venerdì 22 maggio 2015

Biblioteche d'Italia



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Gli scaffali proibiti 
Seduti sui libri. Precarizzate, svuotate di senso, snobbate dalla politica: sono le biblioteche pubbliche, luoghi di cultura e pensiero che rischiano di sparire. Una riflessione in attesa del Bibliopride, dal 22 al 24 maggio a Milano 

Alessandra Pigliaru il Manifesto Pubblicato 21.5.2015, 0:05 

Nel docu­mento pro­gram­ma­tico del 2011, Rilan­ciare le biblio­te­che pub­bli­che ita­liane, l’Aib – Asso­cia­zione ita­liana biblio­te­che — indi­cava già alcuni punti di rifles­sione intorno al ridi­men­sio­na­mento della spesa pub­blica e deter­mi­nanti un abbas­sa­mento delle risorse e dei rela­tivi ser­vizi. L’elemento in discus­sione, allora e oggi, ha a che fare con il ripen­sa­mento delle biblio­te­che come ser­vizi oltre che cul­tu­rali anche sociali, così come suc­cede nel resto dell’Europa. Essere biblio­te­cari e biblio­te­ca­rie è per­tanto una pro­fes­sione intel­let­tuale a pieno titolo. Per far fronte alla tra­sfor­ma­zione evi­dente che il lavoro nelle biblio­te­che pub­bli­che sta assu­mendo biso­gna avviare un pro­cesso di cam­bia­mento pro­fondo e «non gat­to­par­de­sco», come si legge anche in un altro docu­mento dell’Aib, Biblio­te­che e biblio­te­cari nel ven­tu­ne­simo secolo. 
Tra le biblio­te­che pub­bli­che di ente locale, che com­pren­dono le civi­che e le pro­vin­ciali, ve ne sono attual­mente molte che rischiano la chiu­sura, per via della cosid­detta legge Del­rio, n. 56 del 7 aprile 2014 che, come è noto, ha tolto alle pro­vince la com­pe­tenza per la cul­tura. Le Regioni si sareb­bero dovute pro­nun­ciare entro la fine del 2014 ma ancora non è acca­duto e al momento non si sa se la strada della regio­na­liz­za­zione potrà essere per­se­guita in ogni spe­ci­fico caso.
La Del­rio è tut­ta­via l’esito di un pro­cesso poli­tico ed eco­no­mico di svuo­ta­mento più lungo. A comin­ciare dagli anni Ottanta le biblio­te­che pub­bli­che cono­scono un livello di pre­ca­riato note­vole, per via di una ester­na­liz­za­zione a tratti sel­vag­gia e rei­te­rata e nel peg­giore dei casi di un volon­ta­riato sup­plente risorse che scar­seg­giano. Lo dice bene Mari­lena Pug­gioni, al secondo man­dato nella Com­mis­sione nazio­nale biblio­te­che pub­bli­che Aib e «sta­bil­mente pre­ca­ria» nella coo­pe­ra­tiva sas­sa­rese Il libro che lei e altre hanno fon­dato nel 1985. Il titolo della sua rela­zione al 58° con­gresso dell’Associazione ita­liana biblio­te­che è piut­to­sto elo­quente: Pre­ca­riato d’argento. 25 anni di ester­na­liz­za­zione dei ser­vizi nelle biblio­te­che pub­bli­che sarde. Ciò che accade in Sar­de­gna è infatti emble­ma­tico rispetto al dato nazio­nale per­ché l’iter legi­sla­tivo in mate­ria appare par­ti­co­lar­mente far­ra­gi­noso e ini­quo: «La con­sa­pe­vo­lezza ormai dif­fusa e con­so­li­data della fal­la­cia del sistema fin qui attuato, non­ché della gra­vis­sima ini­quità insita nella pre­tesa ogget­tiva di far durare il pre­ca­riato lungo l’intero arco della vita lavo­ra­tiva non pare, tut­ta­via, al di là delle dichia­ra­zioni d’intenti e delle con­ti­nue pole­mi­che, che abbia por­tato ad azioni concrete». 

