Quella modernità che la Chiesa ha sempre combattutto era in realtà la sua principale alleata [SGA].
Marco Vannini: All’ultimo papa. Lettere sull'amore, la grazia e la libertà, Il Saggiatore pagg. 205, euro 17
Risvolto
Le dimissioni di Benedetto XVI sono uno dei gesti più
sconvolgenti della storia del cristianesimo e dell’epoca contemporanea:
un atto che vuole ricondurre una religione alla sua vera essenza, allo
svuotamento dell’io, al nunc dimittis. A coglierne pienamente
la potenza è Marco Vannini, tra i massimi esperti europei di mistica
cristiana, da mezzo secolo impegnato a scandagliarne i protagonisti, da
Meister Eckhart a Sebastian Franck.
Nelle dimissioni di Benedetto xvi Vannini riconosce un fatto
indipendente da eventi contingenti e causato invece dalla crisi di
un’intera religione, che mostra lo sgretolarsi dei fondamenti delle
Scritture sotto i colpi della storia. Nel tentativo estremo di
conciliare credenza religiosa e verità oggettiva, il professor Ratzinger
ha steso una vita di Gesù, ma la sua fatica è destinata al fallimento:
la Chiesa sta percorrendo una strada diversa da quella «religione del
Logos» che Benedetto XVI aveva appassionatamente difeso nel discorso a
Ratisbona del settembre 2006.
La straordinaria figura di Benedetto xvi è un’occasione, una cifra
della storia occidentale, che mostra all’opera l’«ultimo papa»
prefigurato nello Zarathustra di Friedrich Nietzsche, che lo
ritrae a riposo, anziano ma non sfibrato. Filosofica e appassionante
nella sua radicalità, la riflessione di Vannini appare vertiginosa,
incardinando il sentimento della fede in un movimento che fa trasalire
per intimità e precisione.
Nello scrivere queste lettere indirizzate all’«ultimo papa» – lettere
insieme accorate e acutamente analitiche, urgenti e profondamente
meditate, fortemente cristiane – Vannini non perde mai di vista la
particolarità del nostro crocevia storico. Così, le sue riflessioni sul
tesoro nascosto e sull’amore, sulla grazia e sulla libertà, sulla fede,
sulla giustizia e la fine delle menzogne, sulla vita eterna, sfondano i
confini della teologia dogmatica per rivolgere un invito a tutti i
cristiani a uscire da ciò che è accessorio e a entrare
nel regno della ragione più profonda e abissale, riscoprendo l’essenza
autentica del messaggio evangelico: la consapevolezza di sé.
Le vere ragioni delle dimissioni di Ratzinger
un libro di Marco Vannini
di Paolo Rodari Repubblica 4.3.16
Quali sono le ragioni delle dimissioni di Benedetto XVI? Gli intrighi di palazzo, la pedofilia, le carte trafugate… Ma cosa, in fondo, lo ha spinto a rinunciare? Se lo chiede il filosofo e teologo Marco Vannini, tra i massimi esperti di mistica cristiana, in All’ultimo Papa con una tesi che fa discutere: l’ultimo Papa è Benedetto. La risposta va oltre eventi contingenti per ritrovarsi nel «venir meno dei fondamenti storici della fede». In sostanza, dice Vannini, Ratzinger resta l’ultimo difensore di una credenza tradizionale, secondo la quale il «vecchio Dio Padre» è rex tremendae majestatis. È il Dio della tradizione ebraica che oggi, dal pronunciamento di Giovanni Paolo I fino al rilancio operato dalla teologia cosiddetta al femminile, è stato sostituito dal concetto di Dio-Madre. Secondo Vannini, Ratzinger avrebbe dovuto operare un’azione troppo ardita: far passare il cristianesimo da mitologia (appunto la credenza in un Dio potente e superiore) a conoscenza dello spirito nello spirito, un Dio privo di ogni attributo, pura luce: «Un pensiero che non crea né teologie né chiese, perché esso esprime soltanto l’esperienza di una realtà assolutamente diversa ». Lo si chiama Dio per consuetudine ma, spiega Vannini, «non intendiamo affatto parlare di un ente supremo, lassù nei cieli», quanto della scoperta di ciò che siamo, «il nostro stesso essere». Ratzinger avrebbe dovuto spostare il cristianesimo su questo secondo livello. Ma, dice Vannini, l’impresa è sembrata «tale da richiedere forze molto superiori a quelle di un vecchio papa». E per non tradire se stesso, per non abbracciare un «nuovo umanesimo », ha preferito ritirarsi.
La natura romantica del Papa
di Claudio Gallo La Stampa 3.4.16
Ci
vuole un certo coraggio a criticare un papa amato da tutti: potenti e
poveri, persino dagli ex mangiapreti. Nel suo Madonna Povertà. Papa
Francesco e la rifondazione del cristianesimo, (Neri Pozza, pp. 96, €12)
Flavio Cuniberto, docente di filosofia all’università di Perugia, lo fa
con garbata determinazione. Il rispetto non maschera tuttavia la
durezza della tesi: la «rifondazione» del cristianesimo di Bergoglio
assomiglierebbe molto alla sua liquidazione.
Cuniberto vede lo
stile apostolico del papa argentino, comunemente percepito come un
salutare ritorno al Vangelo, come un allontanamento dalle radici
cristiane. Su quali elementi si basa una diagnosi così severa? Il
documento sulla povertà, tema prediletto di Bergoglio, poggerebbe su una
contraddizione: la povertà è denunciata come male da sradicare, e nello
stesso tempo esaltata come un «tesoro» da preservare, «porta del
paradiso». Ad andare perduta sarebbe proprio l’accezione evangelica
della povertà: la sua dimensione spirituale come «svuotamento, come
abbandono proteso verso la Grazia, come “fame” e “sete”» della Parola.
Ridotta
a categoria sociologica, la povertà perde la sua valenza metafisica per
entrare in un regime indeciso fra lo sguardo illuministico verso una
miseria-da-sradicare e lo sguardo compassionevole per il povero come
figura Christi.
A questa lettura, «estremamente riduttiva, della
povertà evangelica», farebbe riscontro una visione della natura che
appare più romantica che cristiana. E’ l’idea della natura come realtà
intrinsecamente buona e «salva», ma esposta alla violenza devastatrice
dell’uomo.
L’autore non ignora gli effetti nefasti delle tecnica
moderna, ma obietta «alla soppressione di quell’evento originario che
sfigura la creazione, sottomettendola, come scrive San Paolo, alla
“caducità” (Rm 8,20)». In questa prospettiva, che abolisce di fatto il
Male come realtà metafisica riducendola alla malvagità dell’essere umano
violentatore, l’obiettivo non è più la «redenzione», ossia il
ripristino, attraverso il sacrificio di Cristo, della Natura originaria.
Condivisibile e perfettamente «laico», l’obiettivo diventa la
salvaguardia del pianeta. La prospettiva religiosa e spirituale si
riduce a un’alleanza nella lotta contro i guasti della modernizzazione e
l’ingiustizia sociale. Bergoglio incontra Vattimo? Affascinante ma
forse un po’ radicale.
Alla fine degli Anni 70, il filosofo
cattolico Emanuele Samek Ludovici avvertiva del rischio che la Chiesa
diventasse una sorta di para-Unesco, perdendo così la sua ragione
d’essere. Cuniberto, che di Samek fu allievo e amico, continua a modo
suo quel cammino, scomodo oggi come allora.
Nessun commento:
Posta un commento