sabato 24 giugno 2017

Dal prof. Golpe Democratico a Bertinotti e i suoi compari, una generazione di perdenti che ha ipotecato il passato continua a dispensare consigli non richiesti perché vuole prendersi anche il futuro


La benedizione dell'onorevole Bertinotti - che di per sé è garanzia di prendere il 2,99% - pone la pietra tombale sulla lista che Vendola si è fatto presentare dai cinici maestrini Montanari e Falcone per riverginare D'Alema. E chiude il dibattito.
Nulla di ciò che piace a Bertinotti può infatti essere ritenuto serio da persone ragionevoli.
E comunque, lui che finge di deplorare il centrosinistra dopo tutto quello che ha fatto a tutti noi e senza mai aver pagato dazio fa capire quanto siamo furbi a sinistra.
Comunque, ricordate sempre: dove c'è puzza di Manifesto, o di SEL, là è già destra [SGA].



Fausto Bertinotti a 'Un giorno da pecora' parla della crisi della sinistra italiana e spiega perché 'Non ci sono uomini per tutte le stagioni'.

Sinistra, per accendere la luce serve un programma 

Unità. Una Costituente di sinistra consisterebbe semplicemente in questo: su cosa siamo d’accordo? Su cosa non siamo d’accordo? I disaccordi sono componibili o no? 
Alberto Asor Rosa Manifesto 23.6.2017, 23:59 
In un articolo sul manifesto di poco tempo fa (8/6/2017) avanzavo una previsione che è risultata, inconsuetamente, azzeccata e formulavo un auspicio che invece, a quanto sembra, stenta non dico a concretizzarsi, ma più semplicemente a farsi strada. 
La previsione era quella di un progressivo, sempre più rapido e sempre più insolentemente dichiarato, slittamento del Movimento 5 Stelle verso posizioni praticamente coincidenti con quelle dell’estrema destra. Le testimonianze, nel corso degli ultimi giorni, sono numerose. 
Ma preferisco fermarmi all’ultima, per il suo carattere davvero speciale. E’ la posizione assunta sulla legge dello ius soli. In politica, com’è noto, esistono, a seconda delle prospettive, posizioni giuste, sbagliate, discutibili, contraddittorie, ecc… Ma se una posizione non è né giusta né sbagliata ma semplicemente disumana, come quella sostenuta da Grillo sulla richiamata legge, significa che tra quella forza e le altre, più o meno discutibili, ma che non la pensano come lui, s’è aperto un fossato invalicabile (come ovviamente per gli stessi motivi, e ancor più, con la Lega di Salvini ecc…). 
Il brutto è che ciò era chiaro, chiarissimo fin dal giorno in cui Grillo emise il suo primo strillo incoerente su di una piazza italiana (si potrebbe manifestare qualche stupore perché tra gli attuali sostenitori di una sinistra “dura e pura” ce ne siano che se ne sono accorti con impressionante ritardo, per essere degli innovatori…). 
IO, INVECE, SULLA BASE di una forse settaria ma alla fin fine fondatissima preveggenza, mi permetto di reiterare, anzi, di raddoppiare la previsione: con posizioni di questa natura Grillo perderà più voti di quanti pensa di acquistarne. Ossia: il declino del Movimento 5 Stelle sarà lento, ma è ormai inevitabile. 
Quanto all’auspicio, mi auguravo che le sinistre, disunite, trovassero un’occasione o un luogo comune per discutere. Non sarebbe solo un problema di correttezza etico-politica, è molto, molto di più. E’ un problema di sopravvivenza. Si direbbe che, al contrario, ognuna di quelle sinistre si sforzi sempre più puntigliosamente di dimostrare e dichiarare come e perché sia diversa da tutte le altre. E’ ancora possibile invertire questa micidiale tendenza? 
Avanzerò qualche sommaria riflessione. 

UNO DEI MOTIVI del contendere, e perciò della divisione, è, a quanto sembra, la parola d’ordine del centro-sinistra. Si può cominciare a ragionarne, confrontando due apparentemente contrari ma in realtà simmetrici, e anzi convergenti, punti di vista. 

Innanzi tutto: la parola d’ordine del centro-sinistra rappresenta una prospettiva strategica per la sinistra in Italia. Infatti quando mai la sinistra può aspirare a diventare in Italia forza di governo, localmente e nazionalmente, se non in una prospettiva di centro-sinistra? Non ignoro che nella sinistra esistono componenti e posizioni le quali, del tutto legittimamente, puntano su di un altro versante della lotta politica, quello movimentista, che nasce dal basso e agisce sul basso, ecc… Ma cosa impedisce ad un centro-sinistra di governo di avere rapporti e scambi molto proficui, anzi essenziali, con quest’altra sinistra? Ma il centro-sinistra di cui stiamo parlando è quello che si batte per arrivare a gestire il paese e le sue lotte da una posizione di governo. Quindi, è a questa prospettiva che l’unità delle sinistre dovrebbe innanzitutto guardare. 
MA: UN CENTRO-SINISTRA, nella pienezza delle sue forze e potenzialità, non si può fare con Matteo Renzi. Perché Matteo Renzi è la negazione vivente del centro-sinistra: cultura, ideologia (più o meno profonda), metodi e pratiche di governo spingono in lui, strumentalmente, nella direzione opposta. La battaglia per il centro-sinistra coincide dunque perfettamente – questo dev’essere chiaro – con la battaglia contro l’egemonia nel Pd, e fuori del Pd, di questo personaggio. 
E’ ANCORA POSSIBILE questa battaglia? E cioè: è il Pd, innanzitutto, prima di qualsiasi altra componente di sinistra, recuperabile a una prospettiva di centro-sinistra (certo, con lacerazioni interne anche profonde e la liquidazione di ogni tipo di “giglio magico”)? Difficile dirlo. Ma di certo, se non ci si prova, i tempi si allungheranno, tenderanno di diventare semisecolari. 
Ma: una battaglia di questa portata e natura, che va ben al di là delle contingenze elettorali, di oggi e di domani, si può iniziare e vittoriosamente condurre senza mettere le carte in tavola? E cioè: noi chiediamo legittimamente il cambiamento, chiediamo di abbattere Renzi per renderlo possibile, solo se discutiamo, progettiamo e propagandiamo un vero e proprio programma, appunto, una serie di punti chiari e definiti intorno a cui far quadrato e, come si diceva una volta, “chiamare alla lotta”. 
Di tutto ciò per ora non c’è traccia, né da una parte né dall’altra. Una Costituente di sinistra consisterebbe semplicemente in questo: su cosa siamo d’accordo? Su cosa non siamo d’accordo? I disaccordi sono componibili oppure no? L’unità è una conseguenza di questo, non il presupposto. 
Se si passa da qui, una luce si accende. Altrimenti resteremo nell’oscurità profonda che circonda i “quattro dell’Orsa maggiore”: Renzi, Grillo, Berlusconi, Salvini. 
Mamma mia.

Sinistra con i piedi per terra, in cerca di senso e cittadinanza
Alfonso Gianni Manifesto 23.6.2017, 23:58
L’assemblea del Brancaccio ha avuto il merito essenziale di porre con i piedi per terra il tema della costruzione di una «lista di cittadinanza a sinistra». Il percorso è tutto da costruire, né poteva essere preconfezionato.
Ma alea iacta est, indietro non si deve e non si può tornare. Il percorso non sarà facile e il tempo è breve. Proprio per questo conviene da subito affrontare alcuni nodi. La contraddizione nella quale si dibatte la costruzione della lista di cittadinanza a sinistra è chiara e non va sottaciuta.
Da un lato si tratta di favorire il massimo dell’unità possibile, perché il risultato elettorale non risulti deprimente e perché la rappresentanza parlamentare che ne consegue sia dotata di forza e consistenza. Dall’altro lato bisogna garantire la sua autonomia in particolare da qualunque sogno di riedizione di un fantomatico centrosinistra, che ucciderebbe la nuova creatura prima del parto. Tenere insieme e conciliare questi due elementi non è semplice, ma neppure impossibile e soprattutto necessario.
Le ragioni non sono solo elettorali, ma più profonde. Comincerei da queste ultime. Qui non si tratta di (ri)unificare forze di sinistra già esistenti. Non che queste manchino e che non debbano in primo luogo unirsi.
Sarebbe ingeneroso oltre che autolesionista dimenticarlo o pensare di farne a meno. Ma esperienze comprovate dimostrano che la somma non fa il totale. Anche se lo facesse, rischierebbe di essere troppo poco persino per superare l’inevitabile asticella del quorum, peraltro per ora ignota come il resto della legge elettorale con cui si voterà, ma soprattutto per reggere la sfida della stagione politica che si apre. La quale appare contrassegnata dal fronteggiarsi di diversi e spesso opposti populismi: lo scontro tra destra e sinistra non sparisce affatto – come dimostrano anche le recenti esperienze di voto europee – ma avviene su quel terreno, ovvero nella crisi della politica, entro un senso diffuso di distacco dalle istituzioni e di diffidenza – eufemismo – verso l’establishment politico-istituzionale ai suoi vari livelli.
L’unico punto fermo sono i valori di fondo della Costituzione, lo abbiamo ben visto con il voto popolare il 4 dicembre, quello stesso però che non si è ripresentato nella stessa misura alle urne delle recenti amministrative facendo lievitare ancora una volta l’astensionismo.
D’altro canto la recente crisi del M5Stelle, cui il gruppo dirigente reagisce con una evidente virata destrorsa, può liberare voti a sinistra (e non solo a destra, come sembra stia ora avvenendo) solo se lì vi è una forza in grado di attrarli. Il compito che ci sta di fronte è quindi ben più complesso: costruire senso, più che cercare consenso.
Infatti va ben al di là dell’appuntamento elettorale. Lo trascende in un auspicabile, ma non predeterminato, processo costituente di un nuovo soggetto di sinistra, senza però poterlo bypassare perché la politica non prevede il salto del turno, ma al contrario che di volta in volta si spenda tutto quello che si ha in tasca.
Che senso avrebbe anteporre la scelta delle alleanze – il centrosinistra – senza avere dimostrato che una sinistra autonoma e riconoscibile per profilo politico-programmatico e qualità dell’agire, esiste? E poi centrosinistra con chi? Con un centro – il Pd – che guarda a destra (per parafrasare e capovolgere la celebre espressione di De Gasperi) come dimostrano politiche e recenti sostegni parlamentari? Propugnatore del più ambizioso quanto fallimentare progetto di stravolgimento oligarchico dell’ordine costituzionale?

Non sottovaluto affatto l’importanza delle scissioni e delle diaspore avvenute in campo Pd. Sono il frutto diretto o indiretto delle battaglia politiche e soprattutto referendarie di questi mesi. Queste ultime tanto temute da costruire la truffa del voucher reloaded. Un fatto positivo, dunque. Che andrebbe aiutato a liberarsi definitivamente dai fili vischiosi del bozzolo del passato. Non promuovendo l’abiura, ma una politica senza piombo sulle ali. Se invece si pensa a un centrosinistra senza Renzi, o ci si illude – visti gli esiti delle ultime primarie – o si finisce in bocca ai vagheggiamenti (à la Repubblica) di chi vuole semplicemente cambiare di spalla al fucile, sapendo che un Calenda sparerebbe nella stessa direzione.

La contraddizione di cui sopra può essere superata solo spostando la definizione, da subito e nei modi necessari, di programmi e candidature ai livelli della partecipazione popolare diretta. Da qui la centralità del carattere «di cittadinanza» della lista, che pratica un diverso agire nel momento stesso in cui lo proclama.
Significa costruire la sinistra a partire dalla responsabilizzazione del suo popolo diffuso, che non ha mai smesso di esistere anche se la sua espressione come forza e soggetto politico ancora non c’è.


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