martedì 31 marzo 2015

Da Spinoza a Hegel e Marx: una lettura

Libre comme Spinoza<br><i>Une introduction à la lecture de l’Éthique</i>Denis Collin: Libre comme Spinoza. Une introduction à la lecture de l’Éthique, Max Milo Éditions 

Risvolto

Spinoza est le principal et le plus génial représentant de ces « Lumières radicales » identifiées par l’historien Jonathan Israël. Il n’est pas un penseur solitaire, mais un homme engagé à sa façon dans un puissant mouvement qui vise l’émancipation humaine. Avec Spinoza s’annonce « le crépuscule de la servitude ». Et c’est bien d’un grand commencement dont il s’agit.

Il ne faut pas se méprendre. Les lumières de Spinoza ne consistent pas seulement à dissiper les prétendus mystères et les brumes de la religion pour leur substituer la connaissance scientifique, rationnelle, de la réalité (Dieu ou la nature). Spinoza n’est pas seulement un démystificateur : il ne s’agit pas d’ôter les fleurs imaginaires qui camouflent les chaînes mais de briser les chaînes qui asservissent l’homme pour cueillir la fleur vivante. Comprendre les lois de la nature, c’est très bien, mais plus utile encore est la compréhension des lois de la nature humaine, la compréhension des mécanismes affectifs qui permettent la domination des uns et la servitude de tous. C’est le sens profond de L’Éthique : comment se libérer, comment bien vivre ? Les plus grands, Diderot, Hegel, Marx, se nourriront de cet enseignement-là.

Denis Collin est philosophe et professeur de philosophie. Il a publié de nombreux ouvrages en philosophie générale ou en philosophie politique et morale, des études consacrées Marx, Machiavel ou Vico. Ses articles et contributions sont disponibles sur le site Philosophie et politique.



Non più schiavi delle passioni 
Filosofia. «Libre comme Spinoza. Une introduction à la lecture de l’Éthique» di Denis Collin, pubblicato da Max Milo Éditions di Parigi. Per una nuova rilettura del «conosci te stesso» e dei propri limiti

