martedì 5 maggio 2015

Guerra Fredda culturale & Sinistra Imperiale 2. Coraggiosa femminista denuncia le politiche patriarcali del dispotismo di Pechino


Notare la definizione di "postsocialista" [SGA].

Leta Hong Fin­cher: Lef­to­ver Women. The resur­gency of gen­der ine­qua­lity in China, Asian Argu­ments, 16,21 euro
Risvolto

A century ago, Chinese feminists fighting for the emancipation of women helped spark the Republican Revolution, which overthrew the Qing empire. After China's Communist revolution of 1949, Chairman Mao famously proclaimed that "women hold up half the sky." In the early years of the People's Republic, the Communist Party sought to transform gender relations with expansive initiatives such as assigning urban women jobs in the planned economy. Yet those gains are now being eroded in China's post-socialist era. Contrary to many claims made in the mainstream media, women in China have experienced a dramatic rollback of many rights and gains relative to men. 
Leftover Women debunks the popular myth that women have fared well as a result of post-socialist China's economic reforms and breakneck growth. Laying out the structural discrimination against women in China will speak to broader problems with China's economy, politics, and development.


In Cina lo Stato è maschio per decreto legge 

Terre di Mezzo. La campagna mediatica del governo cinese contro le donne single emancipate e per il loro ritorno in famiglia in nome della pace sociale. Un recente saggio sulle «Leftover» 

Simone Pieranni, il Giornale 5.5.2015 

«Il mio libro sug­ge­ri­sce che le cam­pa­gne media­ti­che spon­so­riz­zate dal governo a pro­po­sito delle donne lef­to­ver, fanno parte di un com­plesso ritorno alla dise­gua­glianza di genere nella Cina post socia­li­sta. Una ten­denza par­ti­co­lar­mente evi­dente negli ultimi anni di riforme di mer­cato». È una frase di Leta Hong Fin­cher tratta dal libro, recen­te­mente pub­bli­cato, che ha come titolo Lef­to­ver Women, the resur­gency of gen­der ine­qua­lity in China (Asian Argu­ments, 16,21 euro) nel quale la società cinese viene ana­liz­zata attra­verso nume­rose inter­vi­ste e inda­gini, arri­vando alla con­clu­sione che la Cina vive ancora oggi una pro­fonda dise­gua­glianza tra uomini e donne, essendo una società basata su fon­da­menta tipi­ca­mente maschi­li­ste. Alcune delle travi che reg­gono que­sta ten­denza a una rin­no­vata dise­gua­glianza di genere appar­ten­gono alla sto­ria e alla tra­di­zione cul­tu­rale del paese. Ma quello su cui l’autrice insi­ste è che pro­prio que­sta «rin­no­vata» dise­gua­glianza sia pro­mossa dallo stesso Stato cinese, alla luce delle riforme che hanno por­tato la Cina ad aprirsi ai capi­tali «stranieri». 
Nel rigo­roso libro di Leta Hong Fin­cher c’è una cri­tica pro­fonda nei con­fronti di una società che è spesso «mano­vrata» dalla pro­pa­ganda di Stato, un ingra­nag­gio per­fetto messo in campo per «sug­ge­rire» alla popo­la­zione com­por­ta­menti spe­ci­fici su que­sto o quel tema. A que­sto va aggiunto un atteg­gia­mento di osti­lità sta­tale per chi «devia» dal retto cam­mino riscon­trato anche nel recente caso delle cin­que atti­vi­ste fem­mi­ni­ste arre­state l’8 marzo scorso. In Cina ogni vicenda sociale, viene fatta rien­trare all’interno della com­plessa que­stione del «man­te­ni­mento della sta­bi­lità». In que­sto senso, que­stioni pre­cise, come quelle rela­tive alla dise­gua­glianza di genere, sono trat­tate alla stessa stre­gua di un atti­vi­smo che mira a «com­pli­care» la vita ai guar­diani del Paese. 

