mercoledì 17 giugno 2015

La propaganda coloniale dell'Italia fascista

L'AFRICA IN CASAValeria Deplano: L’Africa in casa. Propaganda e cultura coloniale nell'Italia fascista, Mondadori-Le Monnier

Risvolto
Il colonialismo italiano non ha segnato soltanto la storia delle popolazioni africane, né ha riguardato esclusivamente quegli italiani che hanno attraversato il mare per combattere e per lavorare. L'espansione coloniale ha anche portato l'Africa nell'immaginario di chi rimase a casa, condizionandone il modo di pensare sé stesso, l'Italia, e gli altri popoli. Con il fascismo la cosiddetta «coscienza coloniale» della nazione diventa una priorità, fondamentale sia per la realizzazione della politica espansionistica, sia per avvicinare l'intero corpo nazionale ai valori imperiali e, quindi, fascisti. Il volume ricostruisce i meccanismi di organizzazione della propaganda e di diffusione della cultura coloniale nell'Italia fascista, leggendoli non soltanto come parte del progetto espansionistico, ma più in generale come un elemento della storia dell'Italia e della formazione degli italiani come comunità nazionale.

Valeria Deplano ha conseguito il dottorato in Storia Moderna e Contemporanea nel 2010, e attualmente è assegnista di ricerca presso l'Università di Cagliari. È autrice di diversi saggi e articoli sulla storia del colonialismo italiano e sulle sue ricadute culturali nell'Italia fascista e repubblicana, e ha curato, insieme a Silvia Aru, il volume Costruire una nazione. Politiche, rappresentazioni e discorsi che hanno fatto l'Italia (Ombre Corte, 2013). Fa parte dei gruppi di ricerca «Returning and Sharing Memories» e «Sardegna d'oltremare» dedicati al recupero della memoria coloniale nell'Italia repubblicana, ed è membro del comitato scientifico del seminario nazionale SISSCO «Colonialismo e identità nazionale. L'Oltremare tra fascismo e Repubblica».


La fabbricazione di un impero 
Saggi. «L’Africa in casa», di Valeria Deplano, per i tipi di Mondadori-Le Monnier. La propaganda coloniale fascista serviva non solo per le mire espansionistiche, ma anche per rinforzare un immaginario di rigenerazione 

