sabato 9 settembre 2017

Santi Liberali: una biografia politica di Madame de Staël

Madame de Staël  La signora degli illuministi che osò sfidare Napoleone
BENEDETTA CRAVERI Rep 12 8 2017
Il 14 luglio 1817 moriva a Parigi, a cinquantuno anni, Germaine de Staël. Cadeva il ventottesimo anniversario della presa della Bastiglia, una data cruciale per chi come lei aveva dichiarato a Chateaubriand di amare, da sempre e sopra ogni altra cosa, “Dio, suo padre e la libertà”. Non erano forse state le manifestazioni di protesta contro il licenziamento di Jacques Necker a dare il via all’insurrezione parigina del luglio del 1789? E il ritorno trionfale del ministro delle Finanze nella capitale, il 29 luglio, non avrebbe rappresentato per la figlia “l’ultimo giorno prospero della sua vita?”. Con lei scompariva, come scrisse Stendhal, “la donna più straordinaria mai vista”. Si trattava, tuttavia, di un giudizio a doppio taglio:
Germaine stessa non aveva in effetti già puntualizzato, sulla base della propria esperienza, che, applicata a una donna, questa qualifica ne faceva in realtà una sorte di “paria”, un essere a parte, “oggetto di curiosità, forse di invidia e mai di pietà”? Ma straordinaria Madame de Staël lo fu davvero, per talento, creatività, cultura, intelligenza politica, generosità, coraggio. E il duecentesimo anniversario della sua morte è oggi per la Francia l’occasione per onorarla senza riserve. Mentre, intrapresa dalla compianta Simone Balayé, l’edizione scientifica delle Oeuvres complètes è in corso di pubblicazione presso Champion, Gallimard celebra la donna di lettere raccogliendo in un volume della Bibliothèque de la Pléiade, a cura di Catriona Serth e Valéry Cossy, i suoi due grandi romanzi, Délphine (1802) e Corinne ou l’Italie (1807), e il suo saggio De la littérature dans ses rapports avec les institutions (1800). A sua volta, con il titolo Madame de Staël. La passion pour la liberté, i Bouquins Laffont ripropongono, a cura di Laurent Théis e con prefazione di Michel Winock tre testi chiave della riflessione morale e politica della scrittrice.
Nata a Parigi nel 1766, Germaine Necker era cresciuta nell’adorazione del padre, il ricchissimo banchiere svizzero che, tra il 1777 e il 1789, avrebbe ricoperto per ben tre volte la funzione di ministro delle Finanze di Luigi XVI. Ammessa fin da bambina nel salotto materno, si era iniziata alla dialettica dei Lumi ascoltando rapita le conversazioni dei Diderot, dei Buffon, dei Raynal e, ancora quindicenne, aveva messo a fuoco il suo modo di sentire attraverso una lettura empatica delle opere di Jean-Jacques Rousseau. La prima grande delusione era giunta con il matrimonio. Il marito scelto per lei, il barone svedese Éric Magnus de Staël-Holstein, era, in effetti, algido e pieno di debiti, ma aveva l’atout di essere protestante come i Necker e il suo incarico di ambasciatore a Versailles poteva consentire a Germaine di continuare a vivere a Parigi. Libera dal controllo materno e in attesa di incontrare l’amore, la neobaronessa avrebbe aperto un salotto tutto per sé nel quale dar prova del suo eccezionale talento di conversatrice e prepararsi alla battaglia politica. Assieme al conte di Narbonne, primo di una lunga serie di amanti, e al fior fiore dell’aristocrazia liberale, si sarebbe battuta per la convocazione degli Stati Generali e per una monarchia costituzionale bicamerale sul modello inglese. Solo nel settembre del 1792, dopo la deposizione di Luigi XVI e l’instaurazione della dittatura giacobina, in stato di avanzata gravidanza del secondo figlio di Narbonne, Germaine si rassegnò a lasciare Parigi dopo avere rischiato la vita per salvare quella di molti amici costituzionalisti ricercati dai sanculotti. Vi fece ritorno dopo la caduta di Robespierre, in compagnia di Benjamin Constant, l’unico dei suoi amanti in grado di tenere testa alla sua intelligenza. Entrambi applaudirono in Bonaparte l’uomo capace di mettere fine alla rivoluzione preservandone le conquiste, ma non tardarono a prenderne le distanze per la sua deriva autoritaria. A sua volta, Napoleone ravvisò presto in Madame de Staël una nemica e nel suo salotto un centro di opinione pericoloso. Cercò dunque di metterla a tacere, esiliandola nella sua residenza svizzera di Coppet, isolandola dai suoi amici e mettendola alla gogna con una campagna denigratoria. Ma i suoi sforzi risultarono vani e presto Germaine diventò l’emblema vivente della resistenza alla tirannide. Visitò la Germania e l’Italia, accolta ovunque con curiosità ed ammirazione, per poi raccontare le sue osservazioni di viaggio e la sua ansia di libertà in un romanzo di grande successo come Corinne – dove invitava gli italiani a combattere per l’indi-
pendenza nazionale – o in un’opera come De l’Allemagne – di cui Napoleone bloccò la pubblicazione – dove si lasciava intendere che presto sarebbe stata la Germania e non più la Francia a orientare le scelte della cultura europea. Infine condannata agli arresti domiciliari, il 23 aprile 1812, la scrittrice riuscì ad eludere la sorveglianza e darsi alla fuga. Era l’inizio di un viaggio di tredici mesi attraverso l’Austria, la Russia, la Svezia, che le avrebbe consentito di raggiungere la libera Inghilterra e di cui doveva rendere conto nei Dix années d’exil. Arrivata a Londra il 18 giugno 1813, vi soggiornò fino alla caduta di Napoleone. Accolta trionfalmente a Parigi, si rassegnò al ritorno dei Borbone, appuntando le sue speranze sulla costituzione promulgata da Luigi XVIII. La morte le risparmiò il seguito.
In nessun momento di questa vita drammaticamente all’unisono con i cambiamenti della storia, Madame de Staël rinunciò a scrivere. Scriveva spinta dall’urgenza di fare i conti con se stessa, con le sue esigenze affettive, con le sue convinzioni morali e politiche, anche se, sotto il peso dell’interdetto paterno, si astenne dal pubblicare molti dei suoi testi di carattere filosofico e istituzionale. Quella che ci ha lasciato è un’opera vastissima, dove la diversità dei temi trattati va di pari passo con l’originalità di una scrittrice “di testa e di cuore” che, come scrive Michel Winock, ragiona in accordo alla filosofia dei Lumi e apre con la sua sensibilità ardente le porte al Romanticismo. Ricordiamoci che è lei, come ha scritto Benedetto Croce, ad avere inaugurato con il De la littérature la critica sociologica della letteratura; e che è la sua riflessione sul liberalismo ad avere aperto la strada a quella di Benjamin Constant. A dare un’unità profonda a questo work in progress non è la volontà di affermazione di un ego incontenibile. In linea con l’impostazione psicanalitica di Jean Starobinski, Stephane Genand ( La chambre noire, Droz) ricostruisce la biografia intellettuale della grande scrittrice sotto il segno del “negativo”, a partire dal suo angoscioso confronto tra l’ideale e il reale e dalla necessità di “colmare un vuoto”, “di ristabilire la catena delle idee e degli eventi” che la rivoluzione aveva interrotto brutalmente. Un libro destinato a far discutere e che conferma quanto il pensiero di Madame de Staël non abbia perso niente della sua attualità.
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