La que­stione di genere viene dun­que cata­lo­gata all’interno della logica che mira al man­te­ni­mento della sta­bi­lità e della pre­sunta armo­nia sociale di una Cina, paese che nel terzo mil­len­nio si ritrova ancora intrisa di con­fu­cia­ne­simo (e preda di alcuni suoi con­cetti retro­gradi e con­ser­va­tori). Potremmo evi­den­ziare tre diret­trici nel volume: l’analisi del con­cetto di «lef­to­ver», la dise­gua­glianza di genere, san­cita dalla dise­gua­glianza eco­no­mica tra i sessi, «pro­mossa» secondo l’autrice dalle poli­ti­che del governo; a corol­la­rio di ciò c’è la indub­bia capa­cità media­tica del governo cinese di fare presa sulle donne, con lo scopo di man­te­nere le dif­fe­renze di genere. 

La nozione di «lef­to­ver» è com­plessa. Con il ter­mine si indica soli­ta­mente una donna «che avanza», cioè è una donna sin­gle in età non più «da marito» per­ché ha pri­vi­le­giato altri aspetti della vita. Il tutto con­tri­bui­sce a creare un qua­dro nel quale le donne «lef­to­ver» ven­gono descritte in preda al più bieco car­rie­ri­smo e sog­gio­gate dall’avidità e dall’opportunismo. In realtà, secondo l’autrice, le donne «lef­to­ver» altro non sono che una costru­zione media­tica per spin­gere le donne al matri­mo­nio, in un paese che ha un grave dise­qui­li­brio tra numero di uomini e donne, anche a causa delle pas­sate poli­ti­che di con­trollo delle nascite, che Pechino ha cer­cato di modi­fi­care solo recen­te­mente con la riforma della legge del figlio unico, in base alla quale le cop­pie spo­sate pos­sono avere avere più di un figlio a dif­fe­renza del passato. 

