giovedì 21 aprile 2016

L'individuo cosmico-storico: Fidel Castro approva la necessaria apertura verso il socialismo del XXI secolo e dice addio


Discorso d'addio per Fidel Castro al congresso del partito comunista cubano
L'addio di Fidel: "Rimarranno le idee dei comunisti cubani come prova che questo pianeta, se si lavora con fervore e dignità, è in grado di produrre i beni materiali e culturali di cui gli esseri umani necessitano"
Raffaello Binelli Giornale - Mer, 20/04/2016 
Cuba. Stralci del discorso di Fidel pronunciato a conclusione del VII Congresso del Pccdi Fidel Castro il manifesto 21.4.16
Nell’aprile del 1959, quando mise piede a New York per la sua prima visita da leader della neonata rivoluzione cubana, Fidel Castro, disse ai giornalisti: «L’unico mio merito è di credere nel popolo, che è leale con chi gli è leale, e ama chi lo ama». A 57 anni da quel momento, a conclusione del VII Congresso del Partito che fondò, e alla soglia dei novant’anni, Fidel è di nuovo tornato sul tema: «Dirigere qualunque popolo in tempo di crisi costituisce uno sforzo sovrumano – ha detto -. Senza i popoli, i cambiamenti sarebbero impossibili. In una riunione come questa, nella quale si incontrano oltre 1.000 rappresentanti scelti dal proprio popolo rivoluzionario che a loro ha delegato la sua autorità, significa per tutti l’onore più grande ricevuto in vita. A questo si aggiunge il privilegio di essere rivoluzionario, che è frutto della nostra coscienza. Perché sono diventato socialista, o meglio, perché sono diventato comunista?»
Una parola, questa – ha proseguito Castro – «che esprime il concetto più distorto e calunniato della storia da parte di quelli che ebbero il privilegio di sfruttare i poveri, spossessati di tutti i beni materiali che provengono dal lavoro, il talento e l’energia umana. Da quanto tempo l’uomo vive in questo dilemma… Lo so che a voi non serve questa spiegazione, ma forse a qualcuno dei presenti, sì. Parlo così – ha precisato – perché si capisca meglio che non sono ignorante, estremista, né cieco, né ho appreso le mie idee per conto mio, studiando economia per conto mio. Non ho avuto un precettore quando ero studente di legge e scienze politiche…. Non avevo un precettore che mi aiutasse a studiare il marxismo-leninismo… avevo una fiducia totale nell’Unione sovietica… E l’opera di Lenin  oltraggiata dopo settant’anni di rivoluzione! Che lezione storica! Si può affermare che non dovranno trascorrere altri settant’anni perché si verifichi un avvenimento simile alla Rivoluzione russa, perché l’umanità abbia un altro esempio di una grandiosa Rivoluzione sociale come quella che ha prodotto un enorme passo avanti nella lotta contro il colonialismo e il suo inseparabile compagno, l’imperialismo.
Tuttavia, forse il pericolo maggiore che oggi incombe sulla terra deriva dal potere distruttivo dell’armamento moderno che potrebbe distruggere la pace del pianeta e rendere impossibile la vita umana sulla superficie terrestre. Scomparirebbe la specie come scomparvero i dinosauri… Se la specie sopravvive… Come alimentare migliaia di milioni di esseri umani la cui realtà confliggerebbe irrimediabilmente con i limiti dell’acqua potabile e delle risorse naturali necessarie?». Questioni epocali che Fidel consegna alle generazioni future accompagnate da un’esortazione: «Ai nostri fratelli dell’America latina e del mondo dobbiamo trasmettere una speranza: che il popolo cubano vincerà». (l’intero discorso su www.granma.cu)

