martedì 21 giugno 2016
Fantascienza a destra: un'antologia da "Futuro"
Le meraviglie dell’impossibile. Fantascienza: miti e simboli, a cura di Luca Gallesi, Mimesis, pp. 255, euro 22
Risvolto
Correvano i roventi anni settanta, quando fece la sua comparsa in
libreria una collana di volumi di fantascienza che per la prima volta
offriva al pubblico di appassionati un prodotto nuovo: traduzioni
accurate, introduzioni approfondite, apparato critico scrupoloso. La
collana si chiamava “Futuro” e i curatori erano Gianfranco de Turris e
Sebastiano Fusco. A quasi cinquant’anni di distanza, l’antologia qui
presentata propone il meglio di quelle edizioni, i saggi più acuti e
“visionari”, che, nonostante il tempo passato, conservano intatto
fascino e forza espressiva. La sola cosa profondamente cambiata è che la
fantascienza, da genere di nicchia riservato a pochi appassionati, è
diventata la fonte di ispirazione principale per la letteratura, per il
cinema, per le serie tv e per i videogiochi. Un’altra differenza non da
poco è che, nel frattempo, la premiata ditta de Turris e Fusco ha
spiccato il volo ed è riconosciuta come una vera autorità della
letteratura fantastica in Italia.
Gianfranco de Turris è stato vicecaporedattore cultura al Giornale Radio Rai dove ha ideato e condotto il programma L’Argonauta (2002-
2012) vincendo il Premio Saint Vincent 2004. Ha diretto riviste e
collane di libri, ha curato l’edizione di diverse centinaia di opere
italiane e straniere. È stato presidente del Premio Tolkien (1980-1992),
ha vinto vari Premi Italia di fantascienza, ha scritto una ventina di
libri e libretti, è direttore responsabile della rivista Antarès (Bietti).
Sebastiano Fusco giornalista
e scrittore, ha una produzione saggistica che spazia tra divulgazione
scientifica, tradizioni magiche, alchimia, esoterismo e narrativa
fantastica. è stato direttore, per vari editori, di riviste di scienza,
costume, narrativa, nonché di una televisione privata. Ha curato le
edizioni critiche o le traduzioni delle opere di numerosi autori, specie
nell’ambito del fantastico. Attualmente, è direttore di un’agenzia
giornalistica internazionale.
De Turris e Fusco collaborano insieme da oltre mezzo secolo (il loro
primo articolo risale al 1962). Hanno diretto per dieci anni (1972-
1981) delle collane di fantascienza che con le loro introduzioni hanno
rinnovato l’analisi critica della letteratura dell’immaginario. Hanno
per primi approfondito e divulgato l’opera di H.P. Lovecraft e J.R.R.
Tolkien sin dagli anni Sessanta del Novecento. Hanno scritto a quattro
mai svariate centinaia di articoli, saggi, introduzioni, voci
enciclopediche sugli argomenti più vari e cinque volumi: Obiettivo sugli UFO (1975), H.P. Lovecraft (1979), L’ultimo demiurgo (1989), Il simbolismo della spada (1990), Ricordi di un Hobbit (2015).
Libero 21 giu 2016 MARIO BERNARDI GUARDI RIPRODUZIONE RISERVATA
Nell’immensità dell’universo esistono, oltre gli uomini, altri esseri pensanti? E, se esistono, come possono esser convertiti alla parola di Cristo? Una macchina del tempo potrebbe far luce sul mistero di Morte e Resurrezione? Da che parte starebbe Dio se gli alieni invadessero la terra? Possiamo prospettarci l’eventualità di un Creatore che sostituisca un’umanità sempre più allo sbando con degli obbedienti robot?
Si tratta, per dirla con Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco, di «questioni tali da far tremare i polsi al più intrepido ed anticonformista dei teologi» (Le meraviglie dell’impossibile. Fantascienza: miti e simboli ,a cura di Luca Gallesi, Mimesis, pp. 255, euro 22). Eppure, tra il 1972 e il 1981, il «Disdicevole Duo de Turpis e Fosco» - così i cultori di fantascienza sinistramente corretti avevano ribattezzato i due studiosi - se le pose, e altre ancora ne formulò, in intriganti saggi. Quelli che, su iniziativa e a cura dei Disdicevoli, introducevano gli autori proposti dalle collane dell’editore Fanucci.
Collane di fantascienza? Certo, ma che presentavano autori impegnati non solo a dar corpo alla loro immaginazione, in un profluvio di scenari in cui la fantasia si scatenava, tuffandosi in ogni possibile futuro; ma anche capaci, per qualità di invenzione e di scrittura, di suggerire interrogativi forti. E cioè domande che avessero a che fare con la filosofia e la religione, il simbolo e il mito, gli archetipi del passato più “immemoriale” e le rappresentazioni più futuribili, qua e là sulla Terra o in giro per la galassia. Dunque, de Turris e Fusco, nei 19 saggi “ritrovati” da Gallesi, prima di tutto tenevano a dimostrare che la fantascienza è tutt’altro che un genere minore e, in secondo luogo, attraverso una selezione di firme importanti, chiamavano il lettore a misurarsi con le cruciali domande sull’essere, l'esistere, il prima e il dopo, l’oltre e gli alieni, attraverso variegati percorsi di significato nello spazio e nel tempo.
Era una colpa inoltrarsi nei sentieri di una fantascienza alta e priva di imprimatur progressisti? Negli arroventati anni Settanta, sì. De Turris e Fusco erano conosciuti per il loro anticonformismo ideologico, il che, più o meno, significava che erano «fascisti». E avevano, poi, il gravissimo torto di offrire riflessioni, interpretazioni, spunti di dibattito, citando - anche, si badi bene, non esclusivamente - studiosi «impresentabili» come Evola, Guénon ed Eliade, nonché dottrine sospettate di contiguità con il bieco irrazionalismo, come l’alchimia, la gnosi e la sapienza tradizionale.
Come si permettevano? Cosa c’era dietro la loro attenzione nei confronti dei miti e dei simboli? Bisognava sottoporre i due studiosi a un serio impegno di decrittazione: ed ecco che, leggendo tra le righe, venivano fuori le componenti “nere”. Seguivano le acute strida degli indignati. «Fantascienza fascista, sei la prima della lista!» Editore Fanucci, o ti dai una regolata o chiudi! Ma per capire il clima bisogna leggere l’introduzione di Gallesi e la nota degli autori. E poi abbandonarsi al piacere intellettuale che viene da questi saggi, dove si discetta di crisi del mondo moderno, di antiutopia, del simbolo della spada, dei temi dell’assedio e del ritorno… Nonché «dei modi di raggiungere la Luna». Per caso, saranno arrivati anche lì i fascisti, oltre che Corrado Guzzanti docet - su Marte?
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