venerdì 12 dicembre 2014
Narrazioni medievali
San Brendano e Carlo Magno in viaggio tra pericoli e fantasie
Riferimenti classici e ricerca di Dio nella Natura: due grandi «Odissee» del Medioevo
di Pietro Citati Corriere 12.12.14
La
navigazione di San Brendano (Edizioni del Galluzzo) è uno dei testi più
divertenti e incantevoli del Medioevo, che deve la sua grazia alla
equilibrata follia della mente irlandese. Quasi certamente è stato
scritto in Irlanda verso la fine del settimo secolo: nutrito di materia
popolare irlandese e di tradizione biblico-cristiana — la agiografia,
gli apocrifi, oltre che dell’amatissimo Romanzo di Alessandro. Come dice
il titolo, La navigazione di San Brendano è un libro di navigazione. Il
monaco si lascia dietro le spalle il convento e ogni luogo fermo, ed
esplora sempre più a lungo le profondità dell’oceano, le tempeste e le
maree, che gli permettono di capire la propria ricerca di perfezione, e
di inseguire quel punto di fuga che è Dio. Tutto ciò che esprime il
viaggio e il vagabondaggio per mare è affascinante e bellissimo. Come
nell’Odissea, tutto profuma di mare. Soprattutto le isole: i luoghi
fuori dal tempo e chiusi nel silenzio, ricercati dall’instancabile
vagabondaggio; isole che, nel mare d’Irlanda, sono moltissime, ora
distanti ora prossime l’una all’altra.
Chi guida il viaggio è un
monaco, San Brendano, «uomo di grande austerità», nato nel Kerry, nel
sudovest dell’Irlanda, che secondo la leggenda sarebbe stato anche in
Scozia e nel Galles. Come tutti gli asceti cristiani, si nutre di
pochissimo cibo, solo frutta e prodotti vegetali, che quasi sempre sono
un dono divino, come l’acqua. Fa miracoli: ha il dono della preveggenza,
che gli permette di raccontare ai monaci e al narratore, fin nei minimi
particolari, tutto ciò che accade nel tempo a venire. Il futuro, la sua
abitazione prediletta, lo fascia amorosamente come un nido o una culla.
Mettendo mano agli attrezzi, Brendano e i suoi compagni fabbricano
una barca molto leggera, con le coste e le traverse di legno di tasso, e
la ricoprono di pelle bovina conciata con corteccia di quercia:
all’esterno dell’imbarcazione spalmano tutte le giunture della pelle col
grasso; e mettono all’interno le provviste per quaranta giorni, il
grasso con cui trattare le pelli, l’albero a vela e gli strumenti
necessari per la vita di ogni giorno. Lasciano la terra; e vanno di
isola in isola. San Brendano è il nuovo Mosè che cerca di penetrare
nella terra di Canaan: o Adamo che ritorna nell’Eden; solo che Canaan e
l’Eden cambiano, per lui, nome e luogo, secondo le isole sulle quali
posa ogni volta il piede. Non vede che cielo e terra: il mare è così
limpido, che può vedere tutto ciò che sta sul fondo: gli sembra di poter
toccare con la mano gli animali di razza diversa, che nuotano o
strisciano sotto la barca.
Un’isola porta il nome di paradiso degli
uccelli: rocciosa, con pochi alberi; essa è in realtà, come Dio rivela a
San Brendano, un animale mostruoso, mobile e vivente. Tutti gli uccelli
cantano con una sola voce: «La salute si deve al Dio nostro, che siede
sul trono, e all’agnello». Fanno risuonare a lungo le voci e le ali. Un
uccello siede sulla cima di un albero, con le ali distese, che vibrano
come un grande organo.
Vedono balene, che gettano spuma dalle
narici, solcando le onde ad altissima velocità: uccelli giganteschi che
tendono rami di un albero sconosciuto, che ha in cima un grosso grappolo
di uva straordinariamente rossa. Altre isole sono perfettamente
pianeggianti, al punto che appaiono simili al mare, prive di alberi e
vegetazione. Schiere di fanciulli, di giovani e di anziani cantano inni
sacri. Una di queste isole viene avvolta a un tratto da una nube di
meravigliosa luminosità, così fitta che San Brendano non può vedere ciò
che ha scorto fino a allora. Su un’altra isola, dimora un sant’uomo,
Paolo, un vecchissimo eremita spirituale, che non si nutre di nessun
cibo e vive di niente. L’isola dell’inferno emette un gran fuoco dalla
vetta ed è velata da nebbie. Una folla di diavoli trascina un monaco
verso i tormenti, precipitandolo nelle fiamme.
Nel mondo idilliaco
delle isole dei viaggi sono rare le apparizioni del male. Gli uccelli
dell’isola del paradiso erano stati guidati da Lucifero: vennero esclusi
dalle creature fedeli al Signore; eppure contemplano la presenza di
Dio. Anche la creazione malvagia fa dunque parte della creazione buona.
Tutto è bello, puro, innocente. La voce che racconta la navigazione di
San Brendano e dei suoi monaci cancella ogni traccia di pericolo e di
sciagura e trascina i monaci, beatamente, di isola in isola, fino
all’isola ultima.
La Vita Karoli (Edizioni del Galluzzo) è la più
famosa biografia del Medioevo. Noi, oggi, siamo abituati (come, del
resto, era abituato Plutarco) a cercare in ogni personaggio i lineamenti
più particolari, cancellando tutti gli altri tratti. Certamente
Eginardo racconta, con il suo acuto sguardo da testimone oculare, i
momenti singolari della vita di Carlo Magno. Ma questa fedeltà
all’esistenza non gli basta: egli trasforma Carlo Magno nell’Augusto di
Svetonio; vede Carlo in Augusto e Augusto in Carlo, con un incantevole
gioco di riflessi e di specchi. Così il suo testo breve e concentrato
non crea un carattere, ma quasi un mito: il mito della grande figura
regale che illumina di sé tutto il Medioevo.
Come Svetonio, Eginardo
divide la vita di Carlo Magno in due sezioni: una è dedicata all’uomo
di Stato e alle sue imprese e un’altra al suo carattere. Non parla
volentieri delle imprese militari.
Ciò che sopratutto lo interessa è
la «energia» di Carlo Magno: la sua incrollabile, inflessibile
determinazione, sia nella cattiva sia nella buona sorte: egli è sempre
uguale a se stesso; oppone sempre la stessa volontà a tutti gli eventi
della vita. Non è violento ma mite, non frammentario ma continuo. È un
re cristiano: quando combatte contro i Sassoni, si propone di condurre
alla nostra religione «quei selvaggi dediti al culto dei demoni, fino a
quando impone loro i sacramenti della fede e della religione cristiana».
Quando scende a Roma passa i suoi giorni «in venerazione dei luoghi
sacri, sopratutto la chiesa di san Pietro». Come re-architetto, fa
costruire la basilica della Santa Madre di Dio ad Aquisgrana e lì vive
negli ultimi anni.
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