mercoledì 1 febbraio 2017

Il Piemonte dell'800 nei disegni di Clemente Rovere


Clemente Rovere:  Viaggio in Piemonte di paese in paese, Artistica Editrice

Piemonte ’800, si stava peggio quando si stava meglio 
In due volumi una scelta della “folle” impresa di Clemente Rovere, impiegato dello Stato sabaudo che voleva documentare coi suoi disegni ogni angolo del Regno 
Alessandro Barbero Busiarda 31 1 2017
Ci sono persone che si dedicano per tutta la vita a un’unica ossessione, con tale metodicità da lasciar sospettare una quieta follia. Doveva essere così il regio impiegato sabaudo Clemente Rovere, dapprima «aspirante a un posto di scrivano» e a fine carriera «segretario di seconda classe» nell’amministrazione della Real Casa, con la passione della catalogazione e del disegno. Nato a Dogliani nel 1807, dal giorno in cui approdò diciannovenne a Torino capitale fino alla morte che lo colse nel 1860, lo zelante impiegato dedicò l’intera vita a girare a piedi il Piemonte, città per città e paese per paese, documentando ogni veduta, ogni edificio, ogni piazza in migliaia di disegni a matita. 
Beninteso si dedicava a questa passione, garantì lui stesso, solo «durante gli ozi delle autunnali vacanze», giacché in quell’epoca beata vacanze e villeggiatura si facevano d’autunno, per non perdersi la stagione della caccia; nonché in «quelle ore lungo l’anno libere dall’impegno del mio ufficio», impegno che s’intuisce non gravosissimo (sebbene a chi scrive sia capitato di vedere una scartoffia ministeriale, proprio di quegli anni, datata 25 dicembre, giacché nel regno delle leggi Siccardi Stato e Chiesa erano davvero separati, e la religione un fatto privato come neanche nella Francia della République).
Nelle intenzioni dell’autore i disegni dovevano confluire in un’opera colossale, il Piemonte antico e moderno delineato e descritto da Clemente Rovere. Il progetto tradiva anch’esso una sistematicità che confina con la follia, giacché doveva trattarsi di 360 volumi, uno per ogni mandamento del regno, dei quali soltanto 17 vennero completati. Adesso, L’Artistica Editrice di Savigliano propone in due poderosi volumi di grande formato, per un totale di 806 pagine, il meglio dei disegni del Rovere, località per località, accompagnati da schede che offrono un aggiornato inquadramento storico e artistico di ciascun luogo. Il tutto per iniziativa della benemerita Deputazione Subalpina di Storia Patria, fondata da re Carlo Alberto nel 1833 proprio allo scopo di studiare e pubblicare i documenti della storia piemontese: ente di cui il Rovere, inevitabilmente, era socio e a cui lasciò in eredità il suo immenso materiale, da allora custodito nei tenebrosi sotterranei di Palazzo Carignano. Nel 1978, a spese della Reale Mutua, la Deputazione pubblicò l’integrale dei disegni, in un’edizione fuori commercio; ora il pubblico ha l’occasione di far conoscenza diretta con l’opera del regio impiegato.
Meno boschi di oggi
E davvero si tratta di uno straordinario documento storico. Perché nei disegni del Rovere, sempre datati, è possibile rivedere ogni angolo di Piemonte esattamente come si presentava a quei tempi. La tentazione del confronto con l’oggi è inevitabile, e il lettore tenderà probabilmente a sospirare davanti a un passato incanto perduto. Non asfalto, non capannoni, non pali della luce, né fili elettrici né pompe di benzina né parcheggi: soltanto natura e edifici per lo più già vetusti. Ma va precisato che il Rovere escluse deliberatamente dai suoi disegni qualunque presenza umana: con un’unica eccezione, un’affollata veduta della piazza di Alba nel 1839, chiaramente un esperimento mai più ripetuto. Sarà bene allora ricordare che anche a quell’epoca vie e piazze rappresentate dall’artista in una solitudine fiabesca erano in realtà ingombre di gente, carri e carretti, cavalli e relativo sterco, botti e banchi e trabiccoli e spazzatura e puzze d’ogni genere; nonché di un’umanità perlopiù rachitica, torva e cenciosa, come si vedrà benissimo quando, poco dopo la morte del Rovere, cominceranno a circolare fotografie e cartoline illustrate.
E c’è un altro correttivo che vale la pena di segnalare contro gli eccessi di nostalgia. Io sono andato a cercare il posto del Piemonte che fin dall’infanzia amo di più, la torre di Trana. Oggi la collina presso il ponte sul Sangone è interamente boscosa, tanto che d’estate solo la metà superiore della torre emerge dal verde. Ma nel 1833 la collina era nuda, pelata e squallida, tanto da lasciar vedere anche i ruderi del castello che ancor oggi, invisibili, circondano la base della torre. E allora uno si ricorda che nella prima metà dell’Ottocento era già cominciata quella distruzione dei boschi piemontesi che alla fine del secolo ne faceva prevedere la prossima, totale scomparsa, per l’enorme richiesta di combustibile dell’industria nascente: sicché un secolo fa la superficie boscosa della regione era enormemente inferiore a quella attuale. 
Oltre la nostalgia
Ce n’è abbastanza per capire che di fronte a queste vedute non dobbiamo necessariamente provare solo nostalgia. Accanto alle curiosità che colpiranno chiunque vada alla ricerca di scorci familiari - come, per citare un altro caso personale, il Duomo di Vercelli nel 1845, già munito dell’attuale facciata neoclassica, ma ancor privo della cupola, che sarà aggiunta solo quindici anni dopo - i disegni del Rovere sono la testimonianza visuale di un’epoca scomparsa, una sola fra le innumerevoli che si sono succedute sul territorio del Piemonte, ognuna egualmente destinata a scomparire dopo aver lasciato la sua impronta, in un ciclo troppo ricco per ridurlo all’ingannevole dualismo tra passato e presente. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

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