lunedì 19 ottobre 2015

Il lusso nell'arte

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Stefano Zecchi: Il lusso. Eterno desiderio di voluttà e bellezza, Mondadori, pagg. 208, euro 18

Risvolto
Quando pensiamo al lusso, immediatamente ci chiediamo quanti soldi siano necessari per comprare un oggetto di lusso. Se poi si vagheggia la possibilità di vivere lussuosamente, subito si calcola quanti quattrini servano per realizzare quel desiderio. Insomma, sotto qualsiasi profilo si prenda in considerazione il lusso, questo ci appare sempre in relazione con il denaro, anzi, con molto denaro. Se fosse soltanto così, una riflessione sul lusso avrebbe poco interesse e, fra l'altro, in un periodo economicamente difficile come l'attuale, sembrerebbe una provocazione. Che cos'è, davvero, il lusso? Stefano Zecchi ne studia le caratteristiche, esamina i procedimenti estetici che trasformano un oggetto qualsiasi in uno di lusso, descrive chi crede di condurre una vita lussuosa e, invece, a volte, è una persona rozza e priva di sensibilità. E dà una risposta in apparenza controcorrente, osservando che il lusso è la naturale aspirazione a una bellezza rara e preziosa nella sua perfezione, che desiderarlo è una chiara testimonianza della volontà di migliorare la propria esistenza, di lasciarsi alle spalle una quotidianità noiosa e ripetitiva. Che è un'esperienza di vita nella bellezza, in cui l'ostentazione del denaro finisce spesso per diventarne il più agguerrito nemico. Ecco perché in queste pagine c'è un accorato richiamo alla necessità di un'educazione estetica che consenta di comprendere fin da giovani cosa sia il bello, evitando abbagli e fraintendimenti di un gusto approssimativo.

Il canone estetico del Ventunesimo secolo si basa ancora su un ideale "classico". In cui il prezzo c'entra solo in parte 

Stefano Zecchi - il Giornale Dom, 18/10/2015

Altro che sperpero e vanità, il vero lusso non è mai cafone Le riflessioni di Stefano Zecchi (Mondadori) sulla «naturale aspirazione alla bellezza rara»Avere buon gusto richiede tanta educazione estetica per opporsi al totalitarismo della società tecnocratica 13 nov 2015  Corriere della Sera Di Pierluigi Panza © RIPRODUZIONE RISERVATA
Il vero lusso non è la vuota esibizione di ciò che ha valore monetario, bensì «la naturale aspirazione a una forma di bellezza rara». Il senso del lusso non è quello maturato osservando i suoi aspetti degenerativi (come l’ostentazione di qualcosa di costoso), bensì la ricerca del massimo valore estetico, che è anche morale. Questa la tesi contenuta in Il lusso. Eterno desiderio di voluttà e bellezza (Mondadori, pp. 130, 18), il nuovo libro del filosofo Stefano Zecchi.
Quello di Zecchi non è un elogio del lusso o il tentativo di sottrarlo all’infernale condanna in cui le religioni e l’egualitarismo l’hanno cacciato, ma un’analisi del suo senso che porta a vederlo in un’altra dimensione.
Nella storia del pensiero filosofico il duplice volto del lusso, inteso come vanitosa rincorsa al superfluo oppure come traguardo di un ideale di bellezza, si è più volte ripresentato. Lo troviamo negli antichi, per i quali il lusso è un dono, ma è anche uno sperpero da condannare (in Seneca, Cicerone e Catone) e lo ritroviamo nelle dispute settecentesche, che oppongono i pensieri di Mandeville agli strali di Rousseau contro lusso e ornamento. Riscopriamo questo dualismo persino nel cristianesimo medievale, quando l’arte è strumento al servizio di Dio. Bernardo di Chiaravalle condanna la presenza di qualsiasi ornamento nella casa del Signore poiché fa difetto alla sua dottrina: «Risplende la chiesa nelle sue mura ed è misera nei suoi poveri». Ma a lui risponde l’abate Suger, fondatore della cattedrale di St.Denis, per il quale lo splendore dell’arte riflette quello divino e la casa di Dio dev’essere bella per indurre alla fede.
Per far comprendere quanto i veri cultori del lusso detestino il vano esibizionismo, Zecchi ripropone alla lettura la figura dell’orafo Cardillac del racconto La signorina von Scudéry di E.T.A.Hoffmann. Cardillac, artefice di spettacolari monili che i ricchi si contendono, mal sopporta a tal punto chi acquista i suoi pezzi per esibire la propria vanità che prende ad assassinare a uno a uno i propri clienti.
Un’autentica ricerca di lusso deve riflettere oggi la volontà di una vita nella bellezza, lontana dall’ostentazione e vicina al significato prezioso del bello. Oggi, aspirare al lusso significa lasciarsi alle spalle la quotidianità per migliorare sé e gli altri: un lusso è mandare i figli all’università, permettersi un viaggio intelligente, aspirare a un cibo scelto senza confondersi con le dozzinali ricette proposte dai media, selezionare i propri oggetti rifuggendo dal kitsch (in coda al libro c’è anche un piccolo «Breviario»). Anche avere buon gusto è un lusso, perché richiede tanta educazione estetica. E questa si oppone al totalitarismo della società digitale e tecnocratica che genera «quel lusso cafone» ovunque presente.

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