Il titolo di ispirazione socratica – Scito te ipsum – con cui l’Etica era nota fin dall’inizio, indica il ruolo centrale dell’interiorità e intenzionalità nell’analisi del problema morale. Già dalle prime battute dell’opera Abelardo definisce la colpa come “consenso del soggetto all’inclinazione naturale presente nella natura umana”: non è colpa – osserva – desiderare una donna ma acconsentire al desiderio giungendo all’adulterio. All’opera appartengono anche alcune intense pagine di denuncia della corruzione della chiesa che, oramai lontana dal modello evangelico della povertà, mira solo al potere e alla supremazia temporale. In esse riconosciamo l’Abelardo maestro di Arnaldo da Brescia.
lunedì 18 maggio 2015
Torna da Mimesis l'Etica di Pietro Abelardo
Piero Abelardo: Etica, Mimesis, pp. 147, € 14
Risvolto
Il titolo di ispirazione socratica – Scito te ipsum – con cui l’Etica era nota fin dall’inizio, indica il ruolo centrale dell’interiorità e intenzionalità nell’analisi del problema morale. Già dalle prime battute dell’opera Abelardo definisce la colpa come “consenso del soggetto all’inclinazione naturale presente nella natura umana”: non è colpa – osserva – desiderare una donna ma acconsentire al desiderio giungendo all’adulterio. All’opera appartengono anche alcune intense pagine di denuncia della corruzione della chiesa che, oramai lontana dal modello evangelico della povertà, mira solo al potere e alla supremazia temporale. In esse riconosciamo l’Abelardo maestro di Arnaldo da Brescia.
Il titolo di ispirazione socratica – Scito te ipsum – con cui l’Etica era nota fin dall’inizio, indica il ruolo centrale dell’interiorità e intenzionalità nell’analisi del problema morale. Già dalle prime battute dell’opera Abelardo definisce la colpa come “consenso del soggetto all’inclinazione naturale presente nella natura umana”: non è colpa – osserva – desiderare una donna ma acconsentire al desiderio giungendo all’adulterio. All’opera appartengono anche alcune intense pagine di denuncia della corruzione della chiesa che, oramai lontana dal modello evangelico della povertà, mira solo al potere e alla supremazia temporale. In esse riconosciamo l’Abelardo maestro di Arnaldo da Brescia.
Peccato e volontà per Piero Abelardo
di Arturo Colombo Corriere 18.5.15
Uscita
in italiano nel 1976, appare di nuovo, insieme all’originale in latino,
la traduzione dell’ Etica di Piero Abelardo (Mimesis, pp. 147, € 14),
il filosofo e teologo francese vissuto dal 1079 al 1142, e considerato
precursore della Scolastica. Scritta dopo l’esperienza fra i «monaci
corrotti e sfrenati» — come nota la curatrice Mariateresa Fumagalli
Beonio Brocchieri —, quest’opera affronta alcuni concetti fondamentali
dell’etica cristiana, come il peccato, la voluntas , la penitenza.
Interessanti le pagine che trattano «di quanti modi si definisce il
peccato». Un’altra delle parti più rilevanti riguarda la vivacità del
dialogo, non privo di eloquenti riferimenti testuali, che mette a
confronto le tesi del filosofo (pronto a elogiare i Vangeli e le pagine
di San Paolo o Sant’Agostino) e quelle del cristiano, altrettanto
disposto a citare i grandi testi di Platone, Seneca o Cicerone.
Stimolanti, anche per non credenti, i paragrafi sul pentimento.
Particolarmente significativa la conclusione del primo libro, che
sottolinea come e perché un tema fondamentale come quello della verità
accende «già di troppa invidia e odio il cuore degli uomini più
autorevoli nell’ambito della religione».
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