lunedì 26 ottobre 2015

Quattro navigazioni nelal storia del Mediterraneo

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Alessandro Vanoli: Quando guidavano le stelle. Viaggio sentimentale nel Mediterraneo, Il Mulino

Risvolto
Sentimentale ma molto reale: in quattro navigazioni il viaggio si snoda dall'Egeo dei tempi di Ulisse alle coste romane di Ostia, da Costantinopoli all'Andalusia, da Ragusa a Cipro e infine da Alessandria d'Egitto a Ravenna. Di porto in porto, di tappa in tappa, ci ritroviamo in epoche diverse, nella Atene del V secolo a.C, a Cartagine alla vigilia della terza guerra punica, nella Valencia del Cid Campeador, nella Genova medievale, a Istanbul, e a Napoli all'inizio del Novecento. Ogni approdo racconterà un pezzo di storia del Mediterraneo, talvolta evocando il ricordo di grandi eventi, talvolta riscoprendo personaggi ormai dimenticati, ma sempre parlando anche di noi e di quel mare che non smette di suscitare speranze. 

Il Mediterraneo? È un sentiero circolare
di Giovanni Brizzi Corriere La Lettura 25.10.15
Quattro itinerari marittimi compongono il libro di Alessandro Vanoli Quando guidavano le stelle (Il Mulino): da Atene a Cartagine e Ostia; da Costantinopoli, lungo le coste del Levante e africane, al Maghreb e all’Andalusia; dalle sponde adriatiche e Venezia a Ragusa; da Alessandria a Genova. Con continui balzi nel tempo, inoltre, da storico di vaglia che torna, con stupefacente e pur mai ostentata erudizione, dai giorni nostri al passato più remoto, all' Atene del 425 a.C. e al Pireo con Socrate o alla Valencia del 1099 per le esequie di Rodrigo Diaz de Vivar, il Cid Campeador, alla Palermo in attesa dei Normanni o alla Costantinopoli di Giustiniano. Così ci lasceremo volentieri inebriare da «colori, suoni, odori» di grande potenza evocativa, passando dal tanfo che ammorba l’aria nel porto di Costantinopoli al bianco bagliore abbacinante delle città mediterranee bagnate di sole; dal brusio nei vicoli dei loro mercati alla luce notturna delle stelle.

Per gran parte delle storie narrate, soprattutto quando toccano il mondo islamico, a Vanoli noto come a nessuno, mi è avvenuto di cedere deliziato al fascino intenso dell’opera. Solo minime, dunque, le mie considerazioni... Bahr , «molta acqua», era il nome dato dagli Arabi al mare: «Come per tutti i popoli di terra, il mare era una barriera, luogo ultimo nel quale non vi possono essere anime da islamizzare». Tra i termini usati dagli Elleni, Vanoli ricorda solo il generico thálassa ; ma la lingua greca ne possiede invece un altro: póntos . Che, ricollegandosi al sanscrito panthah , «sentiero», mette in rilievo la natura del mare, alto ed aperto: passaggio che collega (e non divide...) le terre all’intorno. 
Se per Socrate, nel Fedone platonico, «la terra è qualcosa di immenso e noi ne abitiamo una piccola parte, dal Fasi alle Colonne d’Eracle; abitiamo attorno al nostro mare come formiche o rane attorno ad uno stagno», il quadro si precisa: un ristretto cerchio di regioni conosciute, attorno ad uno specchio d’acqua che unisce (e definisce: geographei ...) terre e popolazioni rivierasche.
Oggi il mare è di nuovo póntos , pur se chi lo traversa procede non più da est a ovest e viceversa, come Eracle-Melqart o Ulisse, ma da nord a sud. E induce a riflettere il fatto che, se gli odierni migranti non incontrano più i mostri di Omero, sperimentano però i pericoli della traversata e la pirateria dei mercanti di uomini; poco, ahimé, possono invece contare (sono troppi? Ovviamente...) su un Alcinoo che rispetti la legge di Zeus in materia di supplici.
Ma vi è ancora un altro termine che torna in mente qui: períplous , donde il nostro «periplo», che, grazie alla presenza della preposizione perì , sottolinea il carattere circolare della navigazione perfetta e la natura chiusa del nostro mare. Una dimensione a sé. Il libro di Vanoli è in fondo questo, un periplo ideale, dell’emozione e della memoria, intorno a una dimensione che non esiste più, ma che l’autore profondamente ama. 

