mercoledì 3 dicembre 2014

L'idolatria della gastronomia nella società postmoderna

Food Economy
Antonio Belloni: Food Economy, Marsilio, pp. 142, euro 13

Risvolto

Quali sono le ragioni per cui oggi il cibo è fotografato, idolatrato, esibito, narrato? E perché, se in Italia non ne aumenta il consumo, la sua presenza in tv, sui giornali, sul web è invece così ingombrante? Divenuto il messaggio di tante forme di comunicazione, il cibo è lo strumento con cui rivendicare la propria identità individuale, territoriale e religiosa. Dà sfogo alla creatività e risponde a criteri estetici. Allo stesso modo, il consumatore non è più solo una «macchina metabolica»: prima che il cibo giunga nel suo piatto pretende di conoscerne valori nutrizionali, origine e salubrità. Un pacchetto di dati che hanno un valore crescente e costituiscono una grande fetta di business per chi lo produce, trasforma e distribuisce, ma soprattutto per chi lo racconta e lo porta quotidianamente nelle nostre case. Accanto a questa evoluzione recente, si rafforzano successi economici e contaminazioni del cibo con altri settori, come la moda e il turismo. Un mix di elementi che, sotto la patina glamour della Food Society - dove il cibo è tendenza e linguaggio, e gli chef sono i nuovi guru di una religione alimentare -, muove un flusso globale di scambi che genera ricchezza. È la guerra della Food Economy, raccontata in questo libro, che si fa sempre più serrata, a colpi di brand, certificazioni e marchi d’origine. Tra consumatori di paesi evoluti ed emergenti, l’Italia è consapevole di trovarsi nel posto giusto al momento giusto?


Luigi Russi: In pasto al capitale. Le mani della finanza sul cibo, Castelvecchi, pp. 188, euro 22

Risvolto

Gli ultimi trent'anni hanno inaugurato un periodo in cui è aumentata, in maniera senza precedenti, la capacità del capitale finanziario di condizionare un numero crescente di aspetti del vivere quotidiano. Il mondo del cibo è uno di questi, sfigurato da cicatrici difficili da rimarginare. Le conseguenze sono pesanti: la crisi dei prezzi alimentari del 2008, il pugno di ferro dei giganti della distribuzione che occupano le filiere, la devastazione ecologica disseminata da reti globali di approvvigionamento, il furto di terre nel nome dello sviluppo. "In pasto al capitale" - testo giù uscito in Gran Bretagna nel 2013 col titolo "Hungry Capital" - presenta un'analisi accessibile, e al contempo rigorosa, dell'impatto che il sistema finanziario esercita sull'economia del cibo a vari livelli: partendo dalla speculazione sulle derrate alimentari fino alle intricatissime filiere messe in piedi da produttori e supermercati. Ad ogni passo, la finanza fa sprofondare il cibo in un circolo vizioso volto ad accumulare profitti su profitti e colonizza il rapporto tra esseri umani e natura su cui si regge l'agricoltura. Il risultato finale, sostiene Russi, è un Leviatano dai piedi d'argilla, che si tiene unito a stento. E che lascia sul terreno innumerevoli vittime: la vitalità dell'ecosistema, la resilienza dell'agricoltura e l'esistenza stessa dei contadini. 


«Food economy», il nuovo cibo dell’editoria
La speculazione selvaggia sui prodotti della terra, l’antropologia a tavola, i program m i in tv Due libri raccontano gli intrecci finanziari delle filierie e l’agricoltura com e fenom eno culturale