Fidel: «Resteranno le idee» 
Congresso Pcc. Il lider maximo si è schierato a sostegno delle riforme iniziate dal fratello Raúl 
Roberto Livi Manifesto L’AVANA 21.4.2016, 23:59 
«Per tutti arriva il proprio turno, però resteranno le idee del Partito comunista». È stato Fidel, martedì, a concludere il VII Congresso del Pcc, commuovendo i mille delegati e gli invitati, affermando che «fra poco compirò 90 anni e forse è l’ultima volta che parlo in questa sala», ma che la sua eredità, ovvero il socialismo realizzato nell’isola resterà, assieme al messaggio, che i delegati devono diffondere al mondo e all’America latina: che «il popolo di Cuba vincerà». 
Visibilmente invecchiato, vestito, come sempre, con una semplice tuta da ginnastica, Fidel ha ribadito poi quale deve essere oggi il centro della politica, ovvero i grandi temi dell’ambiente («Come alimentare miliardi di persone la cui realtà si scontrerà con i limiti fisici del pianeta, l’acqua e le risorse naturali di cui avranno necessità») e della pace. Si è trattato di un intervento coinciso ma di alto profilo, con la difesa delle idee (anticolonialiste e antimperialiste) della Rivoluzione sovietica e, appunto, indicando che la politica deve avere al centro gli interessi dell’umanità e non del capitale. Il lider maximo si è schierato a sostegno delle riforme iniziate dal fratello Raúl e con l’obiettivo di giungere a Cuba a un «socialismo prospero e sostenibile», delle misure e dei tempi indicate nelle tesi del Congresso per attuarle e della direzione «storica» del partito-stato che nei prossimi cinque anni dovrà governare tale processo. 
L’imprimatur di Fidel non è rituale. «Anche nella base del partito, afferma il professor Enrique López Oliva, si attendevano misure più avanzate in materia di riforma economica in relazione al processo di disgelo con gli Usa, come pure l’inizio di un rinnovamento generazionale nella direzione del partito e dello Stato». Il Congresso ha rieletto tutto il vertice dell’Ufficio politico, ovvero la direzione civile e militare espressione della Rivoluzione del 1959, e composto in gran parte da ultraottantenni. 
È stato riconfermato Ramón Machado Ventura nella sua carica di primo vicesesegretario generale del Pcc nonostante quest’anno compia 86 anni e che rappresenti l’ala del partito giudicata più «conservatrice». Alla vigilia, circolavano voci su un possibile segnale di rinnovamento con l’«innalzamento» alla carica di primo vicesegretario del più giovane Diaz-Canel, generalmente indicato come il probabile successore di Raúl alla presidenza della repubblica. I nuovi membri dell’Ufficio politico, due uomini e tre donne, non sembrano, secondo i critici, sufficienti a garantire «la marcia in più» che sarebbe necessaria ad affrontare il difficile periodo di crisi e di cambiamenti. La riforma della Costituzione che dovrà assicurare un rinnovamento completo dell’attuale vertice del partito –prevede un limite massimo di 60 anni per i membri del Comitato centrale e di 70 anni per quelli dell’Ufficio politico e la possibilità di un massimo di due periodi di cinque anni di carica e che tali limiti si estendano anche alle massime cariche dello Stato- è dunque rimandata al prossimo Congresso previsto nel 2021. 
E con essa un ricambio generazionale che, anche all’interno del partitto, viene individuato come un fattore importante. «Il Doi Moi (rinnovamento) in Vietnam è iniziato quando è stata sostituita la vecchia direzione dei tempi di Ho Chi Min, e per il nuovo corso in Cina è stato necessario il ricambio del vertice maoista», sostiene Jorge un giovane militante del partito comunista. Il Congresso ha approvato (all’unanimità e senza interventi correttivi) la continuità del processo di riforme economiche e sociali ( in gergo politico locale i Lineamenti) decise cinque anni fa con un piano di lavoro per renderle effettive e produttive nei prossimi quindi anni. Tali misure in sostanza tendono a rendere meno stringente il controllo dello Stato sull’economia, concedendo più autonomia alle imprese statali e affidando un crescente ruolo alle cooperative e al settore privato per riassorbire le molte centinaia di migliaia di lavoratori espulsi dal settore pubblico e per dare più efficienza al sistema produttivo cubano. 
Una parte dei delegati ha esaminato la tesi sulla «concettualizzazione del sistema socialista cubano» ovvero dell’ambito economico politico nel quali opereranno le riforme. La preoccupazione di fondo, espressa anche dal presidente Raúl nel suo discorso di apertura, è che il rafforzamento del settore dei cuentapropisti comporti sia un allargamento della forbice sociale con una «concentrazione della proprietà» nel settore privato, sia alla formazione di una classe media che potrebbe poi rivendicare obiettivi politici in contrasto con il socialismo cubano in alleanza con gli Usa. Per questa ragione, non solo è stato riconfermato che i piccoli imprenditori non hanno personalità giuridica (in pratica non hanno la proprietà del loro negozio ma sono solo titolari di una licenza) ma è stata aggiunta una clausola che «proibisce la concentrazione della ricchezza» nelle mani dei privati. 
Due importanti voci nel Congresso hanno ripreso le tesi di Fidel sul pericolo della «mano tesa» dal presidente Obama se questa, come sembra, comporta un attacco al sistema socialista. Il ministro degli Esteri Bruno Rodríguez ha infatti definito la recente visita del presidente degli Usa all’Avana come «un attacco» a Cuba, mentre Abel González Santamaría, viceconsigliere della Commissione difesa e sicurezza nazionale (guidata dal figlio di Raúl, Alejandro) si è riferito al discorso rivolto da Obama alla popolazione cubana come a quello di una sirena che, suppostamente, vuole far naufragare i cittadini cubani. Le tesi approvate dovranno ora essere sottoposte alla discussione della base. 
Questa è l’indicazione data da Raúl – riconfermato primo segretario generale del partito, carica che probabilmente manterrà anche quando, nel febbraio 2018, lascerà la presidenza della repubblica- anche per rispondere alle critiche che, a differenza del precedente congresso, non vi era stato un massiccio dibattito nella base. Una discussione necessaria, perché la linea del più giovane dei Castro, quella di procedere ai cambiamenti ma, ma «senza avere fretta» per non incorrere in errori, seppur confermata dalla massima istanza del partito non sembra però convincere una parte della base. Soprattutto i giovani, che continuano ad esprimere molta preoccupazione riguardo al loro futuro e, in parte, a «votare con i piedi» cercando di emigrare.