In Cina gli uomini sotto i 30 anni di età sareb­bero 20 milioni in più delle donne con le stesse carat­te­ri­sti­che ana­gra­fi­che. Uno squi­li­brio peri­co­loso per una società per­corsa da tante ten­sioni sociali (la fami­glia viene vista come il riparo da strane idee poli­ti­che). Non a caso il nuovo pre­si­dente Xi Jin­ping ha insi­stito molto sul con­cetto di «fami­glia» che fini­sce per anco­rare il ruolo della donna a quello del pas­sato: custode della casa e respon­sa­bile dell’educazione dei figli. Un ritorno al pas­sato che non coin­cide con l’avvenuta eman­ci­pa­zione di molte donne nella società cinese, ma che costi­tui­sce la coor­di­nata seguita dal governo per tutto quanto con­cerne le poli­ti­che sulla fami­glia. «In un certo senso, scrive l’autrice, le donne «lef­to­ver» (shengnu) non esi­stono. Sono una tipo­lo­gia di donne sot­to­li­neata dal governo per rag­giun­gere i pro­pri scopi demo­gra­fici e per pro­muo­vere i matri­moni, pia­ni­fi­care le poli­ti­che della popo­la­zione e man­te­nere la sta­bi­lità sociale». 
La cam­pa­gna gover­na­tiva con­tro le shengnu è stata duris­sima, fatta da edi­to­riali, tra­smis­sioni tele­vi­sive (con plot pre­sta­bi­liti), nelle quali era sot­to­li­neato che la società cinese non ha alcuna «sin­to­nia» con que­ste donne e che diven­tare una «lef­to­ver» equi­va­leva a una scia­gura. Nelle sue ricer­che e inter­vi­ste l’autrice arriva al punto: la cam­pa­gna media­tica e di pro­pa­ganda del governo ha fun­zio­nato. Molte delle donne che la gior­na­li­sta ha inter­vi­stato, si sono dette ter­ro­riz­zate dall’idea di diven­tare «lef­to­ver», un avanzo della società, nono­stante una posi­zione eco­no­mica e lavo­ra­tiva di tutto rispetto (e que­sto spiega il grande suc­cesso delle agen­zie di mat­ch­ma­king cinesi, un mer­cato immenso). Ma anche sulle que­stioni eco­no­mi­che, l’autrice del volume non si è fer­mata alle appa­renze. Secondo Leta Hong Fin­cher, infatti, il vero discri­mine tra uomini e donne nella società con­tem­po­ra­nea non si riscon­tra solo e sol­tanto ana­liz­zando la que­stione eco­no­mica, bensì insi­stendo pro­prio sul «nuovo» con­cetto – per la Cina — di pro­prietà. Sono gli uomini, infatti, a porre il pro­prio nome quando viene com­prata, anche in cop­pia, una casa. L’appartamento, il bene più pre­zioso per i cinesi, oggi, è pro­prietà per lo più maschile. E se la cre­scita cinese si è basata pro­prio sullo svi­luppo del mer­cato immo­bi­liare, le vere escluse da que­sto pro­cesso di arric­chi­mento, sareb­bero pro­prio le donne (par­liamo di un giro d’affari, quello immo­bi­liare in Cina, che a fine 2013 era di circa 30 tri­liardi di dol­lari e che ha finito per creare gran parte di quella schiera di uomini eti­chet­tati come i «nuovi ric­chi cinesi»). A que­sta situa­zione avrebbe con­tri­buito e non poco la legi­sla­zione cinese (e l’ufficiale All China Women’s Fede­ra­tion, che svolge per le donne lo stesso ruolo che svol­gono sui luo­ghi di lavoro i sin­da­cati) che nelle leggi che rego­lano il matri­mo­nio con­sen­tire all’uomo di dete­nere il diritto di pro­prietà, ren­dendo la vita dif­fi­cile alle donne che, in caso di divor­zio, aves­sero voluto dimo­strare la pro­pria par­te­ci­pa­zione all’acquisto della casa. Da quanto emerge dalle ricer­che pre­senti nel volume, però, è un fatto diverso. Gra­zie anche alla rin­no­vata pre­senza delle donne nel mer­cato del lavoro i patri­moni con cui ven­gono acqui­state le case sono «par­te­ci­pati» pro­prio in virtù del salari e dei risparmi delle donne spo­sate.
Nel capi­tolo con­clu­sivo del volume, Leta Hong Fin­cher si con­cen­tra sulle «donne che resi­stono», muo­ven­dosi nei mean­dri lasciati imper­cet­ti­bil­mente liberi da uno Stato che pare in grado di con­trol­lare tutto. Un capi­tolo che con­sente all’autrice di tor­nare su un argo­mento che viene trat­tato in altre parti del libro: le vio­lenze dome­sti­che. Molte delle ong – che in Cina hanno in ogni caso un rico­no­sci­mento gover­na­tivo, pena il rischio di arre­sti e repres­sione – e gruppi indi­pen­denti hanno orga­niz­zato negli ultimi tempi molte azioni (xing­dong) per denun­ciare il numero spa­ven­to­sa­mente alto di vio­lenze dome­sti­che. Sono le stesse donne a pre­fe­rire l’uso del ter­mine «azione» invece di «pro­te­ste», dimo­strando che sanno benis­simo di avere a che fare con un forte potere sta­tale. Un mono­lite che tal­volta viene scosso nel modo giu­sto. Ad esem­pio, un paio di anni fa aveva pro­vo­cato molto imba­razzo alla Cina la denun­cia di una donna ame­ri­cana spo­sata con un cinese di aver subito ripe­tute vio­lenze dome­sti­che dal marito, un uomo dive­nuto una cele­brità per le sue par­ti­co­lari lezioni ocea­ni­che di inglese (è sopran­no­mi­nato Crazy English). Fu un caso molto seguito dalla stampa locale, mac­chiato da un gretto nazio­na­li­smo (con­tro l’«americana») e da maschi­li­smo, ma che ha finito per dare linfa, e spe­ranza di riu­scire a denun­ciare certe situa­zioni, alle «azioni» di tante donne cinesi.

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