venerdì 26 giugno 2015
Sinistra, destra e bisogno di autonomia politica
Tra le responsabilità politiche più gravi del Pci-Pds-DS-PD - colpe
alle quale vanno associate quelle delle sue appendici strutturali
passate (Prc, PdCI, SEL e compagnia cantante) e quelle delle sue
appendici strutturali future (costituenti e coalizioni possibili) - c'è
quella di aver quasi costretto molte persone in buona fede a ritenere
superata sul piano storico o persino su quello politologico la
distinzione tra destra e sinistra. Precludendo loro in tal modo la
possibilità di concepire le condizioni di una ridefinizione della
sinistra stessa in un contesto di ritirata strategica che durerà
decenni.
Poiché la sinistra è il PD e il PD e i suoi alleati
fanno cose di destra - viene detto -, in realtà destra e sinistra non
esistono più e forse non sono mai esistite ma comunque si sono confuse
in un'unica, indistinta casta paramafiosa (per i delusi più propensi al
lavoro manuale e al ragionamento pratico), oppure in un unico
funzionariato politico fiancheggiatore del Grande Capitale
Transnazionale e/o Statunitense (per gli intellettuali dotati di più
letture).
La convergenza con l'iper-ideologia neoliberale che da
decenni ci parla della fine delle ideologie dovrebbe destare più di
qualche sospetto nei sostenitori di queste tesi. Tuttavia, è
comprensibile questa disillusione, soprattutto se mancano gli strumenti
per una comprensione storica di ciò che è accaduto negli ultimi decenni e
per una comparazione con i secoli precedenti.
Ciò che non è
gradevole è invece che a questa disillusione segua di solito
l'assunzione orgogliosa di atteggiamenti e categorie proprie della
destra, quasi a voler segnare con un presunto gesto anticonformista la
rottura polemica di quei tabu che caratterizzavano l'antica
appartenenza, manifestando in maniera simbolica una presa di distanze.
Questo gesto di distinzione al contrario, che nasconde un più profondo
bisogno di rassicurazione e serve a elaborare il lutto per il tradimento
ideologico subito, non avviene per caso. Discende invece quasi di
necessità da quanto sopra, ed è la conseguenza di un'ulteriore sconfitta
che sta avvenendo sul terreno del confronto egemonico. Perché in realtà
la stessa tesi del superamento di destra e sinistra - tesi che risale
alla fine del XIX secolo e che, teorizzata in maniera esplicita nella
Rivoluzione coservatrice tedesca a Weimar, si è presentata più volte nel
corso del Novecento tornando ogni volta come se fosse chissà quale
epocale novità - fa parte del processo di apprendimento che le destre
continentali hanno dovuto intraprendere, ormai molto tempo fa, per
confrontarsi con quella società di massa che dapprima avevano cercato di
ostacolare. Un confronto che alla sinistra ha dovuto e deve contendere
simboli, nomi, concetti.
Su questo terreno queste destre stanno
oggi vincendo. Vincono grazie a un'abile divisione del lavoro tra le
elites e la messinscena della contestazione delle elites, ma vincono
soprattutto per colpa nostra. Si tratta infatti di un fenomeno che è
presente anche in altri paesi ma in misura decisamente minore, dato che
altrove la sinistra è riuscita ben più che da noi a conservare una
propria autonomia rispetto a quei processi storico-politici di fondo che
hanno invece stravolto la sinistra italiana.
Anche rispetto a
questo problema, è alla storia del nostro paese che dobbiamo guardare. E
anche in questo caso, proprio la forza politica che la sinistra aveva
accumulato in passato durante la Seconda guerra mondiale e nella
ricostruzione, quella forza che ci ha consentito di sopravvivere sino ad
oggi, rende inevitabilmente tutto più difficile per quanto riguarda il
futuro [SGA].
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