domenica 11 ottobre 2015

Giulio II nel suo tempo

Risultati immagini per Il papa guerriero: Giulio II nello spazio pubblico europeoMassimo Rospocher: Il papa guerriero: Giulio II nello spazio pubblico europeo, il Mulino, Bologna, pagg. 396, € 32,00

Risvolto
La notte tra il 20 e il 21 febbraio 1513 la morte pose fine al decennale pontificato di Giulio Il della Rovere, figura cardine del papato rinascimentale. La popolazione romana gli tributò un omaggio senza precedenti. Come sovrano pontefice, politico spregiudicato e sommo mecenate, Giulio II rimane uno dei personaggi che maggiormente condizionano l'immaginario collettivo del Rinascimento. Ma quale fu l'immagine che ne ebbero i contemporanei - non solo gli uomini di lettere, i prelati e i professionisti della politica, ma anche il popolo urbano del primo Cinquecento? Questo libro risponde a tale domanda ricostruendo l'immagine di Giulio II nella sfera pubblica e nella comunicazione politica in vari contesti italiani ed europei (Bologna, Ferrara, Roma, Venezia, Londra e Parigi). Intrecciando i racconti dei cantastorie con i dispacci dei diplomatici, le voci e le canzoni di piazza con i trattati degli umanisti, Rospocher delinea un ritratto inedito del "papa guerriero", una rappresentazione in perenne oscillazione tra laude e vituperio, tra guerra e beatitudine. 

Giulio II, homo politicus

La ricerca feconda di Massimo Rospocher svela il peso di una vivace sfera pubblica che fa da sfondo 
alle vicende del Papa

Silvana Seidel Menchi Domenicale

Ci manca, o meglio ci mancava, una galleria di ritratti di Giulio II adeguata alla statura dell’uomo. Giuliano della Rovere, pontefice dal 1503 al 1513, scrisse un capitolo della storia d’Italia che dovrebbe rientrare tra le nozioni basilari impartite in ogni ordine di scuole. Di fatto però egli sopravvive nella nostra memoria collettiva solo per lacerti e frammenti sconnessi della sua azione di mecenate delle arti. Ogni italiano ha presente l’impressionante figura senile in cui Raffaello ha fissato i tratti del pontefice ligure; la statua di Mosè scolpita da Michelangelo per la sua tomba compare come illustrazione nei più elementari manuali di storia; la Cappella Sistina, della quale Giulio fu il committente, figurerebbe in una eventuale statistica fra i dieci principali titoli di orgoglio nazionale. Ma non sono molti, neanche tra coloro che fanno professione di storia, i contemporanei consapevoli che questi monumenti della creatività nazionale sono soltanto i relitti disarticolati, smembrati, di un titanico disegno di egemonia politica – egemonia di Roma sull’Italia, egemonia dell’Italia sull’Europa – che Giulio II concepì con audacia visionaria, mise in atto con passione rovente, portò avanti con genialità diplomatica e coraggio leonino. L’egemonia politica era, ai suoi occhi, la proiezione secolare della missione religiosa di Roma che in lui s’incarnava, il suo primato nell’una sfera implicava, esigeva, il primato nell’altra. I contemporanei che avevano una visione sufficientemente larga da valutare la statura dell’uomo – Francesco Guicciardini, Erasmo da Rotterdam, Niccolò Machiavelli – ne furono impressionati e gli eressero monumenti letterari imperituri; la storiografia italiana di oggi invece gli ha dedicato meno attenzione di quanto abbiano fatto, in anni non lontani, storici inglesi o francesi. 
Massimo Rospocher in Il papa guerriero: Giulio II nello spazio pubblico europeo (il Mulino) paga il debito che la storiografia italiana aveva verso questo capitolo della memoria collettiva, e lo paga di larga misura. Il suo non è l’approccio événémentiel scelto, tra l’altro, da Christine Shaw nel 1993. È un approccio sofisticato, che ristruttura l’edificio événémentiel rifondendolo nel discorso della comunicazione politica. Questa scelta preliminare ha imposto a Rospocher un impegno gravoso, lo ha costretto a un pellegrinaggio per tutte le principali biblioteche d’Europa alla ricerca di fonti inedite, diverse per natura dalle fonti politico-diplomatiche delle quali si era alimentata sostanzialmente la ricerca dei suoi predecessori: le fonti che rispondono alle sue domande sono più disperse, più effimere e quindi di difficile e sporadica sopravvivenza. Questa ricerca si è rivelata imprevedibilmente feconda. 
La galleria di immagini che è il frutto di questo pellegrinaggio documenta l’eco enorme che l’azione di Giulio II ebbe sull’Europa del tempo, mette in luce l’impatto violento, anche tempestoso, che i suoi interventi produssero sulle diverse realtà politiche. Il ventaglio delle testimonianze è enormemente diversificato: dalle luminose miniature che Rospocher ha reperito e identificato nelle biblioteche di Parigi e di Zagabria ai trattati di diritto canonico pubblicati a Londra a sostegno della politica filopontificia di Enrico VIII, dalle pièces teatrali rappresentate a Parigi in appoggio a Luigi XII – il più potente sovrano d’Europa, del quale Giulio aveva decretato la morte e il seppellimento politico – al Libro d’ore di Alfonso I d’Este, sino alle centinaia di stampe da “un soldo” che raccontavano al popolo le vicende delle guerre d’Italia.
È indubbio che questo libro ci impartisce una lezione di euristica tanto più elettrizzante quanto più inattese sono le fonti che l’autore riporta in luce (e in larga misura riproduce). Penso in particolare a quel mosaico di voci dalle piazze, volantini e stampe effimere, canzoni e pasquinate che dominavano lo spazio pubblico del tempo. L’immagine di Giulio II che questi materiali restituiscono è quella di un nuovo Giulio Cesare, un paladino dell’unità della cristianità, un difensore dell’Italia dai barbari, persino quella di un pacificatore. La rappresentazione pubblica di Giulio II è in perenne oscillazione tra “guerre e beatitudine”, secondo le efficaci parole di un cantastorie del tempo.
Un’altra storia corre parallela a questa storia figurativa e letteraria, fa da sfondo alle vicende del papa guerriero e dà loro respiro metodologico. È la storia della comunicazione politica nel Cinquecento, un teatro in cui entrano in scena nuovi attori e in cui nuovi media si affiancano a pratiche comunicative consolidate. È questa la dimensione storiografica più innovativa del volume. Jürgen Habermas ci ha insegnato che l’opinione pubblica è un prodotto dell’Illuminismo borghese e come tale sarebbe nata nei salons francesi e nelle coffeehouses inglesi nel corso del ’700. Questo libro dimostra come una forma pre-moderna di sfera pubblica sia esistita già nel corso del Cinquecento e come il popolo cittadino ne fosse protagonista attivo. La piazza costituisce dunque una efficace metafora dello spazio politico nel Rinascimento. Da un lato rappresenta il palcoscenico del potere dove si celebrano in tutta la loro magnificenza i trionfi del papa-re e i fasti della propaganda giuliana; dall’altro è un’arena discorsiva popolata dalle voci di cantimbanchi, ciarlatani, medici, notai, astrologi, studenti universitari e chierici.
Questi giorni in cui lo Stato Vaticano pare guadagnare attraverso la diplomazia una nuova centralità nello scenario internazionale ci riportano alla memoria un’altra stagione nella storia della Chiesa di Roma. Un tempo in cui il papa dominava la politica europea, non con la forza della pace, ma con quella delle armi.
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