3 dic 2014  Libero ATTILIO BARBIERI 
Il cibo diventa un fenomeno antropologico complesso attraverso cui si può cogliere uno spaccato significativo della società post-industriale, ma soprattutto analizzare i nuovi rapporti di forza che connettono i protagonisti delle filiere tradizionali: produttori agricoli, industria e distribuzione. Parte proprio da qui, dalla riconfigurazione di queste catene del valore, l’analisi comune a due volumi usciti di recente. Il primo, In pasto al capitale (Castelvecchi, pp. 188, euro 22) di Luigi Russi, racconta come la finanza sia riuscita a mettere le mani sul cibo, modificandone irreversibilmente le modalità con cui viene scambiato, a partire dai meccanismi che contribuiscono a fissarne il valore e il prezzo. Il secondo, Food Economy ( Marsilio, pp. 142, euro 13), scritto da Antonio Belloni, ricostruisce accuratamente il contesto antropologico in cui il cibo è riuscito a diventare un protagonista assoluto. 
Due dimensioni diverse seppure contigue di un fenomeno che il sociologo Giuseppe De Rita ha definito «politeismo alimentare». Una nuova religione laica che fa del cibo e dell’alimentazione moda, desiderio, necessità economica ma soprattutto culturale. Il cibo raffigurato da Russi, dottorando in Politica economica alla City University di Londra, è quello di cui si è impadronita la grande finanza. Capace di svincolare i meccanismi che presiedono alla fissazione del suo valore - e quindi del prezzo - dalle variabili che hanno regolato l’economia agricola per millenni: la consistenza dei raccolti e soprattutto la domanda fisica delle materie prime alimentari. Russi ricostruisce con l’abilità del ricercatore gli eventi che hanno condotto alla «finanziarizzazione» della terra e dei suoi prodotti. 
Un fenomeno relativamente recente, esploso in tutta la sua gravità con la bolla speculativa del 2008, quando le quotazioni di grano, mais, soia, riso e perfino caffè, balzarono ai massimi di sempre. Il volume smonta sistematicamente le spiegazioni amplificate inconsapevolmente dai media in base alle quali a governare le quotazioni delle commodity alimentari sarebbero cattivi raccolti, fenomeni meteorologici, oppure l’aumento della domanda di cereali in Cina e India impegnate ad allevare più bovini e suini alimentandoli con mangimi a base di cereali. Nulla di tutto questo. 
in genere sono il regno dei cultori della «decrescita felice», un movimento nato circa dieci anno or sono e le cui argomentazioni si sovrappongono spesso con quelle del grillismo. Non a caso l’ex leader dei Cinque Stelle ne ha fatto a lungo un cavallo di battaglia. Fra gli argomenti portati a sostegno delle proprie tesi dai profeti della decrescita c’è la parabola dello yogurt fatto in casa, citata più volte anche dall’ideologo del movimento, Maurizio Pallante. In pratica, se ti fai lo yogurt da te, sfruttando i fermenti lattici che si autoriproducono, risparmi il vasetto di plastica o di vetro che contieni sociali complessi, tutti legati al ne quello industriale, i cartoni cibo, che valicano i confini della utilizzati per movimentarli e putriade con cui da sempre lo si è re la benzina per recarsi al surappresentato: produzione, trapermarket. Senza contare il gasformazione, consumo. Il cibo solio impiegato dai camion per A provocare l’esplosione delle produce valore per ogni tweet lantrasportare il prodotto finito alquotazioni è stata una speculaziociato con l’hashstag #food, per le catene di commercializzazione selvaggia che controlla fino al ogni libro di ricette, per ogno prone e prima quello necessario 40% dei contratti futuri sui prodotgramma televisivo che ha raccolper consegnare il latte dalla stalti della terra. Le obbligazioni in to pubblicità. «Crea lavoro per la all’impianto di trasformaziobase alle quali un produttorene.estuoli di camerieri, maître di sala, un intermediario finanziario si ristoratori, contadini, allevatori, eccato che nella parabola obbligano vendere una certa derproduttori, biologi, comunicatodello yogurt ci si dimentichi rata alimentare a una data stabiliri, chimici, esperti di marketing e una variabile fondamentale: il ta. A iniziare le danze fu il colosso persino psicologi e intellettuali». lavoro. Se le industrie lattiero americano Goldman Sachs, all’iDiverse le soluzioni che i due casearie dovessero smettere di nizio del Duemila, dopo la dereautori propongono per superare produrre yogurt, taglierebbero gulation varata dalla Commodity le storture legate alla finanziarizinevitabilmente gli addetti a Futures Trading Commission, auzazione da un lato e alla guerra questa lavorazione. Lo stesso thority incaricata di supervisionadella food economy dall’altro. accadrebbe nelle fabbriche da re gli scambi di future sulle mateRussi disegna una sorta di neo-cocui escono i vasetti di plastica e rie prime. operazione basata sulla collabodi vetro utilizzati per confezio 

La tesi sviluppata da Belloni, razione fra produttori e consumanarlo. Stesso esito negli impianesperto di strategie di comunicatori, anticipata via web dalle coti che producono il cartone per zione e internazionalizzazione munità informali come Genuino gli imballaggi. Senza dimenticadelle imprese, si gioca soprattutto Clandestino (genuinoclandestire gli autisti dei camion che li in una dimensione antropologino.noblogs.org), che tuttavia finitrasportano e i banconieri dei ca. Il cibo ha smesso definitivascono inevitabilmente per sconfisupermercati addetti alle cormente «le vesti di pura necessità nare nell’antagonismo politico e sie dei latticini. Come pure per diventare l’oggetto di discussociale. Belloni, al contrario, imquanti lavorano alla produziosione a livello sociale». La food magina che la sintesi della food ne e alla distribuzione dell'enereconomy è il risultato della crescisociety si possa realizzare nei gia impiegata in tutta la filiera. ta amplificata dai media di più fatnetwork, basati soprattutto su InMorale: questo, come tanti altori concomitanti: i cosumi alimeternet, capaci di connettere setri paradigmi proposti dai movitari nei mercati emergenti, la facondo relazioni inedite, il mondo menti antagonisti, è fortemenme di conoscenza sul cibo nei Padella produzione, gli agricoltori, te recessivo e foriero di disastri esi avanzati e la diffusione delle con l’industria di trasformazione, economici e sociali. I primi dantecnologie per la produzione. Ma la distribuzione e i consumatori. neggiati dallo yogurt della desoprattutto la circolazione e la coUn insieme di rapporti di cui si crescita felice sarebbero quanti municazione del cibo in entrampossono cogliere le prime avvisane fanno una bandiera di riscatbi i contesti. Ma la food society glie nelle prime comunità inforto contro la società dei consuche ne esce, spiega Belloni, è comali tra produttori e consumatomi. munque il precipitato di fenome- ri.

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