Marco Del Corona:
Un tè con Mo Yan e altri scrittori cinesi, ObarraO
Risvolto
Una galleria di incontri con i maggiori scrittori della Repubblica
Popolare cinese che racconta, attraverso le loro voci e con un taglio
giornalistico, un Paese in trasformazione: un mosaico inedito nel
panorama editoriale italiano.
Il premio Nobel Mo Yan, seduto in una casa da tè, confida che la censura
in Cina esiste, ma si può aggirare, professa il suo ottimismo per il
futuro del suo Paese e infine rivela la sua passione per i film d’azione
hollywoodiani.
Un autore
come Acheng, che dopo anni di silenzio apre la sua dimora e racconta del romanzo che non può pubblicare.
E ancora: Su Tong che parla della condizione femminile; Hu Yua che vede
la Cina come una suora che si è fatta prostituta; la “Rowling cinese”
Yang Hongying, star della letteratura per l’infanzia; Liao Yiwu, fuggito
dal regime e ora memoria poetica di chi vede i propri diritti violati. E
molti altri protagonisti della scena letteraria cinese, sia dalle città
che dal mondo rurale.
Mo Yan e gli altri: la Cina nelle parole degli scrittori
25 ott 2015 Corriere della Sera Di Severino Colombo © RIPRODUZIONE RISERVATA
anti genitori cinesi pensano che se i bambini hanno un’infanzia felice non saranno in grado di riuscire nella vita e arriveranno alla maturità senza combinare nulla di buono». Se volete sapere come saranno i cinesi domani date ascolto oggi a Yan Hongying, l’autrice per infanzia più amata dai bambini.
Due notizie, una buona una cattiva. La cattiva, per i bambini italiani, è che i suoi libri non sono (ancora) tradotti da noi; quella buona, anzi ottima, è che le osservazioni su famiglia ed educazione di Yan Hongying sono ora a portata di mano grazie al volume di Marco Del Corona Un tè con Mo Yan e altri scrittori cinesi, edito da ObarraO, che viene presentato alla rassegna milanese BookCity. L’incontro dal titolo «18 voci della Cina: Mo Yan e altri scrittori» si tiene oggi allo Spazio Agorà della Triennale (ore 14, viale Alemagna 6); con l’autore, giornalista, ex corrispondente del «Corriere della Sera» da Pechino, esperto e cultore della moderna letteratura cinese post Rivoluzione culturale e post Piazza Tienanmen, interviene la sinologa, direttore dell’Istituto Confucio di Milano, Alessandra Lavagnino.
Oltre a dare un’idea di come saranno i cinesi di domani, l’agile libro di Del Corona ha il merito di far conoscere la Cina di oggi attraverso alcuni suoi autori più rappresentativi, impossibili da incasellare nello stereotipo dello «scrittore cinese».
Voci diverse e lontane per età, stile, opere e contenuti, con in comune hanno il fatto di appartenere allo stesso Paese e la voglia di provare a raccontarne costanti e mutamenti. La raccolta di Del Corona si apre con Mo Yan (1955), scrittore premio Nobel per la Letteratura nel 2012, autore di Le rane e Le canzoni dell’aglio, entrambi editi da Einaudi, intellettuale organico al Partito comunista cinese, amante dell’Italia e grande estimatore di Italo Calvino.
Poi Acheng, Zhang Jie,Yu Hua, il poeta Liao Yiwu, che, fuggito dalla Cina e approdato in Germania, non risparmia critiche al Paese natale («La Cina sta diventando pericolosissima. Per mantenere il suo regime totalitario»); Han Han, 33enne, scrittore molto amato, blogger da 450 milioni di contatti l’anno e spericolato pilota di rally, che rappresenta il volto pop della nuova Cina; e Hong Ying (1962), che rivendica con determinazione una legittimità della sua scrittura al femminile: le donne sono «il tema e l’energia delle mie storie».
