martedì 7 aprile 2015

Il Medioevo in viaggio: una mostra al museo del Bargello



Mostra in occasione dei 150 anni di Firenze Capitale e della fondazione del Bargello
Museo Nazionale del Bargello 20-03-2015 | 21-06-2015                                                             

Mercanti, poeti, pellegrini e crociati Storia di una società in cammino 
A Firenze una grande mostra illumina «il lato mobile» dell’età di mezzo tramite mappe, globi, bisacce, cofanetti e persino scatole da gioco portatili 
7 apr 2015  Libero MARIO BERNARDI GUARDI ARAZZI
Una società immobile quella del Medioevo? Tutt’altro. Anzi, sarebbe meglio dire una società «in viaggio». Si muovevano pellegrini e crociati, mercanti, commercianti e banchieri, preti e principi, cavalieri erranti e cercatori di ogni possibile (e impossibile) Graal, navigatori ansiosi di «seguir virtute e canoscenza» come l’Ulisse dantesco, artisti, goliardi affamati di scambi culturali e di avventure goderecce e, di corte in corte, schiere di poeti a celebrar l’Amore. 

Un Medioevo in concitato moto browniano, come quello di particelle solide sospese in un liquido, ha scritto Marc Bloch, e le ragioni di tale fenomeno, esplorate da altri studiosi come Jacques Le Goff e Aaron Gurevic e il nostro Franco Cardini, sono state tema del convegno «Viaggiare nel Medioevo» tenutosi a San Miniato nell’ottobre del 1998 e ricco di fecondi stimoli. 
Ed ecco che la mostra Il Medioevo in viaggio, inaugurata nell’ottobre 2014 nel parigino Musée de Cluny ed ora approdata a Firenze ( Museo del Bargello, fino al 21 giugno, catalogo Giunti), viene ad arricchire i percorsi della parola con potenti suggestioni visive, capaci di rappresentare la cultura sia ai piani alti sia in quelli della più quotidiana materialità. Infatti, attraverso le cinque sezioni tematiche in cui la rassegna è strutturata, possiamo davvero vivere un viaggio nella pluralità dei suoi significati, concreti e simbolici. 
Si parte dalla «rappresentazione del mondo». Che cos’è? Com’è fatto? Quanto è grande? È vero che è tondo e si divide in tre parti - Europa, Asia e Africa - e che è circondato da un oceano circolare? La rassegna fiorentina offre, come primo documento di quel che a quei tempi si sapeva o si immaginava, un prezioso globo in bronzo, argento e rame, che illustrava le costellazioni e serviva da strumento didattico e di calcolo astronomico; ci sono, poi, mappe, pergamene con cronache di viaggi per mare, portolani, astrolabi utilizzati per conoscere l’ora attraverso la misurazione dell’altezza del sole o di una stella sopra l’orizzonte. 
Ma, al centro di tutto il medioevale cercare, c’è la tensione verso la salvezza dell’anima, nell’imitazione di Cristo, «archetipo stesso del viaggiatore», come scrive Herbert L. Kessler. Cristo è il primo pellegrino: attraversa la Palestina, predicando il Vangelo, entra in Gerusalemme e, dopo la Risurrezione, fa visita ai suoi discepoli a Emmaus e a Betania. Nel suo nome, il Medioevo peregrinante muove verso la Terra Santa e, quando le conquiste musulmane rendono pericolosi i viaggi in quelle zone, cerca luoghi sostitutivi come Roma, Santiago di Compostella e Boulogne-sur-Mer. 
Nella seconda sezione si può vedere il corredo da viaggio di chi intraprende il cammino di pentimento e di redenzione: da rari esemplari di calzature, alle insegne che distinguevano i pellegrini, cioè le placchette che venivano cucite sul cappello o sulle vesti, diverse a seconda delle mète raggiunte, alle borse fatte apposta per i souvenir/reliquie. Perché non si poteva tornare dai luoghi santi senza portarsi dietro un pio ricordo. In ogni caso si partiva e si tornava ben organizzati. Ad esempio, gli uomini di chiesa che, durante i loro spostamenti, dovevano continuare a dire messa, lo facevano attraverso altari portatili di tutte le dimensioni contenenti il necessario per la funzione liturgica. 
Crociati, cavalieri e militari sono i protagonisti della sezione dedicata alla guerra, perché allora l’Occidente scendeva in armi senza paura e con tanto di viatico ecclesiale: dunque si possono ammirare spade, scotte, pomi di daga, nonché tutto quel che serve alla cavalleria, arma risolutiva sui campi di battaglia, dai morsi alle staffe, dagli sproni ai ferri di cavallo. D’altra parte le guerresche imprese hanno bisogno di essere eternate: a farlo, miniature evocative e antichi codici che narrano gesta reali o immaginarie. 
Ovvio che non si viaggiasse solo per ripulir l’anima dalle incrostazioni peccaminose o per difendere la Cristianità. Lo si faceva anche, molto profanamente, in nome degli affari. E mercanti, banchieri e messaggeri hanno i loro «visibil segni» nella quarta sezione: scarselle, custodie per documenti, lettere di cambio, tessere mercantili, scatole da messaggero, che, a forma di cuore e di scudo e spesso contrassegnate con lo stemma del mittente, custodivano segrete epistole ed erano fornite di passanti per agganciarle alla cintura. 
C’era, poi, chi, in viaggio anche per un breve periodo, doveva continuare a dimostrare il proprio status, la propria autorità: re, principi, signori, belle dame dirette alla loro dimora nuziale ecc. amavano, in ogni circostanza, sventolare la loro visibilità. Testimoniata nella quinta sezione da sontuose selle intarsiate, cofanetti nuziali, cassoni per i vestiti, i libri, i gioielli, candelieri portatili, reliquari a forma di libro per non dimenticare le pratiche devozionali. 
Ma bisognava pur svagarsi: ed ecco una scatola da gioco portatile, in legno e osso, che permetteva di giocare, sulle due facce, sia agli scacchi che al tric-trac. Già, proprio quel gioco a dadi che piaceva tanto a Niccolò Machiavelli quando «si ingaglioffiva» all’osteria.

L’esercito degli irrequieti Mostre. Al Museo Bargello, una rassegna sul «Medioevo in viaggio» sfata il mito di un'epoca statica Marina Montesano il Manifesto 13.6.2015, 0:10
«Per­ché divento irre­quieto dopo un mese nello stesso posto, insop­por­ta­bile dopo due?», si chie­deva Bruce Chat­win, dive­nuto per molti l’immagine dell’irrequietezza con­tem­po­ra­nea; seb­bene lui per primo sot­to­li­neasse, in tutti i suoi scritti, che la dimen­sione del viag­gio appar­tiene non alla moder­nità quanto piut­to­sto alle cul­ture del pas­sato, in cui i con­fini nazio­nali non hanno rele­gato la cul­tura del noma­di­smo nella mar­gi­na­lità; o nel turismo.
Nono­stante il medioevo si sia visto affib­biare nel tempo l’etichetta di epoca sta­tica, oggi è abba­stanza dif­fusa la cogni­zione che si è trat­tato invece di un periodo di mobi­lità intensa, come dimo­stra anche la mostra Il medioevo in viag­gio (Firenze, Museo del Bar­gello, fino al 21 giu­gno, a cura di Ila­ria Ciseri) e il cata­logo dallo stesso nome che bene la illu­stra (Giunti, pp.240, euro 32). La cul­tura medie­vale trova nello «spo­sta­mento» e nello schema etico-allegorico delle scrit­ture che su dif­fe­renti piani e a diversi livelli ne danno conto – trat­tati enci­clo­pe­dici, scritti dida­sca­lici, opere mistico-allegoriche, memo­rie di pel­le­gri­nag­gio, romanzi d’avventure, rela­zioni a carat­tere tecnico-commerciale – un suo punto di rife­ri­mento costante, che si fonda sull’analogia tra iter-peregrinatio come espe­rienza esi­sten­ziale e sta­tus via­to­ris dell’uomo in quanto pel­le­grino che com­pie il suo per­corso della vita verso la Casa del Padre. È la ragione che rende il pel­le­gri­nag­gio la forma di viag­gio pri­vi­le­giata e mag­gior­mente carica di sign­fi­cati.
Ma non si per­cor­reva il mondo solo per ragioni reli­giose. Altre sezioni della mostra ci par­lano di viag­gia­tori per ragioni mili­tari: i cro­ciati – che peral­tro con i pel­le­grini si con­fon­de­vano fino a sovrap­porsi -, i guer­rieri nelle spe­di­zioni bel­li­che, i ban­chieri, i mer­canti, gli amba­scia­tori, ma anche i re e gli impe­ra­tori, in un’epoca di corti mobili. Senza dimen­ti­care i pre­di­ca­tori iti­ne­ranti e i chie­rici vaganti, nei quali le istanze reli­giose si intrac­cia­vano con quelle dell’apprendimento e dell’insegnamento.
Le grandi mète del pel­le­gri­nag­gio medie­vale erano San­tiago de Com­po­stela in Gali­zia (Spa­gna), Roma, Geru­sa­lemme; esse erano alter­nate a luo­ghi secon­dari, a pel­le­gri­naggi meno impor­tanti o «minori», soprat­tutto legati alla devo­zione dell’arcangelo Michele (Mont-saint-Michel in Nor­man­dia, la Sacra di San Michele in Val di Susa, Monte Gar­gano in Puglia) o a quella per la Madonna (Le Puy, Char­tres, Roca­ma­dour). I pel­le­grini erano pro­tetti dalla Chiesa, che col­piva con la sco­mu­nica chi li avesse offesi; erano sovente dei peni­tenti, rico­no­sci­bili per la sacca e il bastone da viag­gio; e, come segno della loro peni­tenza e della san­tità della loro mèta, por­ta­vano indosso — sugli abiti e sui copri­capi — dei distin­tivi speciali.
A par­tire dall’XI-XII secolo, per favo­rire scambi di ogni tipo, si crea­rono in tutta Europa mer­cati perio­dici o sta­gio­nali che si tene­vano in varie città di solito nei giorni con­sa­crati alla festa dei santi patroni locali (e per que­sto, da feria, «festa», pren­de­vano il nome di fiere): la dimen­sione reli­giosa si con­giun­geva così con quella com­mer­ciale. Le più famose ave­vano luogo in sei città della regione franco-orientale della Cham­pa­gne, dove ogni cen­tro ospi­tava il mer­cato per la durata di sei mesi.
Vi erano poi i grandi empori com­mer­ciali marit­timi, più impor­tanti di quelli dell’entroterra. Costan­ti­no­poli era il cen­tro di smi­sta­mento di tutte le merci che veni­vano dal mar Nero, dal nord (attra­verso i fiumi russi, il Don soprat­tutto, arri­va­vano le pel­licce, il miele, il legname, l’ambra) e soprat­tutto dal sud e dall’estremo Oriente, aree da cui giun­ge­vano i pro­dotti più pre­giati. Altri empori rile­vanti erano Anti­o­chia, Ales­san­dria d’Egitto e Damietta sulla foce del Nilo, e Bei­rut, che era il porto «natu­rale» della città di Dama­sco. Dama­sco a sua volta era il grande empo­rio a cui arri­vano le merci pre­giate, soprat­tutto le spe­zie, dal cen­tro dell’Asia o dall’Asia estrema.
Ma le spe­zie pote­vano anche giun­gere dall’Asia per via di mare, attra­verso l’Oceano Indiano, col favore del clima mon­so­nico che per­met­teva svi­luppi abba­stanza rapidi della marina a vela: i mon­soni sono venti costanti che, seb­bene peri­co­losi, fanno per­cor­rere grandi distanze in rela­ti­va­mente poco tempo. Attra­verso l’Oceano Indiano le flotte cinesi, indiane, arabe por­ta­vano le spe­zie di Giava, di Suma­tra, della Male­sia fino al Corno d’Africa; e dal Corno d’Africa pas­sa­vano poi all’Egitto attra­verso il Nilo, oppure risa­li­vano il Mar Rosso e in que­sto caso arri­va­vano tanto, di nuovo, in Egitto quanto verso la Siria, la Pale­stina e così via.
In linea con il con­te­nuto che illu­sta, è bello sapere che la mostra Il medioevo in viag­gio è iti­ne­rante in Europa: oggi a Firenze, ieri a Colo­nia e Parigi, domani a Vic. A ricor­dare come le radici dell’Europa risie­dano almeno in parte nella sua curio­sità per il mondo, nella voglia di per­cor­rerlo e di cono­scerlo, magari al fine di domi­narlo. Sono le diverse decli­na­zioni pos­si­bili di quella «ana­to­mia dell’irrequietezza» che almeno in pas­sato sem­bra averci accom­pa­gnato e che oggi, segno di una crisi pro­fonda, ci ha abbandonati.

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