domenica 15 gennaio 2017

Sport e consenso nel regime fascista


Risvolto

Perfetta osmosi tra sport e politica, efficace riassetto dei quadri federali e del Coni, valorizzazione professionale ed istituzionale di tutte le figure coinvolte nell’impresa sportiva e selezione accurata degli atleti, nel segno dell’innovazione tecnica e metodologica. Ecco alcuni dei tratti distintivi di quell’unicum ideologico e organizzativo messo in campo dalla politica sportiva del fascismo, risultato di una complessa sintesi di pragmatismo, spregiudicatezza, competenza e modernità. 

Di qui l’elaborazione di un modello vincente e innovativo, destinato a suscitare la curiosità, l’interesse e addirittura l’ammirazione di gran parte dei Paesi europei e degli Stati Uniti; e allo stesso tempo capace di condizionare pesantemente il successivo sviluppo dello sport italiano che, nel dopoguerra, attraverso la lente distorcente di un forte e durevole pregiudizio ideologico e culturale, sarebbe stato visto come un ingombrante retaggio del regime. 
Un pregiudizio che soltanto una rigorosa e accurata ricostruzione storica può contribuire a rimuovere.

Enrico Landoni è professore associato di Storia contemporanea presso l’Università degli Studi eCampus. Ha pubblicato diversi studi sulla storia politica ed amministrativa del capoluogo lombardo e su quella del movimento sportivo italiano, tra cui Il Comune riformista. Le Giunte di sinistra al governo di Milano 1975-1985 (2005); U.N.I.R.E. l’ippica italiana: una difficile impresa per il fascismo (2010); La ginnastica sale in cattedra. L’educazione fisica nell’ordinamento scolastico italiano dall’Unità ad oggi (2011). 


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Un saggio sul fascismo che inventò lo sport come strumento di consenso e successo. Copiato nel mondo

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