La Cina in punta di penna
Verso l'Asia. «Un
tè con Mo Yan» è il libro di interviste a scrittori e scrittrici cinesi
di Marco Del Corona, corrispondente del «Corriere della Sera» e gran
conoscitore del paese
Simone Pieranni Manifesto 19.11.2015
La percezione di un paese e l’abilità di esserne
narratore, sono due elementi che non si basano solo sulla permanenza
e la vita nei luoghi di cui si prova a raccontarne la vita. Si tratta di
entrare in un’empatia continua con il mondo circostante, attraverso la
vita quotidiana e l’immaginario. La letteratura è uno di questi squarci
che consentono un avvicinamento al tema della propria indagine, che
mischia le necessità professionali all’ambizione di comprensione
personale. Marco Del Corona è stato il corrispondente del Corriere della Sera
in Cina per parecchi anni. Grande conoscitore del paese e dell’area (di
tutta l’Asia), una volta tornato in Italia ha dato alle stampe Un tè con Mo Yan (ObarraO
edizioni, pp.139, euro 12), una raccolta delle interviste effettuate
durante la sua permanenza in Cina agli scrittori cinesi. Attraverso le
parole di quegli autori e autrici vengono narrate tante Cina quante ne
siamo abituati a conoscere, vivere, scorgere, interrogare.
L’antipatia di Mo Yan, uno scrittore arrivato al Nobel dopo aver
raccontato un periodo del suo paese, quello agricolo, contadino, si
mischia alla brillantezza di Yu Hua, alle problematiche sempre presenti
quando si parla di letteratura in Cina, la censura, le ottusità di
funzionari.
Nella carrellata offerta da Del Corona ci sono tanti
autori e autrici cinesi sconosciuti dalle nostre parti. Mo Yan è noto,
come Yu Hua e come, forse, Yan Lianke e Acheng. Altri sono famosi in
Cina, vendono milioni di copie, ma dalle nostre parti non arrivano.
Antico problema, la traduzione dal cinese e la «cinesità» della
produzione letteraria del gigante asiatico, sempre arroccata sulla
propria storia, il peso delle radici, l’origine di un’unicità che oggi
tende a svariare nella gradazione pericolosa del nazionalismo.
Ultimamente ha provato a sfoderare qualcosa una casa editrice, la
Memori, che ha pubblicato una giallista molto celebre in Cina, Feng Hua (Come un’ombra che mi segue,
pp. 240, euro 17,50) che, attraverso trame semplici e copioni da
thriller classico, indaga la società cinese contemporanea, attraverso
protagonisti giovani, che offrono una costante sensazione di costrizione
e di latente bisogno di fuga. E poi c’è l’orientalismo, la percezione
di rappresentare la Cina secondo i nostri supposti canoni universali di
interpretazione.
A questo riguardo si esprime lo scrittore e pittore
Feng Jicai (un altro sconosciuto in Italia) che spiega a Del Corona:
«Penso che gli europei amino la cultura antica del nostro paese. Ma gli
europei non conoscono né i cinesi, né la Cina di adesso. Gli occidentali
per motivi storici hanno una visione esotica, orientalistica. Non
capiscono i cambiamenti improvvisi avvenuti negli ultimi anni. Non
riescono a comprendere come mai la Cina si sia sviluppata così
velocemente. Ritengono che viva ancora sotto l’ombra di Mao e della
Rivoluzione culturale». Ed ecco allora alcuni fenomeni tipicamente
cinesi, come i giovani Han Han e Guo Jinming che si presenta in
Cadillac, fenomeni nati sull’internet cinesi, un universo spesso
rintuzzato nella categoria «censura». Quest’ultima esiste, non
è un’invenzione degli occidentali. Acheng, celebre scrittore cinese, non
va al cinema da dieci anni e ha un romanzo pronto da venti, ma non esce
perché bloccato dalle maglie censorie.
E allora sullo sfondo si erge una domanda insoluta: gli autori che diventano famosi, hanno venduto in qualche l’anima al diavolo del Partito?
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