Alberto Giovanni Biuso, 31.3.2015 

L’Ethica ordine geo­me­trico demon­strata non è sol­tanto uno dei libri più grandi che siano stati scritti, è soprat­tutto un libro vivo. In Libre comme Spi­noza. Une intro­duc­tion à la lec­ture de l’Éthique (Max Milo Édi­tions, pp. 287, euro 19,90) Denis Col­lin accom­pa­gna il let­tore in que­sto labi­rinto di sag­gezza, senza mai ridurre il cam­mino a un sem­plice com­mento, ma diven­tando una vera «intro­du­zione» alla com­ples­sità del pen­siero spi­no­ziano.
Con­tra­ria­mente a ciò che a volte si pensa, Spi­noza (1632 — 1677) non fu affatto un pen­sa­tore soli­ta­rio e misco­no­sciuto ma intrat­tenne rap­porti sia diretti sia epi­sto­lari con alcuni dei più impor­tanti stu­diosi del suo tempo, fu un uomo cele­bre già da vivo — per quanto sem­pre riser­vato -, costan­te­mente impe­gnato nel dibat­tito poli­tico della sua epoca. Anche l’Ethica è un libro poli­tico poi­ché enun­cia le strut­ture meta­fi­si­che dell’emancipazione. Eman­ci­pa­zione da ogni super­sti­zione vale a dire dagli errori e dagli equi­voci con­cet­tuali che impri­gio­nano le nostre vite tra le stan­ghe dell’inquietudine e della sot­to­mis­sione alle pas­sioni indi­vi­duali e col­let­tive. Pas­sioni che Spi­noza non rifiuta affatto, giu­di­can­dole anzi costi­tu­tive dell’umano, ma che inse­gna a gestire e a vivere in modo che non ci dan­neg­gino troppo e anzi ci sosten­gano nell’esistere. Chi vuole essere libero deve vivere nell’immanenza, nella pie­nezza del qui e ora. 
La costanza indi­strut­ti­bile di tutto ciò che esi­ste viene defi­nita da Spi­noza con la parola Deus, che quindi non ha alcun signi­fi­cato per­so­na­li­stico, non è una volontà ma indica la potenza eterna dell’essere, della quale noi e ogni altro ente siamo mani­fe­sta­zione par­ziale ed eterna in quanto par­te­ci­piamo dell’eternità della sostanza. C’è in Spi­noza una chiara decli­na­zione anti­sog­get­ti­vi­stica, avversa all’interiorità e favo­re­vole invece alle strut­ture ogget­tive della mate­ria e delle sue leggi. Al di là dei due gradi dell’immaginazione con­fusa e della ragione cal­co­lante, que­sto filo­sofo coglie il livello supremo dell’intuizione intesa come amor Dei intel­lec­tua­lis, come com­pren­sione e accet­ta­zione del fatto che il cor­po­mente umano è parte di un tutto. La mente altro non è che l’idea del corpo: «Sot­to­li­neare que­sto: ’la mente è l’idea del corpo’ e non ’la mente ha l’idea del corpo’». 
La filo­so­fia è come un impa­rare a nuo­tare diven­tando una cosa sola con l’acqua in cui si è immersi: «Ci sem­bra che l’amore intel­let­tuale di Dio è que­sto! Il momento in cui la mente sin­gola non esi­ste più come un sog­getto di fronte all’oggetto, il momento in cui i pen­sieri del sag­gio sono tal­mente coor­di­nati con i pen­sieri delle cose e con l’idea di Dio, che la mente del sag­gio è come si esten­desse alla dimen­sione del mondo intero, e dun­que che la parte si estenda al tutto (almeno poten­zial­mente)». Il pen­siero di Spi­noza è una «filo­so­fia del limite», distante da qual­siasi antro­po­cen­tri­smo, cri­stiano o car­te­siano che sia, e vicino invece al pen­siero dei Greci: «Si può vedere in que­sto pen­siero dell’impotenza umana una trac­cia dell’idea greca che sot­to­mette l’uomo all’ordine dell’universo e con­danna le pre­tese umane di sfug­gire a tale ordine, con­danna la dismi­sura, ciò che i Greci con­si­de­ra­vano come il solo vero pec­cato — ricor­diamo che il ’cono­sci te stesso’ signi­fica prima di tutto: ’cono­sci la tua pro­pria misura’. Qui si può anche vedere una pre­fi­gu­ra­zione di alcune cor­renti del pen­siero moderno, le quali con­dan­nano la folle pre­tesa umana di domi­nare la natura». 
Uno Spi­noza greco emerge quindi dalla let­tura di Col­lin, sem­pre attento a cogliere e a chia­rire «il carat­tere pro­fon­da­mente clas­sico dell’etica spi­no­ziana e i suoi intimi rap­porti con le con­ce­zioni degli anti­chi», in par­ti­co­lare con l’epicureismo e con l’Etica nico­ma­chea di Ari­sto­tele. Greco anche per­ché lon­tano da ogni spe­ranza: «Il sag­gio non ha biso­gno di spe­rare, poi­ché è pie­na­mente felice» nel senso che egli accetta sino in fondo la natura desi­de­rante della sostanza umana — senza la quale saremmo sem­pli­ce­mente morti — ma la volge in azione del cor­po­mente, non suben­dola più come pas­sione della volontà in balia degli eventi esterni. Siamo dun­que mac­chine del desi­de­rio e lo siamo al punto che «filo­so­fare non vuol dire rinun­ciare alla gioia e al desi­de­rio, al con­tra­rio signi­fica dare loro il mas­simo spa­zio» all’interno della strut­tura neces­sa­ria della vita. 
Sta qui la piena con­se­quen­zia­lità della cri­tica radi­cale che Spi­noza ha rivolto alla super­sti­zione del libero arbi­trio, poi­ché cre­dersi liberi — nel senso di non avere cause agenti delle pro­prie deci­sioni — signi­fica sem­pli­ce­mente sepa­rare l’umano dalla natura e quindi dalla sostanza, tra­sfor­marlo in un «impero den­tro l’impero», non com­pren­derlo più nel cer­chio vasto dell’essere, sul quale si fonda anche la comu­nità umana libera per­ché costruita sul limite reci­proco e con­di­viso, nel quale la «poten­tia» di cia­scuno non diventa «pote­stas» tiran­nica di nessuno. 
Lo spi­no­zi­smo è una «gaia scienza», assai vicina a quella nie­tzscheana, sia come filo­so­fia del sospetto verso i prin­cipi morali ete­ro­nomi sia come disin­canto. Di que­sta gaia scienza è parte la com­pren­sione di uno dei sen­ti­menti più potenti che si diano, la pas­sione amo­rosa. Spi­noza, come molti faranno dopo di lui con stru­menti di carat­tere più empi­rico o più arti­stico, mostra come noi non amiamo qual­cosa o qual­cuno per­ché è «buono» ma lo giu­di­chiamo tale pro­prio per­ché lo desi­de­riamo, lo amiamo. L’amore è cieco, alla lettera. 
Spi­noza rimane, invece e ine­vi­ta­bil­mente, legato ad alcuni dei pre­giu­dizi e delle con­vin­zioni del suo tempo, anche quando sono evi­den­te­mente con­trari allo spi­rito pro­fondo della pro­pria filo­so­fia. Tra que­sti pre­giu­dizi c’è la rela­zione gerar­chica e antro­po­cen­trica con gli altri ani­mali. Se, a dif­fe­renza di Descar­tes, Spi­noza ammette che gli ani­mali abbiano sen­sa­zioni, «afferma che l’uomo ha tut­ta­via il diritto di disporne secondo la sua volontà: il diritto non è che una que­stione di potere ed essendo il potere umano supe­riore a quello degli ani­mali, egli può imporre il suo diritto di natura». E que­sto dimo­stra che anche l’uomo più sag­gio, il filo­sofo più acuto, non può del tutto astrarsi dal pro­prio tempo.

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