domenica 8 novembre 2015

I nazisti e la bomba atomica

Risultati immagini per bomba nazistaHitler senza bomba

Una ricerca sui cubi di uranio prodotti nel ’43 dagli scienziati tedeschi mostra come fossero ancora lontani dalla fissione nucleare

Gianni Fochi

I chimici tedeschi Otto Hahn e Fritz Strassmann scoprirono la fissione nucleare: bombardato con neutroni, il nucleo dell’atomo d’uranio si rompe, generando due atomi d’elementi più leggeri. Era il dicembre del 1938, e l’articolo scientifico che descriveva il lavoro uscì nel gennaio seguente. In febbraio i fisici austriaci Lise Meitner e suo nipote Otto Robert Frisch, esuli in Svezia perché di razza ebraica, pubblicarono su Nature una prima spiegazione teorica del fenomeno. Nel ’45 Hahn si vide assegnare il premio Nobel per la chimica, ma la sua scoperta aveva suscitato subito un interesse scientifico e tecnologico enorme. A trovar le condizioni giuste per far avvenire in pratica la fissione riuscì per primo Enrico Fermi a Chicago nel ’42, producendo in un reattore la reazione autosostenuta a catena. Le ricerche nucleari divennero prioritarie in buona parte del mondo scientificamente progredito, nella caccia a una nuova e potentissima fonte d’energia: per le applicazioni ordinarie e a maggior ragione - in pieno conflitto mondiale - per quelle belliche. In Germania lavorarono due gruppi di scienziati: uno nell’ambiente accademico civile, al Kaiser Wilhelm Institute per la fisica, sotto la guida di Werner Karl Heisenberg (che nel 1932, a trentun anni, aveva ricevuto il premio Nobel per la fisica), e uno in un centro militare, con a capo Kurt Diebner. Sui dettagli di quei progetti e sul loro effettivo grado d’avanzamento sono stati versati fiumi d’inchiostro, frutto di testimonianze, di veri studi storici, ma anche di congetture o di fantastoria. Nel ’44 il noto giornalista italiano Luigi Romersa era corrispondente in Germania e assistette a un’esplosione sperimentale: forse un prototipo di bomba “sporca”, atta cioè a contaminare territorio e persone con materiale radioattivo. Pare che Romersa avesse ricevuto un incarico segreto dallo stesso Mussolini, da lui conosciuto personalmente l’anno prima: corrispondente reduce dalla Libia dopo la caduta di Tripoli, gli aveva consegnato sulla guerra d’Africa un suo rapporto sincero e non viziato da convenienze o propaganda. Il capo del fascismo cercava informazioni non ufficiali sulla vera consistenza delle armi segrete, le Wunderwaffen (“armi miracolo”) tanto strombazzate dalla macchina propagandistica di Goebbels. Il mistero è durato fino ai giorni nostri, ma ora è stato svelato. Se nel ’59 in un’intervista televisiva la Meitner dichiarò tutto il suo apprezzamento per Hahn e Strassmann, i quali «con la chimica erano stati in grado di dimostrare un processo fisico», nei giorni scorsi la chimica ha segnato un altro punto decisivo.
Sulla rivista tedesca Angewandte Chemie, un gruppo internazionale diretto da Maria Wallenius del Centro di Ricerca Comunitario Europeo di Karlsruhe riferisce i risultati sui cubi d’uranio che gli scienziati tedeschi intendevano usare come materiale fissile. Dopo una serie d’esperimenti, Heisenberg aveva riconosciuto l’efficienza maggiore di quella geometria, su cui lavorava Diebner, abbandonando le lastre che aveva usato all’inizio. Comunque l’ultimo esperimento di tutto il progetto venne fatto nel marzo 1945 a Haigerloch, dove il laboratorio di Heisenberg era stato trasferito da Berlino, ormai prossima a cadere in mano ai russi. Ma già in aprile la missione segreta alleata denominata Alsos in onore del generale Groves, che comandava il progetto Manhattan (in greco alsos significa bosco, come l’inglese grove), s’era impossessata di gran parte degli oltre seicento cubi di Haigerloch: oltre una tonnellata d’uranio. Un altro lotto venne trovato sotto terra un quarto di secolo più tardi. Nel 2000 a Heidelberg venne poi rintracciata una delle lastre iniziali di Heisenberg. Campioni dei diversi tipi sono stati analizzati a Karlsruhe, nella ricerca accurata degl’isotopi e delle impurezze presenti in piccole dosi. I rapporti quantitativi permettono di risalire al momento dell’ultima purificazione chimica, perché è nota la velocità con cui certi nuclei si formano nel decadimento radioattivo naturale dell’uranio. Per i cubi la data di produzione è stata posta alla seconda metà del ’43, la lastra risale invece a tre anni prima. Le dosi d’uranio 235, l’isotopo fissile, sono molto basse (circa 7,25 per mille) e corrispondono a quelle presenti nell’uranio semplicemente estratto dai minerali. In altre parole, l’arricchimento necessario non c’era stato, perché avrebbe richiesto una tecnologia complessa, in cui i tedeschi erano allora soltanto allo stadio sperimentale.
A questo punto ogni tentativo di fissione autosostenuta sarebbe già da escludere, ma a conferma c’è dell’altro. In quei campioni storici, i nuclei spia dell’uranio fissile bombardato con neutroni, cioè l’uranio 236 e il plutonio 239 che si formano quando un neutrone viene inglobato in nuclei d’uranio 235 o 238, sono stati riscontrati a livelli estremamente bassi: una o due parti su centomila miliardi, addirittura sei volte meno rispetto a quanto si trova nei minerali da cui cubi e lastre erano stati tratti. Ciò prova che quei tedeschi d’una settantina d’anni fa erano stati molto bravi nella purificazione chimica; ma prova anche che a ottenere la fissione non ci arrivarono proprio.

Nessun commento: