domenica 29 marzo 2015

La Cina da Impero a Stato-nazione: Wang Hui

Cover: China from Empire to Nation-State in HARDCOVER
Wang Hui: China from Empire to Nation State, translated by Michael Gibbs Hill, Harvard University Press, pagg. 200, euro 27,00

Risvolto
This translation of the introduction to Wang Hui’s Rise of Modern Chinese Thought (2004) makes part of his four-volume masterwork available to English readers for the first time. A leading public intellectual in China, Wang charts the historical currents that have shaped Chinese modernity from the Song Dynasty to the present day, and along the way challenges the West to rethink some of its most basic assumptions about what it means to be modern.
China from Empire to Nation-State exposes oversimplifications and distortions implicit in Western critiques of Chinese history, which long held that China was culturally resistant to modernization, only able to join the community of modern nations when the Qing Empire finally collapsed in 1912. Noting that Western ideas have failed to take into account the diversity of Chinese experience, Wang recovers important strains of premodern thought. Chinese thinkers theorized politics in ways that do not line up neatly with political thought in the West—for example, the notion of a “Heavenly Principle” that governed everything from the ordering of the cosmos to the structure of society and rationality itself. Often dismissed as evidence of imperial China’s irredeemably backward culture, many Neo-Confucian concepts reemerged in twentieth-century Chinese political discourse, as thinkers and activists from across the ideological spectrum appealed to ancient precedents and principles in support of their political and cultural agendas. Wang thus enables us to see how many aspects of premodern thought contributed to a distinctly Chinese vision of modernity.

Filosofia politica Confucio incontra Adam Smith
di Sebastiano Maffettone Il Sole Domenica 29.3.15
Wang Hui, professore di letteratura e storia presso la prestigiosa Università di Tsinghua a Pechino, è oltre che un valente studioso un public intellectual assai noto in Cina. Si ritiene anche che la sua opera in quattro volumi Rise of Modern Chinese Thought costituisca un passaggio necessario per chiunque voglia approfondire la storia intellettuale della Cina. Questo corposo lavoro, però, che io sappia non è stato tradotto in lingue occidentali, e la traduzione inglese di China from Empire to Nation State costituisce una sorta di Introduzione e sommario assai utile per farsene un’idea. Il tema centrale del libro è sostanzialmente quello indicato nel titolo, sarebbe a dire la compresenza non sempre chiara nella storia intellettuale cinese di due narrative contrapposte, quella basata sulla centralità dell’impero e quella basata sulla prevalenza della nazione. Là dove la centralità dell’impero viene spesso considerata come la causa della mancata modernizzazione cinese, che sarebbe invece potuta avvenire solo passando al modello della nazione in maniera analoga a quanto fatto dalle nazioni europee.
Queste domande intersecano il problema più generale che riguarda la natura della modernità e i rapporti della Cina con essa. Wang Hui indaga questo problema alla luce di una letteratura scientifica vasta e affascinante che parte dalle fonti cinesi a quelle giapponesi, passando per i più autorevoli studiosi occidentali della questione, da Adam Smith e Hegel a Weber e Marx. La ricerca finisce per affrontare poi gli studi sul rapporto tra capitalismo e imperialismo, in una prospettiva che per molti di noi è del tutto inusuale. Nella trattazione della storia cinese, e in particolare del periodo della dinastia Qing, l’autore rintraccia la complessità della transizione alla modernità in Cina, con la difficoltà connessa ai tentativi di “egualizzare” la storia cinese stessa ai percorsi europei e occidentali. In questa ottica, appare evidente che la ricostruzione occidentale classica finisce per trascurare aspetti essenziali della storia cinese. Questi ultimi obbligano ad esempio chi studia queste vicende a prendere sul serio il confucianesimo, il suo impatto culturale e le sue mutazioni nel tempo. In particolare, l’interpretazione del “principio celeste” confuciano è legata al tema principale del libro, rappresentando da un lato un legame di tipo religioso con il passato e dall’altro potendo essere letto – come fece la scuola di Kyoto – in chiave secolarista e nazionalista. Da tutto ciò emerge che fasi antiche del pensiero cinese non sono state rimosse e superate, ma vivono per così dire sottotraccia nel presente.
Molto stimolante, ancorché talvolta un po’ troppo complessa, è la ricostruzione del processo di nazionalizzazione in Cina partendo criticamente dalla tesi – che si deve a Benedict Anderson – che questo processo vada di pari passo alla formazione di uniformità tra scritto e parlato. In conclusione, Wang Hui presenta la world-history in una prospettiva affatto ignota al lettore non professionale, e che diviene sempre più rilevante invece conoscere in un mondo globalizzato nel quale la Cina si afferma sempre più come attore significativo.

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