Tutte le storie del Mediterraneo da Ulisse al Cid Campeador 
Il libro di Alessandro Vanoli “Quando guidavano le stelle” è un viaggio a ritroso nel tempo per raccontare le diverse culture del Mare Nostrum
PAOLOMAURI Repubblica 27 10 2015
Richard Papen, il giovane protagonista del bellissimo bestseller di Donna Tartt, Dio di illusioni , è colpito dal fatto che nella cittadina californiana dove vive e che si chiama Plano, nulla sia stato costruito prima del 1962 mentre lui è affascinato dall’antico, dalla cultura greca e persino dalla constatazione che il college in cui desidera andare a studiare risalga addirittura alla fine dell’800. Il nostro, invece, è un paese antico che cerca in ogni modo di perdere le chiavi d’accesso all’antichità. Ecco dunque giustificato e molto controcorrente il “Viaggio sentimentale nel mediterraneo” che Alessandro Vanoli ha costruito sotto l’insegna (è il titolo del libro)
Quando guidavano le stelle ( Il Mulino). Vanoli è uno studioso, un medievista che sa bene l’arabo ed ama, come si dice, andare sul posto e, aggiungiamo noi, fare un po’ di cinema, nel senso che il suo racconto è spesso già una sceneggiatura. Il libro è organizzato in quattro navigazioni, con una premessa che parla di un Mediterraneo che non c’è più e della necessità di rivisitarlo perché ci racconti ancora della sua lunga, intricata e fascinosa storia. Ed ecco che l’autore stesso si mette in scena e si filma mentre scende al Pireo: è l’Atene di oggi, con i suoi disastri edilizi, ma presto si insinua una frase chiave: «Ieri sono sceso al Pireo » e chi la pronuncia è addirittura Socrate all’inizio della Repubblica di Platone. Siamo all’incirca nel 425 avanti Cristo, «è un giorno di tarda primavera, lontano infuria una guerra e siamo al centro del mondo». Il viaggiatore sta dunque per incontrare Socrate: «…impossibile sbagliarsi: è quello basso, grassoccio e trasandato che si avvia verso sud in compagnia di alcuni giovani». Qualche pagina dopo l’autore sta leggendo le storie di Ulisse e guarda con lui il cielo di allora e le stelle che sono ancora le nostre anche se non le usiamo più per navigare. Il viaggio è lungo, ci vogliono sei giorni con i venti a favore per arrivare ad Alessandria e poi, via via, a Cartagine e poi a Ostia e a Roma. Qui troviamo il nostro viaggiatore che fa la fila per rivedere la Bocca della Verità (un antico tombino) spinto più che altro dal ricordo del film
Vacanze romane . Dunque è vero che pensa e scrive in modo cinematografico e ce lo confermerà ancora e anche alla fine citando Amarcord , suo film di culto.
Ma il libro, piacevole e percorribile da cima a fondo, è un libro ricco di sapienza e di esperienza che tocca nodi cruciali della nostra storia funestata da mille guerre ma anche splendida per l’intrecciarsi di tante umane vicende e per l’incrociarsi di diverse culture spesso veicolate, come avviene da sempre, dai commerci. In fondo il luogo ideale per capire un posto è il mercato. Nel luglio 1099 arriviamo a Valencia giusto in tempo per apprendere che è morto Rodrigo Díaz de Vivar, il Cid Campeador, il signore e conquistatore della città. Sta per diventare un monumento e, insieme, un personaggio di tanta letteratura. Vanoli sa bene che il passato si può riutilizzare a propria discrezione e che l’immaginario può entrare in concorrenza con il reale. E dopo averci fatto sostare a Genova e a Costantinopoli si ferma a Venezia per guardare da vicino un pittore fermo in piazza San Marco. Ancora una volta c’è una macchina da presa immaginaria: «Esterno giorno. Una mattina di primavera dell’anno 1495. Un uomo seduto nel bel mezzo di una piazza. Alza lo sguardo, lo abbassa, traccia una linea su un foglio…» Si tratta di Gentile Bellini che sta prendendo appunti per poi dipingere “Processione in piazza San Marco”. Il fatto che lavorasse all’aperto (en plein air) Vanoli se lo è un po’ inventato, ma serve a rendere l’idea. E a introdurre il ritratto di una Venezia che a Rialto vede confluire merci da mezzo mondo. Basta. C’è appena lo spazio per citare Flaubert in Egitto con il suo amico Maxime du Camp e per tornare a Genova da dove partono gli emigranti per le Americhe. Poi le luci si accendono, il film è finito e scorrono i titoli di coda con tutti i libri che bisognerebbe leggere. Ed è come se ci fosse anche un’avvertenza per il lettore distratto: badate che gli islam sono molti e non uno solo e che le frontiere, inevitabili, sono come le medicine: un rimedio e un veleno insieme. E l’Oriente è un’idea o esiste davvero ?

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