Risorse sel­vagge 
E se un anno fa, alla vigi­lia della terza edi­zione del Biblio­pride, l’ipotesi della chiu­sura di molte biblio­te­che era il sot­to­fondo dell’agenda di discus­sione (si veda il mani­fe­sto del 4-10-2014), Enrica Manenti, pre­si­dente nazio­nale dell’Aib, vuole segna­larci che «la situa­zione è peg­gio­rata, in par­ti­co­lare con l’esplosione del pro­blema delle biblio­te­che e dei sistemi biblio­te­cari coor­di­nati o gestiti dalle Pro­vince.
Nel pro­get­tare la riforma, infatti, non si è tenuto conto per così dire di que­ste biblio­te­che la cui vita era comun­que legata al ruoli e al soste­gno finan­zia­rio delle Pro­vince. La dif­fi­coltà mag­giore risulta essere che, nono­stante i pro­clami a favore della cul­tura, è poi dif­fi­cile assu­mersi gli oneri di far fun­zio­nare le biblio­te­che che, in più casi, non sono «appa­ri­scenti» ma che offrono ser­vizi molto gra­diti ai cit­ta­dini. Quindi accade spesso che si annun­cino chiu­sure di biblio­te­che e che a que­sti prov­ve­di­menti si oppon­gano, a volte con suc­cesso, cit­ta­dini del ter­ri­to­rio.
Così è avve­nuto per la Biblio­teca dell’Accademia dei Con­cordi di Rovigo, più recen­te­mente con la Biblio­teca della Gal­le­ria di arte moderna di Torino e per quella di Trani. Il fatto di impe­dire «a furor di popolo» la chiu­sura di una biblio­teca ci con­ferma il valore di que­sto isti­tuto cul­tu­rale, for­ma­tivo e sociale. Ma non basta: i tagli mas­sa­cranti che stanno subendo le biblio­te­che, se non ver­ranno sanati in fretta e non ripren­de­ranno gli inve­sti­menti, pro­cu­re­ranno una spe­cie di coma che rischia di diven­tare permanente». 
Non cono­scono ancora la pro­pria sorte le biblio­te­che pro­vin­ciali sparse per tutta Ita­lia. Da Bel­luno a Cam­po­basso, ma anche Potenza e Matera, Chieti, Teramo, Pescara e L’Aquila, Bari, Brin­disi, Lecce e Fog­gia. Mobi­li­ta­zioni, appelli, con­fe­renze stampa di lavo­ra­tori e lavo­ra­trici sono sem­pre più fre­quenti e nono­stante le sin­gole spe­ci­fi­cità, le biblio­te­che pub­bli­che rap­pre­sen­tano dei poli di sistema, centri-rete che spesso al ruolo con­ser­va­tivo affian­cano ser­vizi e orga­niz­zano atti­vità rivolte a un’utenza che vede nella biblio­teca un’agorà dif­fusa e par­te­ci­pante dello scam­bio e della con­di­vi­sione cul­tu­rale.
Se non man­cano le occa­sioni di con­fronto, per esem­pio durante il con­ve­gno annuale delle Stel­line, orga­niz­zato dalla rivi­sta pro­fes­sio­nale Biblio­te­che oggi e che si tiene da vent’anni a Milano, baste­rebbe comin­ciare a leg­gere gli inter­venti che molte e molti hanno fatto in que­sti anni sulla dif­fe­rente fisio­no­mia delle biblio­te­che, uno dei più recenti è cer­ta­mente l’ultimo libro dell’infaticabile Anto­nella Agnoli, La biblio­teca che vor­rei (2014), che con sapienza fa il punto sulle biblio­te­che pub­bli­che e sulle varie pra­ti­che sparse per il mondo. 
Gianni Ste­fa­nini, coor­di­na­tore della Com­mis­sione nazio­nale biblio­te­che pub­bli­che Aib, non ha dubbi: «In que­sto pano­rama vi sono realtà e situa­zioni che, per­ce­pendo lo stato di crisi, stanno ela­bo­rando modelli nuovi di ser­vi­zio. L’asse si spo­sta dal sapere al fare, per esem­pio con lo svi­luppo dei labo­ra­tori fablab e maker­spa­ces, spesso asso­ciati a spazi di cowor­king, come accade nella biblio­teca San Gior­gio di Pistoia e quella Per­tini di Cini­sello Bal­samo. In entrambi i casi si tratta di biblio­te­che di nuova costru­zione che inter­pre­tano un nuovo modello di cen­tro e ser­vi­zio cul­tu­rale capace di coin­vol­gere tutta la città. Vi sono poi poli aggre­ganti che inter­pre­tano il ruolo di cen­tro cul­tu­rale pro­pul­sore dello svi­luppo ter­ri­to­riale e cen­tro di rife­ri­mento per tutte le realtà. È il caso delle biblio­te­che del Con­sor­zio dei Castelli Romani che stanno gui­dando un vero e pro­prio distretto cul­tu­rale a cui fanno rife­ri­mento realtà asso­cia­tive, pro­dut­tive, com­mer­ciali ed istituzionali. 