Gabriele Proglio il Manifesto 17.6.2015, 0:09 

A pochi mesi dall’uscita di Quel che resta dell’impero (Mime­sis), pre­zioso volume curato con Ales­san­dro Pes, Vale­ria Deplano, Research Fel­low presso l’Università di Cagliari, ritorna in libre­ria con l’ottima mono­gra­fia L’Africa in casa, pub­bli­cata per i tipi di Mondadori-Le Monnier. 
Il tema affron­tato da Deplano è la pro­pa­ganda colo­niale nell’Italia fasci­sta. Col­lo­cato all’interno di un dibat­tito sto­rio­gra­fico nazio­nale ed inter­na­zio­nale, il lavoro intende «dimo­strare – pre­cisa l’autrice – che l’ideologia colo­niale non fu solo un ele­mento fun­zio­nale alla poli­tica espan­sio­ni­stica, né un ele­mento acces­so­rio della poli­tica fasci­sta, ma un ele­mento strut­tu­rale che nei pro­getti rige­ne­ra­tori del regime doveva avere il mag­giore impatto pos­si­bile sulla vita della nazione». 
Il volume rico­strui­sce, con una nar­ra­zione che si snoda lungo quat­tro capi­toli, le ini­zia­tive che il fasci­smo, attra­verso vari isti­tuti colo­nia­li­sti, mise in campo per pro­pa­gan­dare, prima, la con­qui­sta dell’oltremare e per far intro­iet­tare, poi, l’idea d’Impero nelle coscienze ita­liane. Come chia­ri­sce Deplano «dare l’impero agli ita­liani non signi­fi­cava sem­pli­ce­mente fare in modo che alcuni di loro emi­gras­sero; signi­fi­cava fare in modo che tutti loro cam­bias­sero il modo di vedere se stessi come nazione, e di guar­dare al mondo». 
L’itinerario cro­no­lo­gico trac­ciato nelle due­cen­to­due pagine, dopo aver sta­bi­lito un ini­ziale rac­cordo con età libe­rale, giunge fino al 1945. Il rilan­cio della pro­pa­ganda colo­niale, suc­ces­si­va­mente alla ricon­qui­sta della Libia, avviene con Roberto Can­ta­lupo, sot­to­se­gre­ta­rio alle Colo­nie dal 1924 al 1926, impe­gnato in un’opera di «vol­ga­riz­za­zione» dei temi colo­niali. Ciò è pos­si­bile attra­verso nume­rosi stru­menti tra cui le tante rivi­ste e l’istituzione della gior­nata coloniale. 
Dal 1926 al 1932 la pro­pa­ganda ini­zia ad agire in modo inci­sivo nelle scuole e nelle uni­ver­sità. Il regime inter­viene sui libri di testo e intro­duce il tema colo­niale nella didat­tica. Negli ate­nei si ini­ziano a for­mare le prime classi diri­genti per la gestione dell’oltremare con appo­siti corsi di stu­dio a Pavia, Padova, Peru­gia e Firenze, ma anche nella Napoli dell’Istituto Uni­ver­si­ta­rio Orien­tale, a Roma, Milano, Palermo, Cata­nia e Trie­ste. La fab­brica del con­senso ha biso­gno di un ente che sia espres­sione diretta del regime: così, nel 1928, nasce l’Istituto Colo­niale Fasci­sta (Icf). 
La dire­zione viene affi­data al conte Pier Gae­tano Venino. L’Icf, unico sog­getto auto­riz­zato a par­lare di colo­nie, avvia un’intensa cam­pa­gna di tes­se­ra­mento e la crea­zione di sezioni nelle diverse zone della peni­sola e a Tri­poli; coin­volge e coopta nel suo orga­nico la diri­genza dei Guf; orga­nizza la gior­nata colo­niale e diverse cro­ciere in Libia; rea­lizza uno stand dei pro­dotti della Tri­po­li­ta­nia e Cire­naica presso la Fiera Cam­pio­na­ria di Milano (1928). Que­ste e altre ini­zia­tive sono mirate a «ren­dere le colo­nie parte della vita dell’Italia», a tra­sfor­mare l’esotico in realtà con­creta, ossia, come pre­cisa Deplano, a inclu­dere il colo­niale «nell’orizzonte lavo­ra­tivo e di vita» degli italiani. 
Nel 1931 nasce la Fede­ra­zione Inter­na­zio­nale della stampa colo­niale; nello stesso anno si svolge, a Firenze, il primo con­gresso di studi colo­niali, orga­niz­zato dall’Icf. Dal 1932 al 1936 gli sforzi pro­pa­gan­di­stici sono pro­fusi in diverse dire­zioni: è isti­tuita la Camera di Com­mer­cio italo-coloniale; ven­gono orga­niz­zati eventi come la Mostra inter­na­zio­nale d’arte con­tem­po­ra­nea colo­niale e costi­tuiti archivi foto­gra­fici delle terre con­qui­state; sono pro­iet­tare pel­li­cole come Cufra e Abis­si­nia; viene usata la radio come stru­mento di infor­ma­zione sull’oltremare. 
Allo scop­pio della guerra d’Etiopia la mac­china della pro­pa­ganda è già ben oliata. I vari ingra­naggi gene­rano un ritmo che per­dura anche nella quarta cesura presa in esame da Deplano, dal 1937 al 1945. In que­sto periodo è di rilievo l’opera di Angelo Pic­cioli, fun­zio­na­rio colo­niale messo alla guida dell’Istituto fasci­sta dell’Africa ita­liana (Ifai) – ente che rim­piazza l’Icf. Nume­rosi sono i canali su cui insi­ste la pro­pa­ganda colo­niale: le rivi­ste, le cro­ciere, i corsi di cul­tura e quelli fem­mi­nili, la scuola e l’università. Dopo la per­dita delle colo­nie e sotto i colpi dell’avanzata angloa­me­ri­cana, uno a uno i mec­ca­ni­smi della pode­rosa mac­china voluta da Mus­so­lini si incep­pano. I pochi rima­sti fun­zio­nanti, dopo il 1943, pun­tano sulla reto­rica redu­ci­stica per met­tere in con­tatto i rim­pa­triati dalle ex-colonie. 
In con­clu­sione, l’importante valore di que­sto libro sta nel trat­tare, con rigore scien­ti­fico e agile lin­guag­gio, i pro­getti colo­niali del fasci­smo ana­liz­zando la sto­ria degli isti­tuti colo­nia­li­sti. Deplano, così, apre un nuovo sen­tiero sto­rio­gra­fico, mai bat­tuto prima d’ora in modo orga­nico, che sicu­ra­mente altri stu­diosi per­cor­re­ranno negli anni a venire.

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