Ora toccherà ai giovani salvare le tante conquiste della Rivoluzione cubana
Cuba. Per quanto riguarda le nuove relazioni con Washington, Raúl ha parlato di due paesi che restano distanti pur auspicando rapporti «civili» e «rispettosi della propria indipendenza e sovranità» di Aldo Garzia il manifesto 21.4.16
Con orgoglio e tenacia, Fidel Castro ha partecipato martedì scorso all’ultima giornata del VII Congresso del Partito comunista cubano. Non si è limitato a ricevere gli applausi degli oltre mille delegati convenuti nel Palazzo delle Convenzioni a L’Avana.
Sulla soglia dei 90 anni che compirà il prossimo agosto, indossando la sua nuova uniforme che da qualche anno è una tuta da ginnastica, inforcando un paio di occhiali da vista, senza rinunciare a stare eretto in piedi appena poteva per salutare i congressisti, ha pronunciato un breve discorso con voce sicura.
Fidel ha ripercorso la sua biografia spiegando come è diventato comunista e curioso del marxismo fin da quando era un giovane studente di giurisprudenza all’Università dell’Avana. Poi ha difeso questa identità e le scelte di Cuba socialista. Si è congratulato con il fratello Raúl per come ha gestito gli ultimi anni dell’isola, quelli che dal 2006 vedono Fidel lontano dal governo a causa di una prolungata malattia. Infine, la parte più emotiva dell’intervento: «Fra poco dovrei compiere 90 anni, non me lo sarei mai immaginato. È un capriccio del caso. Ben presto sarò come tutti gli altri. Per tutti arriva il proprio turno ma resteranno le idee dei comunisti cubani… Forse è l’ultima volta che parlo in questa sala. Vi ringrazio».
Il saluto di Fidel ha avuto il sapore del commiato. Ma pure l’intero Congresso è stato all’insegna del passaggio generazionale. Raúl Castro ha confermato che lascerà i suoi incarichi nel 2018. Gli ultraottantenni del gruppo storico che ha fatto la rivoluzione del 1959 sono ormai un sparuta minoranza. Il Congresso ha inoltre approvato alcune clausole che favoriscono il rinnovamento: nel Comitato centrale non bisognerà avere più di 60 anni per essere eletti, per le massime cariche non si dovranno superare i 70. Ora il testimone passa ai quaranta-cinquantenni.
A loro spetterà il compito di salvare le conquiste della rivoluzione, rinnovare il modello socialista e reggere la nuova sfida con gli Stati Uniti che sono meno aggressivi dopo la recente visita a Cuba di Barack Obama. L’impresa è titanica. Va dato atto al gruppo storico di aver lavorato con saggezza e lungimiranza a questo inevitabile passaggio di fase.
Chi sarà l’erede alla guida dell’isola è troppo presto per dirlo. Nei prossimi due anni affiorerà di sicuro più di una candidatura. Gli occhi sono intanto puntati sull’attuale vicepresidente: Miguel Diaz-Canel, classe 1960.
Politicamente, il Congresso ha confermato gli assi strategici dell’ultimo periodo. Raúl Castro ha ribadito con fermezza che aprire alcuni settori dell’economia al lavoro privato non equivale alla restaurazione del capitalismo: lo Stato non è più in grado di coprire alcuni servizi, quindi niente paura verso i «cuentapropisti» che hanno superato i le 500mila unità.
Nuova apertura pure alle imprese miste e a partnership straniere. Cuba ormai punta a un’economia mista con istruzione, difesa, previdenza e sanità saldamente in mani pubbliche. Il punto debole restano i bassi salari e le basse pensioni in una fase di crescita economica e aumento dei prezzi.
Per quanto riguarda le nuove relazioni con Washington, Raúl ha parlato di due paesi che restano distanti pur auspicando rapporti «civili» e «rispettosi della propria indipendenza e sovranità».
Da qui la reiterata richiesta che tutte le clausole dell’embargo vengano abolite e che si restituisca ai cubani la base militare di Guantanamo. Indietro non si torna, questa è la volontà dell’Avana. Vedremo se il nuovo inquilino della Casa bianca la penserà altrettanto.
Sul Congresso dei comunisti cubani hanno pesato infine le notizie che arrivano da Brasile, Argentina e da altri paesi latinoamericani dove sembra di assistere alla fine del ciclo progressista del recente passato e dove la destra sta affilando le armi per un ritorno generalizzato al potere. Anche in Venezuela, l’alleato più fedele di Cuba, le cose non vanno per il meglio.
Il «golpe bianco« in corso contro la presidente Dilma Roussef può avere conseguenze politiche sugli equilibri dell’intera America latina. Che L’Avana si sia garantito il buon vicinato non belligerante degli Stati uniti è un risultato importantissimo, oltre che una storica vittoria. Difficile che Cuba torni accerchiata e isolata come dieci o quindici anni fa.

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