Modelli emer­genti 
Sono molte altre in Ita­lia – con­ti­nua Ste­fa­nini — le realtà biblio­te­ca­rie che costi­tui­scono esempi di eccel­lenza e spe­ri­men­ta­zione di nuovi modelli, dalla più con­so­li­data San Gio­vanni di Pesaro a una delle più signi­fi­ca­tive in ter­mini di ser­vi­zio per la città e di modello di ser­vi­zio come Sala Borsa di Bolo­gna, pas­sando poi per la Laz­ze­rini di Prato, le Oblate di Firenze, o quelle più pic­cole come il Mul­ti­plo di Cavriago, o medie come Tilane di Paderno Dugnano, Media­teca di Meda, inos­si­da­bili nel tempo (un pro­getto ultra­ven­ten­nale) come la biblio­teca di Vimer­cate. Vi sono poi intere aree con livelli molto ele­vati di ser­vizi biblio­te­cari, si tratta di situa­zioni costi­tuite più che da una sin­gola realtà emer­gente da diverse strut­ture tra loro col­le­gate in sistemi biblio­te­cari in grado di pro­durre livelli con­si­de­re­voli di ser­vizi, per l’Italia, come è il caso del Tren­tino Alto Adige che costi­tui­sce un esem­pio di asso­luta eccel­lenza dei ser­vizi biblio­te­cari, ma anche delle aree come quella bre­sciana la cui forza orga­niz­za­tiva sta dando un forte impulso allo svi­luppo dei ser­vizi nelle pro­vince limi­trofe di Man­tova, Cre­mona e Ber­gamo. Oppure ancora l’area mila­nese e mon­zese che vede la pre­senza dei più grandi ed attivi sistemi biblio­te­cari ita­liani e che ora sta vedendo un forte impulso di cre­scita anche della città di Milano». Buone pra­ti­che dun­que, ma è altret­tanto chiaro che «costi­tui­scono ancora una fra­zione molto, troppo ridotta. Nes­suna biblio­teca si salva da sola».

Una desertificazione annunciata Biblioteche. Si incatena per salvare la biblioteca Gabriele D’Annunzio di Pescara dalla chiusuraAlessandra Pigliaru il Manifesto 26.5.2015
Mar­gue­rite Your­ce­nar nel suo Memo­rie di Adriano non ha avuto esi­ta­zioni: «Fon­dare biblio­te­che è come costruire ancora gra­nai pub­blici, ammas­sare riserve con­tro un inverno dello spi­rito che da molti indizi, mio mal­grado, vedo venire». Se man­te­nere la memo­ria signi­fica par­te­ci­pare del corpo a corpo con il tempo, avere una pra­tica dell’attenzione verso le biblio­te­che esi­stenti che oggi rischiano la chiu­sura cor­ri­sponde all’arretramento dell’aridità poli­tica in cui sono finite, loro mal­grado. Anche quando le prio­rità sem­brano altre.
«Sarebbe ammis­si­bile chiu­dere un cen­tro com­mer­ciale o lo sta­dio Adria­tico?». Se lo domanda il tren­tu­nenne Andrea D’Emilio, arre­stato il 14 mag­gio dopo essersi inca­te­nato all’interno della biblio­teca Gabriele D’Annunzio di Pescara che, come molte altre in tutta Ita­lia, si sta can­di­dando alla fine delle atti­vità in seguito alla legge Delrio.
L’intento è stato quello di porre all’attenzione della Regione la situa­zione in cui versa una biblio­teca pub­blica che vanta più di due­cen­to­mila libri — dal 2010 gesti­sce inol­tre l’Archivio sto­rico dell’Ente — e che ancora non cono­sce il pro­prio destino visto che dopo il pastic­cio isti­tu­zio­nale non si sa ancora ed esat­ta­mente che fine debba fare la delega alla cul­tura sot­tratta alle pro­vince, e chi possa pren­dere in carico una situa­zione imba­raz­zante e ormai esplo­siva. Tut­ta­via il motivo della resi­stenza pas­siva di D’Emilio è ben più ampio; dal 2014 a oggi la biblio­teca non riceve finan­zia­menti per l’acquisto di nuovi libri e perio­dici anche se è dal 2000 che le ero­ga­zioni pre­vi­ste sono state disat­tese, per non par­lare del fatto che dal 2011 allo scorso giu­gno — a causa di lavori di manu­ten­zione — il pre­stito è stato sospeso per trenta mesi pro­vo­cando il mal­con­tento di chi pensa alla biblio­teca come luogo vitale di scam­bio appar­te­nente alla comunità.
Non dovrebbe esserci biso­gno di ricor­dare infatti che le biblio­te­che di ente locale pur essendo in alcuni casi luo­ghi di con­ser­va­zione essen­ziali sono soprat­tutto isti­tuti di scam­bio sociale e cul­tu­rale che hanno un signi­fi­cato pre­ciso per chi le fre­quenta e le uti­lizza. Baste­rebbe forse con­sul­tare chi le abita prima di imma­gi­nare leggi inef­fi­caci che le tra­sci­nano in una palude senza scampo. È appena il caso di riba­dire la cen­te­na­ria sto­ria che la mag­gior parte di que­ste biblio­te­che pos­sie­dono, insieme alle dif­fi­coltà che biblio­te­cari e biblio­te­ca­rie affron­tano quo­ti­dia­na­mente per tenerle ancora aperte.
Dome­nica scorsa si è svolta una mani­fe­sta­zione in piazza Salotto a Pescara per soste­nere la bat­ta­glia di Andrea D’Emilio — rila­sciato in vista dell’udienza del 17 giu­gno — e per denun­ciare la con­di­zione di abban­dono in cui versa la biblio­teca. Chissà che prima o poi qual­cuno risponda con serietà alle tante pro­te­ste di donne e uomini che non solo in Puglia chie­dono un po’ di cura poli­tica verso le biblio­te­che pub­bli­che, verso i libri e soprat­tutto verso chi ci lavora.

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