mercoledì 6 aprile 2016

Una storia del MSI e del trasformismo che ha assorbito la destra di ispirazione fascista

cover msi
Annalisa Terranova: L’altro MSI. I leader mancati per una destra differente, Giubilei Regnani, pp. 174, euro 15

Risvolto
Se un “altro” Msi è esistito, accanto e parallelamente alla storia di quello ufficiale, incarnato dal leader più famoso, Giorgio Almirante, esso va rintracciato nelle aspirazioni e nel progetto di uomini molto differenti tra loro—Romualdi, Massi, De Marzio, Rauti, Tarchi, Niccolai, Mennitti e l’ultimo Fini—che hanno immaginato, con la loro azione e con il loro pensiero, la possibilità di nuovi e diversi modi di interpretare la destra. Questo libro vuole essere, oltre che un ritratto inedito di queste figure, un approfondimento necessario per capire la complessità del mondo che fece capo al msi e un modo per non disperdere una preziosa eredità.



Secolo domenica 31 gennaio 2016 

I leader mancati di una Fiamma che purtroppo non s’è mai accesa 

Annalisa Terranova ricostruisce le figure, da Romualdi a Tarchi e Mennitti, e le idee fagocitate da Almirante e dalla sua nostalgica «retorica dei vinti» 

6 apr 2016  Libero GIUSEPPE PARLATO RIPRODUZIONE RISERVATA 
Nell’immaginario collettivo politico italiano il neofascismo si riassume nella figura di Giorgio Almirante. Come tutti gli immaginari collettivi, ha un fondamento di verità e soprattutto ha delle motivazioni. La verità è che Almirante è stato il più capace, il più abile e, soprattutto, il miglior comunicatore della destra italiana. Questa fama ha determinato l’oscuramento di altri esponenti che pure meritavano una segnalazione nel vario mondo della destra. A queste motivazioni aggiungiamo il fatto che, all’esterno, le vicende del Msi sono quasi completamente sconosciute, per cui si riconducono tutte ad Almirante. 
Per questi motivi, il volume di Annalisa Terranova - L’altro MSI. I leader mancati per una destra differente ( Giubilei Regnani, pp. 174, euro 15) - costituisce una positiva novità. Lo scopo dichiarato è quello di fare finalmente emergere le figure e le idee che hanno caratterizzato la storia della Fiamma, oltre e, talvolta, contro la figura di Almirante, nella persuasione che una personalizzazione (per certi versi inevitabile) del ruolo del leader nella storia missina sia alla fine riduttiva e impedisca una lettura articolata di quel complesso mondo che è la destra italiana, come sottolinea nell’introduzione Antonio Carioti. 
Ciò che si apprezza maggiormente è il fatto che Terranova abbia sottolineato non tanto gli elementi di carattere personale (che pure ci furono in un partito così rissoso come il Msi) che hanno differenziato i vari esponenti missini rispetto ad Almirante, quanto le diversità progettuali, facendo di questa galleria di personaggi non solo dei medaglioni (peraltro già di per sé molto utili) ma ricostruendo un dibattito di idee legato a riviste e a strutture di partito che contrasta non poco con la desolante situazione attuale. 
I personaggi presi in considerazione sono Pino Romualdi, Ernesto Massi, Ernesto De Marzio, Pino Rauti, Marco Tarchi, Beppe Niccolai, Domenico Mennitti e Gianfranco Fini. Naturalmente si può discutere la scelta: qualcuno potrà notare assenze o improprie presenze. Personalmente, non avrei tralasciato Roberti, mentre Fini (l’unico di questi che non sia un «leader mancato») costituisce qualcosa, per certi versi, ben poco “altro” e, per altri versi, “troppo altro” rispetto ad Almirante. Osservazioni che non modificano di una virgola il giudizio assolutamente positivo sul volume, che, anzi, costituisce un’ottima base di partenza per altre ricerche e analisi. Un solo esempio: il racconto equilibrato della scissione di Democrazia Nazionale. 
Se c’è un filo conduttore che lega quasi tutti i personaggi presi in considerazione è il rifiuto, motivato con argomentazioni assai diverse, della nostalgia come metodo di aggregazione politica del Msi. Tutti hanno cercato di dare sostanza al pensiero e all’azione del partito uscendo dal comodo sfruttamento del ricordo del fascismo, una nostalgia che per altro la base chiedeva come estremo momento identitario. A differenza di Almirante, ben più attento di altri a cogliere gli umori della base, gli altri esponenti missini hanno cercato, in momenti diversi e non sempre riuscendovi, di “educare” il popolo missino verso un modello che prevedesse non tanto il ricordo struggente dell’irripetibile passato quanto una proposta politica per non essere esclusi dalla storia. Sintetizzando molto, si può dire che alcuni, come Romualdi, De Marzio e Mennitti, cercarono di costruire un percorso per i «fascisti in democrazia» a favore di una scelta decisamente di destra; altri, come Rauti e Tarchi, verso un progetto rivoluzionario che vedeva in una nuova destra il modello alternativo a quella vecchia, borghese e patriottarda; altri ancora, come Massi e Niccolai, inseguirono una linea nazionalpopolare, a sinistra, nell’ottica di un superamento del sistema liberalcapitalistico. Percorsi che, se giudicati solo in base ai risultati politici, non possono che essere considerati fallimentari. Ma se invece si analizzano dal punto di vista dell’eredità che hanno lasciato alla cultura della destra, si scoprirà che hanno costituito i momenti più vitali della Fiamma: il personaggio che, culturalmente, li ha meglio interpretati è stato Giano Accame, nato con De Marzio, vicino a Niccolai, a Mennitti, agli “eretici” del neofascismo, estraneo a ogni nostalgia.
La necessità di uscire dalla «retorica dei vinti» che, come ricordava Niccolai, era stata inventata da Almirante, era il primo passo per mettersi a fare politica, in un partito non più ghetto: «L'ambizione», scrive Terranova, «è di parlare ai tempi moderni, di vincere la sindrome dell’esclusione, di ipotizzare un ruolo nella evoluzione del Paese che non fosse più quello di presidio alle macerie del fascismo». Un fascismo storicizzato, non rinnegato, perché l’abiura altro non è che l’altra faccia del nostalgismo.      

Nessun commento: