giovedì 14 maggio 2015
Emanuele Severino legge la controstoria della Guerra Fredda di Sergio Romano
Leggi anche qui per il libro di Sergio Romano
Con la fine della guerra fredda il mondo è di nuovo in pericolo
Una riflessione sul recente libro di Sergio Romano che loda i vecchi blocchi
di Emanuele Severino Corriere 14.5.15
Mi ha fatto molto piacere l’articolo di Franco Venturini, intitolato
Guerra fredda, che nostalgia apparso sul «Corriere» del 18 aprile.
Presenta il recente libro di Sergio Romano In lode della guerra fredda.
Una controstoria (Longanesi, pp. 140, e 16), sottolineandone
l’anticonformismo, la novità e il carattere sorprendente della tesi che
vi è sostenuta, chiaramente espressa dal titolo.
Mi ha fatto molto piacere perché, anche se ancora non ho potuto leggere
il libro di Romano, fa capire, per quel che mi riguarda, quanto io possa
trovarmi in sintonia con esso. Il «punto centrale» su cui Romano mette
l‘accento, scrive infatti Venturini, è che «malgrado i dissensi e
talvolta gli scontri indiretti, tra le due protagoniste della guerra
fredda non vi fu mai un contrasto davvero capace di scatenare una
guerra. Perché la minaccia reciproca di un olocausto nucleare imponeva
di fermarsi, di mantenere gli equilibri, e così quei decenni furono
globalmente decenni di pace».
Sono completamente d’accordo. Anche perché una trentina d’anni fa dicevo
queste stesse cose a Norberto Bobbio, il quale invece credeva che uno
scontro nucleare tra le due superpotenze sarebbe davvero potuto
accadere. E gli dicevo queste cose perché avevo incominciato a
svilupparle in alcuni miei saggi, e anche su queste colonne. Si tratta
del «punto centrale», perché è il venir meno della «guerra fredda» a
spiegare la crescente pericolosità del mondo.
A un certo momento i non privilegiati decidono di non lasciarsi più
morire di fame e «il pericolo immediato viene, per i popoli ricchi del
Nord, dai meno poveri dei popoli poveri. Durante la "guerra fredda” la
pericolosità del mondo era nettamente inferiore», perché «lo scontro
atomico Usa-Urss avrebbe certo completamente distrutto l’umanità ricca
(che include anche i gruppi umani dell’Est)», «ma proprio per questo non
era realistico ritenere che i due antagonisti avrebbero deciso di
provocare la propria distruzione, lasciando padrone della Terra le
grandi masse del Sud e dell’Oriente, non direttamente coinvolte nel
conflitto». Sta crescendo la pressione del Terzo Mondo sulle società
ricche. «Il processo era già in atto durante la “guerra fredda”; ma
restava sullo sfondo, perché le rivendicazioni dei non privilegiati
erano conglobate e assorbite dal movimento comunista mondiale guidato
dall’Urss e figuravano come fattori subordinati dello scontro Usa-Urss»,
e quindi neutralizzati dall’irrealizzabilità di esso. Scrivevo così,
nel 1993, in Declino del capitalismo (Rizzoli, cap. 3).
In seguito, la mia «lode della guerra fredda» mi portava anzi ad
affermare una tesi che ritenevo di poter avanzare per il motivo appunto
che, come scrissi, «già da trent’anni sostenevo che non si sarebbe mai
verificato uno scontro nucleare tra Usa e Urss perché entrambi volevano
il mantenimento dell’equilibrio tra le loro forze». E la tesi era che,
«ponendosi alla guida dei popoli poveri, l’Urss esercitava insieme il
controllo e il contenimento della loro pressione sulle società
capitalistiche, che dunque venivano a trovarsi non già danneggiate,
bensì protette dalla politica internazionale dell’Unione Sovietica»; sì
che «con la fine dell’Urss è venuta meno questa protezione — di cui il
capitalismo ha a lungo goduto» ( Dall’Islam a Prometeo , Rizzoli, 2003,
cap. 1).
Quella mia «lode della guerra fredda» diventava ancora più marcata
prendendo lo spunto da una nota convinzione di Luigi Einaudi. Dopo la
Seconda guerra mondiale egli aveva avuto certo ragione, ispirandosi a
Hobbes, a parlare della fondamentale «esperienza antichissima», dalla
quale gli uomini imparano che lo Stato è la sola «forza» capace di
controllare e contenere l’anarchia sociale; e aveva avuto certo ragione
ad affermare che quindi solo un «Superstato» europeo, gli Stati Uniti
d’Europa, avrebbe avuto la forza di evitare che gli Stati europei si
combattessero nuovamente tra loro. «Ma — aggiungevo —, in genere, non si
è percepito con sufficiente chiarezza che durante il periodo della
guerra fredda la tensione Usa-Urss, ossia il duumvirato costituito dalle
due superpotenze, ha dato vita appunto alla prima forma reale di
“Super-Stato” planetario, provvisto della forza di mantenere l’ordine e
quindi la “pace” mondiale», sì che «al di là del loro irrimediabile
contrasto ideologico, le due superpotenze hanno avuto un fondamentale
scopo comune, cioè hanno dato vita a quella “risultante delle forze”, a
quella concordia discors che costituisce l’anima dello Stato» (cap. 3).
Appunto riferendomi a questi temi, in un articolo sul «Corriere» del 10
gennaio scorso avevo rilevato, tra l’altro, l’inevitabilità del farsi
avanti di forze che, come sta accadendo con l’islam, ereditano e
sostituiscono il progetto dell’Urss di sfruttare a proprio vantaggio la
volontà dei popoli poveri di uscire dall’indigenza.
Dopo la «guerra fredda» il mondo è diventato molto più pericoloso per i
Paesi ricchi perché il contenimento e il controllo che l’islam può
esercitare nei confronti delle proprie forme estremistiche non può che
essere molto debole. Infatti tra mondo islamico e Occidente non esiste
una tensione nucleare analoga quella della «guerra fredda» e quindi per
quel mondo non esiste la necessità di evitare con ogni mezzo che
l’equilibrio con l’Occidente sia messo in pericolo dalle iniziative
dell’estremismo terroristico che di quel mondo in qualche modo si nutre.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento