sabato 22 aprile 2017

Una polemica artificiale sullo studio della storia in una società in cui studiare non serve a nulla, tanto meno la storia





Studiare i Babilonesi per comprendere il medio oriente di oggi 
Valeria Fedeli Stampa 22 04 2017
Caro Direttore, la sua testata ha ospitato in questi giorni una riflessione sui contenuti e gli argomenti studiati dalle nostre ragazze e dai nostri ragazzi a scuola che nasce in seguito ad un incontro con le studentesse e gli studenti al quale ho partecipato di recente. 
Durante l’iniziativa cui avete fatto riferimento nei vostri articoli, a partire dal «Buongiorno» di Mattia Feltri del 20 aprile, uno studente si è fatto portavoce di una richiesta che sta evidentemente a cuore alle nuove generazioni che chiedono di essere maggiormente formate per avere, oltre ad una solida conoscenza della storia antica, strumenti di comprensione di ciò che avviene nella contemporaneità, nel tempo in cui vivono. Ho ritenuto di lodare quello studente per il suo spirito di iniziativa e per la capacità critica dimostrata. 
Sarete d’accordo con me, la scuola deve istruire e formare cittadine e cittadini avvertiti, in grado di muoversi con consapevolezza nel mondo che li circonda, capaci di leggere gli avvenimenti. La scuola deve fornire chiavi di accesso alla realtà, dare una risposta alla sete di conoscenza delle nuove generazioni, alla loro determinazione a non rimanere ai margini della società. Ragazze e ragazzi non vogliono essere spettatori passivi che vedono scorrere davanti agli occhi fatti di cui non riescono a rintracciare i contorni e le radici. Quando manifestano questa intenzione credo che siano da elogiare. Ma, diversamente da quanto da voi riportato, giustamente come opinione e non come cronaca dei fatti, non ho mai detto di voler rivedere i programmi scolastici eliminando da questi lo studio della storia degli Assiri, dei Babilonesi e dei Sumeri. Sono invece convinta che sia necessario proseguire nello studio della Storia e non interrompere i programmi scolastici alla Seconda guerra mondiale. Agire in questa direzione è giusto e doveroso. Ma non può essere interpretato come sinonimo di esclusione di altri periodi storici. E sono pure convinta che si possa dare spazio all’attualità senza toglierlo ai programmi curricolari.
Nella sua «Lettera ai giudici» Don Lorenzo Milani dichiarava: «La scuola invece siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi». Sono convinta che ciò che viene insegnato tra i banchi e nelle aule dei nostri istituti sia un sapere vivo, una conoscenza non fine a se stessa ma piuttosto base d’azione di giovani che attingono al passato per trovare le ragioni del presente e per orientare le strade del loro futuro. E sono convinta anche che la nostra qualificata classe docente riesca a trasmettere in maniera adeguata questa concezione, ovvero il fatto che la Storia, la Geografia, la Matematica e l’Italiano non sono discipline da incasellare nell’orario del diario di un’alunna o di un alunno, ma percorsi di studio e di costruzione dell’identità e della cultura di persone che devono potersi muovere nella società opportunamente formate. 
Per questo è doveroso studiare i Babilonesi per comprendere cosa accade nel Medio Oriente oggi. Per questo è importante, come ritiene Mattia Feltri, studiare Pericle per capire i fondamenti della Democrazia. E questa è una certezza inscalfibile. Tanto più che, come sosteneva Benedetto Croce: «Il bisogno pratico, che è nel fondo di ogni giudizio storico, conferisce a ogni storia il carattere di “storia contemporanea”, perché, per remoti e remotissimi che sembrino cronologicamente i fatti che vi entrano, essa è, in realtà, storia sempre riferita al bisogno e alla situazione presente, nella quale quei fatti propagano le loro vibrazioni».
L’obiettivo che ci siamo prefissati e che stiamo portando avanti è quello di istruire generazioni di cittadine e cittadini protagonisti del proprio tempo. Formati e informati. In grado di riconoscere la differenza tra questi due termini. Curiosi, determinati a conoscere a fondo. Inarrestabili in questo loro desiderio. Perché la conoscenza rende liberi. È a questo scopo che puntiamo - uno scopo che poi risponde ai dettami della legge più importante dello Stato, la nostra Costituzione - e siamo consapevoli che la conoscenza del passato è ineludibile per una approfondita comprensione del presente. Ma essere aperti e accogliere le istanze delle studentesse e degli studenti, intercettare le loro esigenze, vuol dire essere calati nel nostro tempo, guardare in faccia il futuro.
*Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca 
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