lunedì 15 giugno 2015

Filosofia italiana: diventare maggiorenni, ma anche rimanere minorenni, oppure saltare direttamente alla pensione...


Umberto Curi: La porta stretta. Diventare maggiorenni, Bollati Boringhieri, Torino, pagg. 223, € 16,00

Risvolto
«La porta stretta». Di lì dovrà passare, secondo il Vangelo di Luca, chi voglia accedere al regno dei cieli. Un varco intransitabile, se non si è disposti a impegnare ogni forza in una lotta pericolosa e dall’esito mai scontato: «molti cercheranno di entrare, ma non vi riusciranno». L’immagine evangelica è perfetta anche per raffigurare un passaggio universale della condizione umana, la fuoriuscita dalla minorità. Dolore, coraggio, decisione, necessità e conflitto contrassegnano nel pensiero occidentale l’impresa di diventare maggiorenni. Tuttavia, una volta intrapreso, il processo di emancipazione non si esaurirà nella compiutezza di uno stato finalmente raggiunto. Adulti si ridiventa sempre di nuovo. Di questo carattere processuale, agonistico e decisorio Umberto Curi rintraccia le massime espressioni filosofiche, religiose e letterarie – da Platone a Dostoevskij, dalla Bibbia a Shakespeare – e le lascia libere di testimoniare ciò che rimaneva inascoltato nelle loro esegesi abituali. Così il congedo dalla sudditanza, oltre che nell’appello di Kant all’indocilità ragionata poi irrisa da Hegel, si vedrà declinato in posture «filiali» antitetiche, combattenti o inermi: nel parricidio consumato dell’Edipo re sofocleo, in quello metaforico del Sofista platonico o in quello depotenziato di Amleto, ma anche, sorprendentemente, nell’obbedienza di Abramo, che sta eretto di fronte al Signore, o del Cristo, che si lascia abitare dalla volontà del Padre. E non meno significativi della logica binaria di ribellione e obbedienza, su cui si regola il transito canonico alla maggiore età, si riveleranno i suoi tracolli e le sue ostruzioni. Tra la via edipica e la devozione biblica, rintocca la quieta intransigenza del Bartleby di Melville, che si sottrae a ogni imperativo con la mossa del cavallo: «Preferirei di no».


Diventare adulti Obbedire o ribellarsi?

di Francesca Rigotti Il Sole Domenica 14.6.15

Nel 1784 Immanuel Kant pubblicò un opuscolo dal titolo Was ist Aufklärung? destinato a diventare il manifesto della ragione illuminata. È un’esortazione all’uso della propria intelligenza, un elogio del rischiaramento dei nuovi tempi, un inno al coraggio e all’azione. Tale «rischiaramento» coincide con l’uscita dalla autocolpevole minorità, che viene premiata col passaggio alla condizione di adulto caratterizzata da libertà, autonomia e indipendenza soprattutto economica.
Da questa particolare uscita prende le mosse Curi, nella sua personale e originale ricognizione del transito alla maggiorità quale processo mai concluso ma che si rinnova, si potrebbe dire, ogni giorno. Per assumere la nuova postura priva di sostegni e abbandonare il girello per bambini di cui parla Kant occorre «osare sapere», ovvero rapportarsi al padre. (Ben consapevole del carattere sessista del linguaggio, Curi lo demolisce subito chiarendo fin dalle primissime pagine che non terrà conto della distinzione di sesso). Si esce dalla minorità disobbedendo al padre o uccidendolo, commettendo dunque parricidio, come farà Edipo, colui che risolve l’enigma dei piedi perché ha il piede nel nome. La nostra tradizione è ricca di eroi giovani che instaurano il nuovo ordine distruggendo il vecchio, e ricavano da questo atto la legittimità del pensare con la propria testa e agire di propria iniziativa. La faccenda sembra lineare, la soluzione univoca. Si uccide il padre e si eredita il regno, vedi, con le varianti del caso, Amleto, o il Prigioniero de I Fratelli Karamazov.
Ma con Curi le cose non sono mai semplici e lineari e soprattutto non univoche, perché è proprio Curi che da tempo ci ripete che la condizione dell’essere umano è di essere uno e molti, di avere i tanti piedi di cui parla l’indovinello della Sfinge. E infatti, ecco che il passaggio alla maggiorità segue un altro modello, antitetico al primo: non la ribellione ma l’obbedienza al padre. L’obbedienza di Abramo, Gesù, Francesco d’Assisi, Giovanni della Croce. Obbedienze attive condotte in piedi guardando in faccia il padre con amore. Eppure nemmeno questa è la soluzione, dal momento che la porta di Curi rimane, per quanto stretta, sempre aperta. Anche davanti a chi a uscire dalla minorità non ci pensa nemmeno; è il caso di Bartleby, lo scrivano del racconto di Melville, che alla proposta di modificare la sua banale mansione, risponde pacatamente: «Preferirei di no», affermando la sua libertà di non obbedire né uccidere. 

Nessun commento: