sabato 11 marzo 2017

Un libro di Luca Basso su Sartre

Libro Inventare il nuovo. Storia e politica in Jean-Paul Sartre Luca BassoLuca Basso: Inventare il nuovo. Storia e politica in Jean-Paul Sartre, ombre corte

Risvolto
L'affermazione di Gilles Deleuze, secondo cui "Sartre sapeva inventare il nuovo", delinea un profilo vitale del filosofo francese, in profondo disaccordo con l'immagine passatista che spesso ne è stata fornita. Il libro è incentrato soprattutto sugli scritti sartriani del dopoguerra (con particolare riferimento alla Critica della ragione dialettica), contraddistinti da un confronto intenso con il marxismo. Il filo rosso è costituito dal rapporto fra la singolarità sia del soggetto sia della congiuntura politica rispetto a uno schema onnicomprensivo, e l'universalità della Storia, sulla base di un tentativo di comprendere il senso di quest'ultima a partire dal richiamo alla praxis: si tratta però di una relazione aperta, in cui non si perviene mai a una sintesi compiuta. In tale quadro svolge una funzione cruciale l"'invenzione del nuovo" da parte del "gruppo in fusione", nella materialità della dinamica rivoluzionaria, con la sua forza dirompente ma anche con le sue zone d'ombra. L'approccio critico, dopo il 1956, nei confronti dell'Unione Sovietica, unitamente all'interesse per la situazione cubana, e al sempre maggior rilievo delle lotte anticoloniali e di una serie di nuove esperienze che troveranno nel 1968 una loro condensazione, spingono Sartre a una continua riarticolazione della riflessione politica. 
Inventare il nuovo. Storia e politica in Jean-Paul Sartre Luca Basso Micromega on line

I cantieri aperti da un maître à penser 
Raoul Kirchmayr Manifesto 11.3.2017, 20:00 
Jean-Paul Sartre ebbe una penna felice per le formule icastiche. Alcune diventarono presto degli slogan: «l’esistenza precede l’essenza», «l’uomo è una passione inutile» e «l’inferno sono gli altri» diedero forma ai travagli di una generazione intellettuale prima e durante la seconda guerra mondiale. «Il marxismo è la filosofia insuperabile del nostro tempo» racchiuse invece le tensioni della stagione dell’impegno e della lotta politica dalla fine degli anni Cinquanta e per almeno altri dieci anni. Parabola curiosa, quella di Sartre: in vita occupò la scena mondiale, segnando la storia culturale di buona parte del Novecento. 
SARTRE È MORTO quando stavano per aprirsi gli anni Ottanta. Da tempo la filosofia aveva imparato a procedere con tagli obliqui e a inoltrarsi vertiginosamente nei dedali del linguaggio. I complessi e talvolta macchinosi giri dialettici della prosa filosofica di Sartre parevano cogliere della storia e della realtà meno di quanto avevano promesso (altro, e rapido, restò invece il passo dello scrittore e del polemista). 
L’avvento delle filosofie prêt-à-porter dei nouveaux philosophes contribuì ad archiviarne la figura e il pensiero. A quelle latitudini dell’industria culturale l’engagement si tramutò in posa. Pur non lasciando eredi, è stato maestro di molti, come in seguito riconobbe giustamente Deleuze. Ha lasciato aperti molti cantieri, progetti avviati e mai conclusi, frammenti di centinaia di pagine che coprono risme di fogli manoscritti. Per archivisti e filologi non è stato un compito semplice, ma in Francia si è compiuto un lavoro meticoloso di ricostruzione e di restituzione di quel lascito intellettuale che è specchio del secolo. 
In Italia, il paese con cui Sartre ha avuto una dichiarata e a lungo corrisposta liaison, lo studio della sua opera non è paragonabile con i risultati della ricerca svolta nel contesto internazionale. Pertanto è da salutare con favore l’uscita dello studio di Luca Basso dedicato al pensiero filosofico-politico del pensatore francese, e intitolato Inventare il nuovo. Storia e politica in Jean-Paul Sartre (ombre corte, collana «culture», pp. 268, euro 23). 
Il saggio non è solo fortunato nel titolo – eco di un’affermazione simpatetica di Deleuze – ma lo è anche per il taglio ermeneutico scelto dall’autore. Basso, che ha dedicato alcuni suoi precedenti lavori al pensiero politico di Leibniz e di Marx, sceglie di seguire l’andamento del pensiero di Sartre in relazione al compito che questi si era dato: elaborare un nuovo marxismo in grado di riformarsi, mettendo alla prova le sue categorie di pensiero per rispondere alle sfide contemporanee. 
IN UN PERIODO DI RIPRESA del discorso marxista il saggio rappresenta così un’apprezzabile operazione di recupero di una memoria culturale sostanzialmente rimossa negli ultimi trent’anni. Mettendosi sulle tracce di Sartre in quella fase cruciale compresa tra la metà degli anni Cinquanta e la metà dei Settanta, e valorizzando testi finora poco studiati – come la parte del secondo tomo della Critica della ragione dialettica, dedicata allo studio dello stalinismo – Basso mostra la coerenza del progetto sartriano ma ne individua anche le incertezze, i punti di svolta più significativi assieme agli aspetti più controversi. 
La ricostruzione ha il pregio di disporsi sui due piani corrispondenti alle due parti del lavoro: l’elaborazione di un pensiero marxista rinnovato e il confronto con il contesto politico nazionale e internazionale che chiamò Sartre a mettere concretamente alla prova concetti e schemi tesi a riconoscere la possibilità d’una invenzione rivoluzionaria, e a contribuire, mediante una presa di parola sempre situata, a contrapporre le forze del socialismo all’avviata ristrutturazione neo-capitalistica. 
L’ANALISI HA COSÌ IL PREGIO di riesaminare alcune coppie oppositive centrali del pensiero storico-politico di Sartre, quali libertà ed eguaglianza, rivoluzione e burocratizzazione, serie e gruppo, riconoscendo giustamente che la nozione di «universale singolare» fornisce tanto il descrittore più importante per comprendere l’evento nel suo carattere di cesura storica quanto la sintesi finita che ci permette di pensare l’articolazione tra l’individuo, la società e la storia. Sartre non disgiunse questo risultato filosofico dall’intenzione di formulare un’etica finita e non normativa per il marxismo. Infatti, non andò alla ricerca di un supplemento d’anima per la politica, né di un arrière-plan valoriale. Piuttosto, la sua eredità ancora viva sta nell’aver provato a interrogare, dopo averla ritrovata, la profonda solidarietà tra l’esistenza storica dell’uomo, la sua irriducibile finitezza e il suo progettarsi per l’avvenire.

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