo­gia le sei lezioni che Luc Bol­tan­ski rac­co­glie in Della cri­tica. Com­pen­dio di socio­lo­gia dell’emancipazione (pp. 240, euro 22), recen­te­mente pub­bli­cate da Rosenberg&Sellier, per la tra­du­zione di Fran­ce­sco Peri. Si tratta delle con­fe­renze tenute nel 2008 dal socio­logo fran­cese nell’ambito delle pre­sti­giose Frank­fur­ter Adorno-Vorlesungen. E, in ragione di ciò, al let­tore non potrà sfug­gire il carat­tere semi­na­riale che emerge dall’esposizione, nel corso della quale Bol­tan­ski riserva, tut­ta­via, un’attenzione pun­tuale ai det­ta­gli, alla resti­tu­zione di cia­scuna piega argomentativa. 
Le lezioni si pon­gono alla stre­gua di una rifles­sione meto­do­lo­gica sull’idea di cri­tica: dal rap­porto fra socio­lo­gia e cri­tica sociale fino alla neces­sità, nel tempo pre­sente, di una teo­ria cri­tica capace di enu­cleare stra­te­gie di resi­stenza alle diverse forme di domi­na­zione. Si può dun­que rico­no­scere una dop­pia valenza al discorso di Bol­tan­ski: da un lato, le lezioni inter­ro­gano nel pro­fondo la strut­tura del discorso cri­tico e la sua rela­zione con l’integrità disci­pli­nare della socio­lo­gia, cui si lega un’interessante rifles­sione sulle fina­lità poli­ti­che e imma­nenti della scienza sociale; dall’altro, il socio­logo fran­cese cerca di rias­su­mere le ragioni di un allon­ta­na­mento dalla «socio­lo­gia cri­tica» di Pierre Bour­dieu, nella dire­zione di un para­digma di pen­siero dif­fe­rente, ispi­rato varia­mente al prag­ma­ti­smo. «Noi tene­vamo – sostiene Bol­tan­ski, sin­te­tiz­zando la presa di posi­zione nei con­fronti dell’approccio bour­dieu­siano – a con­ser­vare, se non addi­rit­tura a con­so­li­dare l’ancoraggio della cri­tica in una socio­lo­gia empi­rica rigo­rosa, (…) ma per farlo biso­gnava descri­vere in modo più esatto l’agire degli attori in situa­zione». E per orien­tarsi verso un’attenzione spic­cata all’immanenza dei fatti sociali, la socio­lo­gia prag­ma­tica ambiva a dar rilievo alla spe­ci­fi­cità rigo­rosa delle situa­zioni stu­diate, disan­co­ran­dosi dalla sup­po­sta insta­bi­lità delle teo­rie o di quei «dispo­si­tivi espli­ca­tivi» pas­si­bili di un uti­lizzo fin troppo mec­ca­nico. Tale cor­ret­tivo prag­ma­ti­sta alla socio­lo­gia cri­tica «è con­si­stito nel ride­fi­nire l’orientamento cri­tico nel senso della ricerca di una descri­zione più esatta, a ulte­riore riprova del carat­tere insta­bile dei costrutti socio­lo­gici che met­tono al primo posto il pro­blema della cri­tica, se non forse della socio­lo­gia in gene­rale, per­vasa da una ten­sione interna tra esi­genze descrit­tive e orien­ta­menti normativi». 
Sono que­ste forse le pagine più inte­res­santi del libro, per­ché offrono uno spac­cato dello scarto tra Bol­tan­ski e la «scuola» di Bour­dieu e resti­tui­scono le moda­lità di auto-collocamento di un approc­cio disci­pli­nare entro i con­fini di un para­digma – che poi sem­bra essere pro­prio l’oggetto di rifles­sione dell’autore, nel senso, appunto, di un’autocoscienza del pro­prio porsi nel discorso della teo­ria. Forse meno inci­sive appa­iono le pagine dedi­cate alla neces­sità della cri­tica nel tempo pre­sente, lad­dove il ragio­na­mento di Bol­tan­ski sul carat­tere «gestio­nale» delle forme di domi­nio non ha il respiro ampio e per­va­sivo cui il socio­logo ci ha abi­tuati in altri con­te­sti. Solo fuga­ce­mente Bol­tan­ski dedica atten­zione alle forme repres­sive messe in atto dal capi­ta­li­smo attra­verso un’inesausta pra­tica di dis­si­mu­la­zione del domi­nio, cui si leghe­rebbe un effetto di nega­zione della realtà e delle con­trad­di­zioni, che, tut­ta­via, nel libro, non viene a suf­fi­cienza argomentato. 
In altri ter­mini, a chi scrive non sem­bra meglio giu­sti­fi­cato, nell’esposizione, quel rap­porto dia­lo­gico tra cri­tica e isti­tu­zioni da sca­tu­ri­rebbe, per con­trad­di­zione erme­neu­tica, l’esistenza stessa di un discorso cri­tico, che in Bol­tan­ski appare indi­riz­zato verso una map­pa­tura teo­rica dell’emancipazione pos­si­bile. Eman­ci­pa­zione che, ritiene il socio­logo, può darsi solo attra­verso il poten­zia­mento del ruolo della cri­tica e dell’opposizione, capaci di garan­tire un’identificazione pre­cisa dei pro­cessi di sfrut­ta­mento: resta però da capire, fuori da un discorso pre­li­mi­nare, quali stra­te­gie con­crete con­cor­rano al raf­for­za­mento di tale alter­na­tiva e alla lotta con­tro l’assoggettamento, al di là di un valido e cor­retto approc­cio meto­do­lo­gico al pro­blema, che resta ovvia­mente necessario.

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