giovedì 8 gennaio 2015

Gott mit uns: da Houellebecq a Umberto Eco, è cominciato il Kulturkampf degli intellettuali occidentali di tutte le tendenze politiche



E' in queste circostanze - come già nel corso delle guerre dall'inizio degli anni Novanta a oggi, come sempre - che gli intellettuali mostrano di che pasta sono fatti e cosa veramente pensano. Qui, ad esempio, Umberto Eco dimostra tutta al propria inconsistenza politica - immutata dai tempi in cui si firmava Dedalus sul Manifesto sino ad oggi - e svela il senso della propria parabola intellettuale postmoderna [SGA]. 
La provocazione nel nuovo romanzo di Michel Houellebecq, «Sottomissione» di Stefano Montefiori, corrispondente a Parigi Corriere 17 12 2014

Houellebecq: "Il Corano? È meglio di quello che pensavo"
Il suo libro ha scatenato un putiferio in Francia: "L’idea di un partito musulmano mi sembra plausibile"Franco Grilli - il Giornale Ven, 09/01/2015 

Il filosofo che ha scritto un trattato di ateologia giudica plausibile la tesi dell’autore francese E paragona il romanzo dello scandalo alle grandi distopie di Orwell, Bradbury e Huxley
«È un continente morto, oggi in mano ai mercati. Domani forse all’islam»dal nostro corrispondente Stefano Montefiori Corriere 5 1 2015

Lo scrittore francese interviene nel dibattito sul nuovo libro di Houellebecq e lancia un parallelo con quanto accadde fra cristianesimo e mondo classico
di Emmanuel Carrère Corriere 6 gennaio 2015 

Il romanzo sull'islam fa discutere. Hollande: "Non si deve cedere a paura e angoscia". Le Pen: "E' fiction ma potrebbe diventare realtà"

Il romanziere sotto scorta ora piange l’amico morto. Disse: «Non sento una responsabilità particolare per quello che scrivo. Un romanzo non cambia la storia»
di Stefano Montefiori Corriere 8 1 2015

Sotto protezione Houellebecq, scrittore che immagina una Francia in chador


Lo scrittore: «Lo Stato islamico vuole impadronirsi del mondo. È come quando da piccolo vivevo sotto i bombardamenti»
di Paolo Di Stefano Corriere 8 1 2015

Stragi, persone e idee
Houellebecq, Soumission e l’urgenza di una scelta
di Armando Massarenti Il Sole 8.1.15
Ora siamo tutti chiamati a scegliere senza ambiguità. O difendiamo i principi e i valori di libertà faticosamente conquistati nella storia della nostra civiltà occidentale – in primis la libertà di stampa, di espressione, di satira, di critica, di parola, di cui si è nutrita la modernità fin dai suoi albori e da dove è nato tutto il resto – o ci abbandoniamo alle mille ambiguità che nel corso degli ultimi decenni hanno minato, in buona parte dei Paesi occidentali, la distinzione fondamentale tra diritto e religione, facendo entrare prepotentemente nella sfera pubblica principi estranei a quelli della laicità dello Stato.
È questa l’ambiguità di cui si nutre anche l’ultimo, discusso, romanzo di Michel Houellebecq, «Sottomissione» (in uscita per Bompiani), che contiene pagine che appaiono raggelanti se lette alla luce di ciò che è accaduto ieri, anche se in realtà nulla o ben poco fa pensare che il terribile attentato terroristico subito dalla rivista satirica Charlie Hebdo, che nel suo ultimo numero pubblicava in copertina una garbata presa in giro dello scrittore, abbia a che vedere con l’uscita contemporanea del romanzo. Di raggelante ci sono gli attentati rivendicati nel libro, inneggianti all’identità religiosa, che paiono preconizzare esattamente ciò che si è avverato. Un esempio di come un grande scrittore possa essere in grado di comprendere, meglio di mille analisi socio-politiche, che cosa bolle in pentola nella società, anche all’interno di un romanzo distopico (o utopico: già qui troviamo una notevole ambiguità), puro frutto dell’immaginazione, ambientato in un non troppo lontano 2022. È quello l’anno in cui Houellebecq immagina che in Francia, pur di non far vincere Marine Le Pen alle presidenziali, in vantaggio nei sondaggi, tutti i partiti tradizionalmente democratici votino per i Fratelli Musulmani, facendo succedere a Hollande un presidente musulmano. E ciò non si rivelerà per nulla sconvolgente. Il protagonista del romanzo è un professore universitario che si riconosce nelle parole ottocentesche di Huysmans – «sono ossessionato dal Cattolicesimo, inebriato dalla sua atmosfera d’incenso e di cera, gli giro intorno, scosso fino alle lacrime dalle sue preghiere, spremuto fino al midollo dai suoi salmi e dai suoi inni...» – ma che di fatto conduce una vita sentimentale insoddisfacente, fatta solo di relazioni saltuarie, con studentesse o escort di diverse età, a parte la sua ragazza ebrea che alla fine preferisce trasferirsi in Israele. Di fronte alla vittoria dell’Islam si converte, anzi si “sottomette” volentieri ad esso, con facilità e cogliendone tutti i vantaggi, individuali e sociali: l’Islam gli offre «la compagnia» e un quadro affettivo stabile – è la stessa religione a fornirgli le donne di cui ha bisogno – e garantisce una maggiore coesione sociale e, tra l’altro, minore disoccupazione. Ma la sua “sottomissione” è in realtà il simbolo di una resa ben più ampia, molto al di là dei problemi posti dall’immigrazione islamica in un Paese laico per antonomasia. È il suicidio di un’intera civiltà, quella dei Lumi, della liberaldemocrazia, dello Stato di diritto, che è costretta a cedere il passo a principi e valori – o alla barbarie – che l’avevano preceduta.
È a questa resa incondizionata, descritta da Houellebecq, e già pigramente presente in molti atteggiamenti sociali e intellettuali degli ultimi decenni, che l’attentato di ieri ci deve spingere a reagire con la massima fierezza. È vero che in questi ultimi anni – e non solo sul versante dell’Islam radicale – troppo spesso si è giocato con le parole per calpestare i principi dell’Illuminismo, fingendo di non capirne l’importanza da cui dipende la stessa identità europea e nordamericana. Autonomia, laicità, verità, umanità, universalità, diritti umani, tolleranza, metodo scientifico, divisione dei poteri: se crediamo in queste cose è perché, che ne siamo consapevoli o meno, siamo tutti figli dell’Illuminismo, e ne rivendichiamo i principi ogni volta che vogliamo protestare contro l’intolleranza, il fanatismo, la tortura, la censura, le discriminazioni, gli abusi e le menzogne del potere. Come ha sostenuto un altro francese illustre, Tzvetan Todorov, il problema è che i mali che i Lumi hanno voluto combattere, «oscurantismo, autorità arbitraria, fanatismo», si sono rivelati più resistenti di quanto non immaginassero gli uomini del XVIII secolo. Sono come «le teste dell’idra che rispuntano non appena tagliate». Ma è proprio per questo che non bisogna cedere. Non è questione di difendere una parte in causa. Non è questione di essere atei, cattolici o seguaci dell’Islam, moderato o radicale che sia. È questione di riconoscere entro un quadro costituzionale e legislativo certo le libertà di tutti. I padri fondatori della Costituzione americana erano quasi tutti ferventi religiosi, ma hanno deciso di tenere la religione fuori dalla sfera politica. La tragedia di ieri è avvenuta nello Stato che in realtà finora ha saputo tenere saldi i principi della laicità più di ogni altro Paese europeo. La loro sfida è, deve essere, anche la nostra.

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